Con l’attuale crisi mondiale che coinvolge anche i Paesi e le economie notoriamente più avanzate, licenziare un volume sulla cooperazione internazionale allo sviluppo appare quanto mai imbarazzante.
Tutte le azioni compiute singolarmente dai Paesi ricchi, o intraprese sotto l’egida delle Nazioni Unite e nel quadro delle altre Organizzazioni internazionali, sembrano aver offerto negli ultimi sessant’anni risultati solo deludenti, come dimostra la situazione economico-sociale tuttora precaria dei Paesi eternamente e ottimisticamente detti “in via di sviluppo”.
Ancora oggi intere popolazioni vivono al di sotto degli standard minimi di sopravvivenza, a dispetto delle solenni “Dichiarazioni” dei Presidenti USA Wilson e Roosevelt alla fine dei due conflitti mondiali che prendevano atto della fondamentale importanza della dignità umana e, dunque, della libertà dal bisogno.
Stanti queste premesse, che senso ha, dunque, scrivere in termini positivi di “cooperazione internazionale” e di “sviluppo”?
Questo volume fa il punto dei risultati conseguiti dalle politiche di cooperazione e sviluppo (e delle teorie ad essi sottese) che Stati e Organizzazioni internazionali (governative e non) hanno intrapreso per liberare i Paesi del Sud del mondo dalle necessità primarie e per allontanare gli esseri umani dagli spettri della fame, delle malattie e dell’ignoranza.
L’istinto hobbesiano di sopraffazione (sintetizzato dalla celebre espressione homo homini lupus), come si vedrà, non è stato mai debellato, ma si è perpetrato nei secoli fino ad assumere le recenti forme del neocolonialismo e dello sfruttamento indiscriminato di risorse.
L’istinto hobbesiano di sopraffazione (sintetizzato dalla celebre espressione homo homini lupus), come si vedrà, non è stato mai debellato, ma si è perpetrato nei secoli fino ad assumere le recenti forme del neocolonialismo e dello sfruttamento indiscriminato di risorse.
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