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La cucina italiana è stata dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’umanità

La cucina italiana è stata dichiarata patrimonio culturale immateriale dell’umanità

Il 10 dicembre 2025 la cucina italiana è stata dichiarata dall’UNESCO parte del «patrimonio culturale immateriale dell’umanità». Che cosa significa con esattezza quest’espressione, sotto il profilo giuridico-internazionale? Ne parliamo insieme in questo articolo.

Chi è la United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization (UNESCO)?

A partire dal secondo dopoguerra, gli Stati della Comunità internazionale hanno percepito la necessità di tutelare il patrimonio culturale universale, nel tentativo di preservarlo da guerre future. Tale volontà di cooperazione ha trovato la sua naturale espressione nella fondazione dell’UNESCO (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) il 16 novembre 1945. Soltanto pochi giorni prima, il 24 ottobre 1945, era ufficialmente nata l’Organizzazione delle Nazioni Unite, della quale l’UNESCO costituisce un’agenzia specializzata; essa è, infatti, dotata di una propria soggettività internazionale ma coordina il proprio agire nel più ampio “sistema-ONU”.

L’Italia, in particolare, ha aderito all’UNESCO nel 1948, lo stesso anno in cui ha scelto di diventare Stato membro dell’ONU.

Come si evince dal Preambolo alla “Costituzione” dell’UNESCO (consultabile qui), lo scopo principale dell’agenzia è promuovere la pace e la cooperazione internazionale, attraverso la tutela e la valorizzazione del patrimonio culturale e naturale.

Quanto alla sua struttura interna, il trattato istitutivo dell’UNESCO (1945) ha previsto tre organi:

  • la Conferenza generale ( 4) è composta dai rappresentanti degli Stati membri e degli Stati associati. Essa si riunisce ogni due anni e ha il compito di determinare le politiche e i programmi di intervento dell’Organizzazione. Alle riunioni della Conferenza generale possono partecipare, in qualità di osservatori, anche Stati non membri (tra cui ricordiamo la Palestina), organizzazioni governative e ONG. A tale organo spetta, inoltre, il compito di eleggere i membri del Consiglio di amministrazione e il Direttore generale;
  • il Consiglio di amministrazione ( 5) supervisiona la gestione complessiva dell’UNESCO, assicurandosi che le decisioni assunte dalla Conferenza generale siano eseguite in modo appropriato;
  • il Segretariato (6) è l’organo di rappresentanza esterna dell’Organizzazione. Al suo vertice vi è il Direttore generale, affiancato da uno staff che è dislocato in tutto il globo.

Agli organi sopracitati vanno poi aggiunti gli Organismi nazionali di cooperazione (art. 7), aventi funzioni consultive, che gli Stati membri dell’Organizzazione ospitano all’interno del proprio territorio; a essi ci si riferisce anche con il nome di Commissioni Nazionali per l’UNESCO. Quest’ultima è, infatti, l’unica agenzia all’interno delle Nazioni Unite che può contare su una rete globale di enti i quali assicurano le relazioni tra l’Organizzazione, da un lato, e gli enti governativi, i partner, gli esperti e gli Stati membri dall’altro.

I principali accordi internazionali in materia di tutela del patrimonio culturale

L’istituzione dell’UNESCO è stata il primo passo verso l’adozione di un corpus giuridico di norme inerenti alla protezione dei beni del patrimonio culturale, non soltanto nei periodi di guerra ma anche in tempo di pace. Tra i principali accordi raggiunti tra gli Stati membri dell’Organizzazione, rientrano le 4 Convenzioni per la:

  • protezione dei beni culturali in caso di conflitto armato (1954);
  • protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale (1972);
  • salvaguardia del patrimonio culturale immateriale (2003);
  • protezione e promozione della diversità culturale (2005).

In questo articolo appare opportuno soffermarci, in modo particolare, sulla Convenzione del 2003 riguardante la protezione del patrimonio culturale intangibile e immateriale (le cui norme sono riportate qui).

È bene chiarire, in primis, che essa costituisce un accordo-quadro il cui obiettivo è, cioè, fornire agli Stati membri norme generiche e applicabili a livello globale, che dettano le linee direttrici nel settore della tutale del patrimonio culturale intangibile.

L’art. 1 della Convenzione riguardante la protezione del patrimonio culturale intangibile e immateriale definisce il patrimonio culturale immateriale come:

«le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana».

Il successivo art. 2 specifica, invece, alcuni tra i settori nei quali solitamente si manifesta il patrimonio culturale immateriale:

  • tradizioni ed espressioni orali, ivi compreso il linguaggio, in quanto veicolo del patrimonio culturale immateriale;
  • le arti dello spettacolo;
  • le consuetudini sociali, gli eventi rituali e festivi;
  • le cognizioni e le prassi relative alla natura e all’universo;
  • l’artigianato tradizionale.

