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Riforma Cartabia: no alla conciliazione se ci si separa dal partner violento

Riforma Cartabia

La Riforma Cartabia del processo civile (d.lgs. 149/2022), prevede un rito unico per le separazioni, i divorzi, l’affidamento dei figli delle coppie di fatto e i procedimenti sulla responsabilità genitoriale.

Riforma Cartabia: conciliazione e mediazione

Alla prima udienza di una causa di separazione giudiziale fra coniugi, il giudice procede ad effettuare il tentativo di conciliazione.

La Riforma del processo civile, in considerazione della natura della causa che interessa l’ambito familiare, dedica ampio spazio e favorisce la conciliazione e la mediazione, la prima intesa come tentativo del giudice di ricomporre la crisi e ripristinare l’unità familiare, laddove possibile; la seconda intesa come un percorso volto a superare la conflittualità esasperata nel difficile passaggio tra la relazione affettiva e lo scioglimento della stessa relazione.

Altrettanto ampio è lo spazio che la Riforma dedica al fenomeno della violenza domestica o di genere posta in essere da una parte nei confronti dell’altra, ovvero nei confronti dei figli minori.

L’ampia nozione richiamata dalla nuova disciplina, con la piena operatività del rito unitario dal 1° marzo 2023, permetterà una diffusa applicazione delle norme contro tutte le forme di violenza, fisica, economica, psicologica, anche a prescindere dalla necessità di ricondurre le condotte allegate a specifiche ipotesi di reato.

La Riforma del processo civile si inserisce nell’ambito degli interventi statali contro violenza di genere.

Essa si identifica con tutte quelle forme di violenza (psicologica, fisica, sessuale), commessa con la più svariate modalità (stalking, stupro, omicidio) rivolte contro la persona in base alla sua identità sessuale. Tali forme di violenza colpiscono frequentemente le donne.

La Riforma disciplina il procedimento in presenza di allegazioni di violenza o di abuso con norme speciali che prevedono, tra l’altro, la possibilità per il giudice di disporre l’abbreviazione di tutti i termini fino alla metà e di disporre mezzi di prova anche al di fuori dei limiti di ammissibilità previsti dal codice di procedura civile, al fine di garantire una rapida trattazione ed una immediata risposta di giustizia.

In questo ambito la Riforma dispone che, qualora due coniugi si separino e nel procedimento si alleghino fatti di violenza o di abuso, il giudice debba astenersi dal procedere al tentativo di conciliazione e dall’invito a rivolgersi ad un mediatore familiare. L’eventuale percorso di mediazione familiare intrapreso viene immediatamente interrotto.

Il perché della scelta

La scelta sottesa a questo netto divieto nasce dalla necessità di tutelate la sfera personale, la dignità, la personalità e la sicurezza della vittima e di scongiurare il rischio di vittimizzazione  secondaria che si realizza quando una parte vittima di violenza o di abuso sia indotta, per invito del giudice o per sollecitazione normativa, a sedersi al tavolo di mediazione o di conciliazione con l’autore della violenza, con il rischio che la dinamica di sopraffazione violenta si riproduca anche in questo contesto.

Tuttavia, se il giudice, nel corso del procedimento, ravvisi l’insussistenza dei fatti di violenza, anche all’esito degli accertamenti preliminari cui è tenuto già dalle prime fasi del procedimento, potrà invitare alla mediazione o tentare la conciliazione.

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