Negli ultimi anni numerose novità hanno investito il microcosmo del danno biologico e, più in generale, del danno non patrimoniale. Si tratta di una materia in continuo movimento, più di altre soggetta ai cambiamenti d’umore del legislatore e della giurisprudenza.
L’ultima novità, in ordine cronologico, è il «decreto Balduzzi» (D.L. 158/2012 conv. dalla L. 189/2012) sul danno biologico causato dall’attività medico-chirurgica, che ha subito prodotto due orientamenti opposti nella giurisprudenza di merito, uno (quello che riporta la responsabilità medica nell’ambito extracontrattuale) chiaramente sbagliato e l’altro (che mantiene la responsabilità medica nell’alveo contrattuale) senz’altro più corretto.
Era inevitabile dare conto del lungo excursus giurisprudenziale che ha caratterizzato la materia, a partire dall’estate del 1986, quando la Corte costituzionale, con la sentenza n. 184, limitò l’art. 2059 c.c. ai soli danni morali ed estese l’art. 2043 c.c. al danno biologico.
Da quel momento il danno biologico ha attirato su di sé le attenzioni, a tratti morbose, della dottrina, che si è trovata alle prese con un concetto non giuridico, desunto dalla medicina legale.
Si è affermato così che il danno biologico avrebbe natura patrimoniale; qualcuno ha parlato di «finzione» di patrimonialità; altri hanno sostenuto che si tratta di una attispecie neutra, distinta sia dal danno patrimoniale sia dal danno non patrimoniale.
A partire dagli anni ’90 la giurisprudenza ha cominciato a sostenere la tesi della natura non patrimoniale del danno biologico, che riguarda il diritto alla salute, a differenza del danno patrimoniale che attiene, invece, alla capacità di produrre reddito.
Peraltro, di danno biologico si dovrebbe parlare al plurale: il danno biologico può essere temporaneo o permanente, parziale o totale, statico o dinamico, terminale o non terminale.
La figura del danno biologico è stata anatomizzata, da dottrina e giurisprudenza, in quei settori nei quali compare più frequentemente, ovvero la circolazione stradale e l’attività medica. Quest’ultima, in particolare, è stata investita come detto dal D.L. 158/2012, conv., con modif., dalla L. 189/2012, che delinea, nell’art. 3, un’area di non punibilità a favore di tutti gli operatori sanitari che commettano un reato lievemente colposo nel rispetto delle linee-guida e delle buone prassi. Tale disposizione è già stata inviata alla Corte costituzionale dal tribunale di Milano.
Capitoli ad hoc sono dedicati alla consulenza medico-legale (che costituisce l’aspetto più importante di ogni processo sul danno biologico, perché «dà un prezzo» alle lesioni subite), al danno da vita malformata (poiché nel 2012 la Cassazione, per la prima volta, ha riconosciuto, al soggetto che al momento della nascita presenti gravi patologie destinate a menomarlo per l’intera esistenza, la legittimazione a far valere il danno ricollegabile all’omessa diagnosi prenatale), al danno esistenziale (figura ormai ridotta in schiavitù dal danno biologico, di cui rappresenta l’aspetto dinamico-relazionale), al danno biologico causato da sinistri stradali (che presenta aspetti di particolare interesse sul piano teorico) e ai criteri di liquidazione del danno biologico.
A questo proposito si dà conto della vicenda paradossale che vede contrapposti i tribunali di Roma e di Milano sul fronte dei parametri per la liquidazione del danno non patrimoniale: i due tribunali più grandi d’Italia, anziché scambiarsi le rispettive esperienze ed elaborare una tabella comune, utilizzano tabelle diverse, sconfessando nei fatti quell’uniformità di trattamento che sostengono a parole.
Un ringraziamento particolare alla dott.ssa Carla Buffolano, che ha effettuato un’accurata revisione del testo.
L31
“
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.