Il riconoscimento di un bene come patrimonio culturale immateriale dell’umanità

La Convenzione in esame prevede che, a livello nazionale, ciascuno Stato membro rediga un inventario del proprio patrimonio culturale immateriale, da aggiornare costantemente. Tale previsione normativa rappresenta un’applicazione del più generico metodo della lista, in primis adoperato nell’ambito dei conflitti armati: sono, cioè, gli Stati a stabilire quali elementi rientrano nel campo di applicazione della suddetta Convenzione, attraverso la loro esplicitazione in un apposito documento scritto.

Come fa tuttavia un bene, iscritto in una lista nazionale, a essere riconosciuto come rappresentativo del patrimonio culturale immateriale dell’umanità? A questo particolare tema è dedicata la Sezione 4 della Convenzione del 2003.

L’art. 16 prevede che sia un apposito Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, su proposta degli Stati membri, a istituire:

  • la Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità, da aggiornarsi continuamente, il cui obiettivo è dimostrare la diversità del patrimonio intangibile e aumentare la consapevolezza della sua importanza;
  • la Lista del Patrimonio Culturale Immateriale che necessita di urgente tutela, allo scopo di fornire assistenza internazionale e adottare adeguate misure di salvaguardia.

Per entrare a far parte di una delle Liste appena menzionate, le singole espressioni del patrimonio culturale immateriale degli Stati membri devono possedere le seguenti caratteristiche:

  • essere trasmesse di generazione in generazione;
  • essere costantemente ricreate dalle comunità e dai gruppi, in stretta correlazione con l’ambiente circostante e con la sua storia;
  • permettere alle comunità, ai gruppi nonché alle singole persone di elaborare dinamicamente il senso di appartenenza sociale e culturale;
  • promuovere il rispetto per le diversità culturali e per la creatività umana;
  • diffondere l’osservanza del rispetto dei diritti umani e della sostenibilità dello sviluppo di ciascun Paese.

La cucina italiana, tra sostenibilità e diversità bioculturale

Durante la ventesima sessione del Comitato intergovernativo per la salvaguardia del patrimonio culturale immateriale, che si è tenuta a Nuova Delhi (in India) dallo scorso lunedì 8 dicembre fino a sabato 13 dicembre, i membri del Comitato hanno, con voto unanime, incluso la cucina italiana nella Lista rappresentativa del patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Si tratta del secondo caso, dopo quello della cucina messicana nel 2010.

Occorre, tuttavia, fare una precisazione, anche alla luce della definizione di “patrimonio culturale immateriale” fornita sopra: il riconoscimento non riguarda tanto i singoli piatti della cucina italiana, bensì la «commistione di tradizioni sociali e culturali […] combinate con l’utilizzo di materie prime e tecniche artigianali di preparazione dei piatti». Basti pensare, d’altronde, che nel 2017 l’UNESCO inserì nel patrimonio immateriale dell’umanità anche “l’arte” del pizzaiolo napoletano.

La motivazione fornita dal Comitato (in questo link riportiamo il verbale della seduta) parla infatti di «una pratica della comunità che enfatizza una conoscenza profonda del cibo, il rispetto per gli ingredienti, e i momenti di condivisione intorno alla tavola. La pratica affonda le sue radici in ricette anti-spreco e la trasmissione di sapori, abilità e ricordi attraverso le generazioni».

Con il suddetto riconoscimento, salgono a 20 gli “elementiitaliani iscritti nella Lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale.

Se non li ricordi tutti quanti, qui di seguito li elenchiamo:

  • opera dei Pupi siciliani (2008);
  • canto a tenore sardo (2008);
  • dieta mediterranea (2010);
  • saperi e saper fare liutario della tradizione cremonese (2012)
  • feste delle Grandi Macchine a Spalla (la Festa dei Gigli di Nola, la Varia di Palmi, la Faradda dei Candelieri di Sassari, il Trasporto della Macchina di Santa Rosa a Viterbo) (2013);
  • vite ad alberello di Pantelleria (2014);
  • falconeria (2016);
  • l’arte del “pizzaiuolo” napoletano (2017);
  • l’arte della costruzione in pietra a secco (2018);
  • perdonanza celestiniana (2019);
  • alpinismo (2019);
  • transumanza (2019);
  • l’arte delle perle di vetro (2020);
  • l’arte musicale dei suonatori di corno da caccia (2020);
  • cerca e cavatura del tartufo in Italia (2021);
  • la tradizione dell’allevamento dei Cavalli Lipizzani (2022);
  • irrigazione tradizionale (2023);
  • la pratica del canto lirico in Italia (2023);
  • l’arte campanaria tradizionale (2024);
  • la cucina italiana, tra sostenibilità e diversità bioculturale (2025).

Se vuoi approfondire al meglio la tematica della tutela dei beni culturali, non soltanto in ambito internazionale ma anche nel contesto italiano ed europeo, allora Ti consigliamo di leggere anche il nostro Compendio di Diritto del Patrimonio culturale