Con il decreto legislativo n. 159 del 6 settembre 2011 è stato emanato il Codice Antimafia, un lavoro davvero ragguardevole ed ambizioso che, in primo luogo, ha riassunto ed innovato decenni di legislazione in materia di misure di prevenzione. Con il codice si è altresì voluto disciplinare e riordinare materie delicate e complesse come l’amministrazione e la gestione dei beni sequestrati e confiscati.
Recentemente, con l’avvento del nuovo Governo, è intervenuto il cd. Decreto Sicurezza (d.l. 4 ottobre 2018, n. 113 conv. in l. 1 dicembre 2018, n. 132) con il quale il legislatore ha nuovamente “ritoccato” lo scenario, in particolare ha rivisto le norme in materia di Agenzia dei beni sequestrati e confiscati apportando talune specificazioni e novità sul piano organizzativo e funzionale.
Dalla lettura attenta della vigente disciplina del Codice Antimafia, emerge con forza la convinzione che sia stato generato un nuovo modello processuale che si pone in parallelo e, sotto certi aspetti, persino in antitesi e/o in concorrenza con il processo penale ordinario.
In effetti, oggi si deve dare atto della esistenza, e del significativo rafforzamento, del dogma del “doppio binario processuale” che, da un lato, è visto come un rimedio necessario quanto indispensabile per prevenire e reprimere fenomeni sociali gravi e pericolosi come la criminalità organizzata, il terrorismo internazionale ed altre tipologie di reati oggi considerate alla stessa stregua (e, in quanto tali, trattate come una emergenza ormai cronica), legate ai fenomeni corruttivi caratteristici nella pubblica amministrazione ed in alcuni settori dell’imprenditoria legata al pubblico.
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