Una tassa “sulla spazzatura” non può che essere – ma è il destino di tutti i tributi – invisa alla platea dei contribuenti. Se poi si considera che la sua base di calcolo esula dal tipo di servizio fruito, il malcontento di chi è chiamato a corrisponderla cresce.
Ne è consapevole il legislatore, che più volte, e non sempre con chiarezza, è intervenuto sulla disciplina della TARSU (tassa per la rimozione dei rifiuti solidi urbani).
La tormentata produzione normativa sui rifiuti, stretta tra l’obbligo di attuazione delle direttive comunitarie e la persistente situazione d’emergenza del settore, è descritta dall’Autore con ampio ricorso alla prassi ministeriale e alla giurisprudenza: in particolare alle pronunce della Corte di Cassazione, accresciutesi negli ultimi anni e riguardanti anche temi, in precedenza, inediti, come la tassazione delle zone portuali e l’irrogazione delle sanzioni nel caso di violazioni pluriennali.
Ampio rilievo è, inoltre, dedicato a un argomento motivo di ulteriore “insofferenza”: l’applicazione dell’IVA alla TARSU, di per sé incompatibile con un’entrata tributaria.
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