È iniziato il 3 novembre l’iter per l’approvazione della riforma costituzionale del premierato. Ma perché in Italia si parla di premierato da più di 20 anni? In questo articolo cerchiamo di spiegare bene cos’è, cosa prevede il testo di modifica della Costituzione presentato dal Consiglio dei Ministri e come si approva una riforma costituzionale.
Cos’è il premierato?
Anche se non esiste una definizione di premierato possiamo dire che si tratta di un Governo del Premier (cioè del Presidente del Consiglio). La preminenza della figura del Presidente del Consiglio deriva dal fatto che viene scelto direttamente dagli elettori. L’investitura popolare rende la figura del Premier molto più forte e, di conseguenza, altera gli equilibri che attualmente sono garantiti dalla Costituzione.
Ma in Italia non eleggiamo già il Presidente del Consiglio?
Gli italiani non eleggono il Presidente del Consiglio. Durante le elezioni politiche gli italiani votano per eleggere i membri del Parlamento e solo dopo il Presidente della Repubblica inizia le consultazioni per stabilire chi dovrà nominare per l’incarico di Presidente del Consiglio.
Il Capo dello Stato deve scegliere una persona in grado di ottenere la fiducia dal Parlamento. Una prassi consolidata vuole che il Presidente della Repubblica scelga il leader della coalizione che ha ottenuto la maggioranza (se una coalizione l’ha ottenuta).
Eppure, spesso, gli elettori pensano di scegliere il Presidente del Consiglio. Vediamo perché.
Nel 2001 per la prima volta nei simboli dei partiti politici sono stati inseriti i nomi dei leader (all’epoca Silvio Berlusconi e Francesco Rutelli).
L’apposizione del nome nei simboli ha rappresentato una fase del processo di personalizzazione della politica: da allora gli italiani hanno quasi sempre trovato i nomi dei leader sulle schede elettorali e uno di quegli stessi leader è poi stato chiamato a ricoprire il ruolo di Presidente del Consiglio.
Questa prassi ha fatto nascere e sedimentare l’idea che alle elezioni politiche si votasse per eleggere il Presidente del Consiglio, prima che il Parlamento.
Cerchiamo ora di capire cosa prevede la riforma presentata dal Governo e cosa cambierebbe con la sua approvazione.
La riforma proposta dal Governo
La Costituzione italiana, frutto del compromesso tra forze politiche contrapposte, è sempre stata definita come una delle più belle del mondo, eppure chi è attento alla storia della Repubblica sa che quasi tutti i Governi che si sono susseguiti alla guida del Paese hanno approvato (o hanno provato ad approvare) una riforma costituzionale più o meno incisiva.
L’attuale Governo non è da meno e ha presentato la sua riforma, con l’obiettivo di realizzare il premierato anche in Italia.
Spieghiamo allora punto per punto la riforma:
- L’elezione diretta del Presidente del Consiglio: art. 92 Cost.
Il cuore della riforma è la modifica dell’art. 92 Cost., integralmente riscritto. In base alla versione proposta dall’attuale maggioranza, il Governo della Repubblica è composto del Presidente del Consiglio e dei ministri che insieme formano il Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio è eletto a suffragio universale e diretto e dura in carica 5 anni. Con il Presidente sono elette anche le Camere. Il Presidente del Consiglio è eletto nella Camera per la quale si è candidato e deve essere necessariamente un parlamentare.
Il sistema elettorale sarà stabilito con una nuova legge. La riforma ne fissa i punti fondamentali: per garantire la rappresentatività e governabilità, la legge elettorale dovrà assegnare un premio che garantisce il 55% dei seggi in ciascuna Camera.
Per effetto di tali modifiche, il ruolo del Presidente della Repubblica si depotenzia: egli conferisce l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio eletto e nomina, su proposta di quest’ultimo, i ministri.
- La fiducia del Parlamento: art. 94 Cost.
Il secondo punto fondamentale della riforma riguarda il rispetto delle scelte degli elettori e la continuità del mandato popolare, perseguita attraverso una serie di modifiche.
Il Governo deve ottenere la fiducia delle Camere: se ciò non avviene, il Capo dello Stato rinnova l’incarico e, in caso di secondo esito negativo, deve sciogliere le Camere.
Ulteriore ipotesi riguarda la cessazione della carica del Presidente eletto. Anche in questo caso, i poteri del Presidente della Repubblica sono limitati: egli può conferire l’incarico di formare il Governo al Presidente dimissionario o a un altro parlamentare della maggioranza parlamentare. Se il Governo continua a non avere la fiducia – e in tutti gli altri casi di cessazione dalla carica del Presidente subentrante – il Capo dello stato scioglie le camere. Questa modifica è già stata nominata norma anti-ribaltoni.
La previsione relativa alla sostituzione del Presidente con un altro parlamentare espressione della stessa maggioranza è finalizzata a garantire la continuità dell’opera del Governo e a impedire la formazione di governi cd. del Presidente o tecnici, ideati per garantire la prosecuzione della legislatura.
La norma anti-ribaltoni è una delle novità più rilevanti della riforma: essa lega indissolubilmente la figura del Presidente del Consiglio a quella della maggioranza parlamentare emersa dalle urne e, in questo modo, garantirebbe il rispetto della volontà degli elettori.
- Scioglimento delle Camere: art. 88 Cost.
Il Capo dello Stato potrà sciogliere solo entrambe le Camere. La riforma propone di modificare l’articolo 88, eliminando il riferimento alla possibilità di sciogliere anche una sola Camera.
- I Senatori a vita: art. 59 Cost.
Infine, l’art. 1 del testo approvato dal Consiglio dei Ministri prevede l’abrogazione del secondo comma dell’art. 59 Cost., che disciplina la possibilità per il Presidente della Repubblica di eleggere Senatori a vita.
Tutti quelli attualmente presenti in Parlamento continueranno a ricoprire la carica, ma, in caso di approvazione della riforma, non potranno essere eletti nuovi Senatori a vita.
Resta inalterato il primo comma dell’art. 59, per cui il Presidente della Repubblica diventa Senatore a vita di diritto.
L’iter di approvazione di una riforma costituzionale
Modificare la Costituzione non è come approvare una legge.
L’art. 138 Cost. prevede un procedimento aggravato che si snoda attraverso due deliberazioni successive a distanza di almeno tre mesi l’una dall’altra. Dopo tali passaggi, il testo deve essere definitivamente approvato dal Parlamento e l’iter cambia in base alla maggioranza ottenuta.
Se ottiene la maggioranza qualificata dei 2/3 del Parlamento, la proposta è approvata, se, al contrario, la maggioranza è solo assoluta, si potrà effettuare un referendum popolare per confermare le scelte del Governo (cd. referendum costituzionale).
A che punto è la riforma costituzionale del Governo Meloni?
Il 3 novembre il Consiglio dei Ministri ha approvato il testo.
L’iter parlamentare è iniziato in Senato, dove il testo è arrivato il 15 novembre. Dopo mesi di discussione in commissione, sono stati presentati circa 3.000 emendamenti.
Il 15 maggio è iniziato l’esame in assemblea, ma la strada per la sua approvazione è ancora lunga.
Il diritto costituzionale è una delle materie fondamentali di tutti i percorsi di studio di stampo giuridico ed è anche quasi sempre presente nei concorsi pubblici.
In questo articolo abbiamo preso spunto da una notizia di attualità per approfondire alcuni importanti argomenti del programma di diritto costituzionale: il premierato e le riforme costituzionali.
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