La tecnologia informatica ha raggiunto un grado di sviluppo e diffusione imponenti, in particolare modo nei Paesi economicamente più sviluppati e in genere definiti come “Nord del mondo”. Ci riferiamo non solo all’impressionante varietà e numero di computer e dispositivi esistenti, ma anche alla crescente riduzione del ciclo di vita tecnico e commerciale, all’aumento della velocità di obsolescenza dei prodotti, reale o percepita che sia, e della conseguente maggiore frequenza con cui computer, smartphone e tablet vengono sostituiti.
I negozi di informatica tradizionali, le botteghe di quartiere o di paese nate negli anni ‘90 con la diffusione dell’informatica domestica, sono state spazzate via dalle catene di elettronica e dai prezzi aggressivi praticati nei supermercati, dove il computer viene proposto con la stessa logica con cui si vendono pasta e pelati. Tutto bene se questo processo lo si vede dal punto di vista della diffusione dei Pc nelle famiglie italiane.
I problemi iniziano però quando il computer comincia a fare le bizze o si rompe fuori garanzia. Dove lo si è comprato sconsigliano la riparazione, in quanto costosa, suggerendo l’acquisto di un nuovo modello, spesso a condizioni vantaggiose.
Così il vecchio Pc finisce in soffitta.
Ci siamo affezionati allo “scassone” e non ci va di abbandonarlo all’ecocentro o all’isola ecologica, ma finiremo per buttarlo perché nel mentre anche il nuovo Pc ha cominciato a farle bizze e quindi ne abbiamo acquistato un altro e così via.
La maggioranza degli utenti domestici usa il proprio computer principalmente per attività di scrittura, navigazione internet e posta elettronica, attività per svolgere le quali non sono necessarie grandi capacità di calcolo.
Al tempo stesso la sempre crescente “pesantezza” dei sistemi operativi e delle applicazioni richiede a sua volta hardware più performante; insomma hardware e software si rincorrono in un circolo vizioso che spinge all’acquisto di nuove macchine, anche laddove non ve ne sia effettiva necessità, al solo scopo di poter continuare a eseguire gli stessi compiti.
Si dice, molto spesso non a torto, che nel 1969 la potenza di calcolo di un Commodore 64 ha portato l’uomo sulla Luna. Al giorno d’oggi un computer migliaia di volte più potente non basta a scrivere una lettera. La maggiore diffusione dei Pc ha comportato un abbassamento generalizzato dei prezzi e oggi possiamo sostituire il nostro vecchio “scassone” con poche centinaia di euro. Lo smaltimento dell’hardware dismesso è però un attività che comporta pesantissimi costi economici e ambientali, non sempre viene effettuata nel rispetto delle normative esistenti e assume aspetti devastanti da un punto di vista umanitario, soprattutto nei Paesi meno sviluppati, causando gravi problemi alle persone che lavorano o vivono nei pressi delle discariche di rifiuti elettronici.
Una ricerca di StEP Initiative, un’organizzazione composta da strutture governative e non, con il compito di analizzare il problema dei rifiuti elettronici a livello mondiale, rileva che nel 2012 sono state prodotte nel mondo 54 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici (e-waste); la stima per il 2017 è di 72 milioni di tonnellate (+33%).
Secondo il direttore delle ricerche dell’istituto di analisi Gartner, Ranjit Atwal, nel 2015 quasi 60 milioni di Pc saranno sostituiti nei mercati maturi per l’upgrade da Windows Xp, dopo che l’8 aprile 2014 Microsoft ha terminato di distribuire gli aggiornamenti del suo più fortunato sistema operativo.
Il computer è lento, non ce la fa più, internet è un tormento con mille finestre che si aprono da sole, possiamo ancora fidarci a operare sul conto corrente o ci rubano tutto? Quante volte capita di sentirsi scoraggiati di fronte a una macchina di cui stiamo perdendo il controllo e alla fine, sconfitti, si capitola, invogliati anche dal volantino colorato e dalle sue imbattibili offerte, acquistando un nuovo Pc super potente per fare le cose di sempre.
In realtà il fai da te informatico non è difficile, non è una materia solo per provetti hackers chiusi in cantina a smanettare.
Anche se sono sistemi estremamente complessi, nei computer di solito i malfunzionamenti derivano dalla rottura di alcuni elementi come l’alimentatore, l’hard disk o la scheda video, problemi risolvibili facilmente in poche decine di minuti e al costo di poche decine di euro. I guasti software dovuti a virus, spyware, malaware o a problemi di sicurezza possono essere superati passando a Linux e all’utilizzo di Software Libero, che oltre a essere gratuiti sono immuni ai virus che affliggono i sistemi Microsoft.
Linux e il Software Libero hanno uno spazio importante in questo manuale per almeno due buoni motivi. Il primo è legato alla gratuità, possiamo utilizzare software recente senza spendere un euro in licenze e senza utilizzare software piratato di dubbia provenienza. Il secondo è dovuto alla filosofia del Software Libero legata alla condivisione del sapere.
Chi mette il proprio ingegno a disposizione della comunità concorre alla crescita culturale collettiva nella stessa misura di chi fa uso del prodotto finale. Imparare a usare Linux e il Software Libero serve a promuovere un’idea diversa di informatica, più responsabile dal punto di vista culturale, ambientale e sociale. In questo scenario, la riparazione e il riutilizzo di computer ingiustamente considerati obsoleti, con gli obiettivi e le modalità operative che saranno esposte in questo manuale, possono contribuire allo sviluppo di una tecnologia informatica più rispondente alle reali necessità dell’ambiente e della società. Non basta infatti l’analisi e la denuncia di un “modello di sviluppo” distorto; per avviare un cambiamento concreto è necessario perseguire un insieme di “buone pratiche”. Il presente lavoro si concentra sul “come-fare”, con l’obiettivo di ispirare nei lettori proficue e durature prassi informatiche di autoriparazione volte alla riduzione dei rifiuti elettronici e allo stimolo di iniziative di recupero creativo di hardware dismesso.
Questo libro è dedicato a chi ha voglia di sporcarsi le mani con il fai da te informatico.
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