Dopo un lungo periodo di gestazione è stato finalmente pubblicato, sulla G.U. n. 264 dell’11-11-2024, il D.Lgs. 31-10-2024, n. 164, contenente disposizioni integrative e correttive al D.Lgs. 149/2022 (riforma Cartabia).
Nessuna novità dirompente: si tratta soltanto di interventi minimali, finalizzati a dirimere perplessità ed eliminare alcuni inconvenienti verificatisi nella prassi giudiziaria dopo la riforma Cartabia, della quale viene confermato l’impianto.
La digitalizzazione del processo
In quest’ottica, è stata portata a compimento la digitalizzazione del processo, sopprimendo le operazioni materiali di deposito cartaceo degli atti. La cancelleria, ormai, non è più il luogo di deposito materiale degli atti, i quali viaggiano nella dimensione virtuale del processo civile telematico, allegati alla pec diretta al gestore di posta elettronica certificata del Ministero della Giustizia.
Per quanto riguarda la sostituzione dell’udienza con le note scritte, la riforma Cartabia aveva omesso, con superficialità, di precisare, nell’art. 127-ter c.p.c., quali siano le udienze che sopravvivono alle note scritte sostitutive. Il Correttivo interviene sul punto, mitigando la rigida previsione della norma: “l’udienza non può essere sostituita quando la presenza personale delle parti è prescritta dalla legge o disposta dal giudice”, con un riferimento, quindi, ai casi di cui agli art. 117, 183, 185 e 185-bis c.p.c. (anche se la relazione illustrativa ci si riferisce soltanto agli artt. 117, 185 e 185-bis).
È evidente la modestia delle modifiche introdotte nell’art. 127-ter c.p.c., che mantiene intatta la possibilità, per il giudice, di sostituire l’udienza pubblica con la trattazione scritta, in contrasto con le garanzie dell’equo processo e con le indicazioni della giurisprudenza della Corte europea.
È stata anche riscritta la norma sulle comunicazioni della cancelleria mediante pec (art. 136 c.p.c.), regolandosi l’ipotesi della mancata notifica elettronica per cause imputabili al destinatario: in tal caso si prevede l’inserimento dell’atto nel portale dei servizi telematici del Ministero (lo stesso principio è stabilito per la notifica elettronica da parte dell’ufficiale giudiziario, art. 149-bis c.p.c.).
Per dare un margine di effettiva applicabilità all’art. 257-bis c.p.c. sulla testimonianza scritta, in alternativa alla presenza del testimone in udienza si prevede che il modello di testimonianza possa essere compilato dal testimone anche come documento informatico sottoscritto digitalmente.
L’introduzione della causa e i poteri del giudice prima dell’udienza
Per quanto riguarda l’introduzione della causa e i poteri del giudice prima dell’udienza, il correttivo è intervenuto sull’art. 171-bis c.p.c., chiarendo le iniziative che il giudice può assumere.
Per favorire la conversione da giudizio ordinario in semplificato, il Correttivo ha anticipato al momento delle verifiche preliminari il potere del giudice di disporre tale conversione (momento in cui, tuttavia, la materia del contendere è tutt’altro che definita).
L’anticipazione della conversione del rito al momento delle verifiche preliminari accentua un problema già ampiamente evidenziato nella prassi, legato alla capacità del decreto dell’art. 171-bis c.p.c. di assicurare davvero il contraddittorio tra le parti; problema evidenziato da Corte cost. 96/2024, la quale ha affermato l’esigenza di assicurare pienezza al contraddittorio con un’udienza ad hoc prima dell’emissione del decreto, sollecitazione che però è stata disattesa dal Correttivo.
Sulla fase decisoria il Governo ha respinto le proposte di modifica suggerite dalla dottrina e dal Consiglio Nazionale Forense: è stato incrementato il numero degli scritti difensivi (conclusioni, comparse conclusionali, memorie di replica) ed è stata riesumata l’udienza di spedizione a sentenza, che per la sua totale inutilità fu abrogata negli anni ’90 del secolo scorso in occasione delle prime riforme del rito.
Il rito semplificato
Modifiche di dettaglio hanno investito il rito semplificato:
– quando la causa è di competenza del tribunale in composizione monocratica, può sempre essere introdotta nelle forme del rito semplificato, anche se non è di pronta soluzione;
– il rito in questione si applica anche alle cause di opposizione al precetto, agli atti esecutivi e a decreto ingiuntivo ex artt. 615, 617 e 645 c.p.c.;
– il richiamo all’avvertimento previsto dal n. 7 del comma 3 dell’art. 163 è stato sostituito dal riferimento specifico alle decadenze previste dall’art. 281-undecies, commi 3 e 4;
– il termine per il deposito delle memorie istruttorie “deve” essere concesso per esigenze di contraddittorio, non soltanto in presenza di “giustificati motivi” (art. 281-duodecies, comma 4, c.p.c.).
Il rito davanti al giudice di pace è stato coordinato con le regole del rito semplificato, che costituisce il rito applicabile davanti a questo giudice, prevedendosi l’avvertimento al convenuto di costituirsi nei termini stabiliti a pena di decadenza e di munirsi di difensore (art. 318 c.p.c.), per garantire in maniera più efficace il diritto di difesa del convenuto.
Le impugnazioni
In materia di impugnazioni:
– per non aggravare la parte e il suo difensore, è stata abrogata la necessità di una nuova procura del cliente in caso di proposta negativa, da parte del giudice relatore, sull’esito del ricorso (art. 380-bis c.p.c.);
– i termini per la revocazione della sentenza della Suprema Corte in contrasto con una pronuncia della Corte Edu sono stati allineati ai termini che rendono definitiva la pronuncia della Cedu (sessanta giorni dalla pubblicazione della sentenza definitiva), ex art. 391-quater c.p.c.;
– una novità riguarda anche la notifica dell’impugnazione: se al momento della notifica della sentenza la parte ha indicato un indirizzo PEC o ha eletto un domicilio digitale speciale, sono questi i luoghi telematici della notifica. In caso contrario riprendono le modalità comuni della notifica al procuratore costituito (art. 330 c.p.c.).
Il rito familiare
Nel rito familiare le novità introdotte sono minime. In particolare, si segnalano:
– l’obbligo di intervento in causa del p.m. nelle controversie minorili (art. 70, comma 3-bis, c.p.c.);
– l’esclusione dal rito unitario delle domande di scioglimento della comunione legale dei beni;
– l’applicazione del rito unico alle domande di risarcimento del danno conseguente a violazione dei doveri familiari (art. 473bis c.p.c.);
– la possibilità di abbreviazione dei termini a difesa se sussistono ragioni d’urgenza;
– la previsione di un termine perentorio (dieci giorni) per l’opposizione contro l’ordinanza emessa ai sensi dell’art 473 bis. 38 c.p.c.
L’impugnazione delle ordinanze differibili
È stata affrontata anche la questione dell’impugnazione delle ordinanze indifferibili (art. 473-bis.15 c.p.c.), prevedendo che sono impugnabili – con il reclamo alla Corte d’appello ex art. 473-bis.24, c.p.c. – soltanto insieme ai provvedimenti provvisori ex art. 473-bis.22 c.p.c., poiché in sede di provvedimenti provvisori potrebbe essere revocato o modificato il provvedimento indifferibile e quindi solo all’esito di quest’ultimo è possibile ipotizzare il reclamo. Si tratta di una soluzione diversa da quella indicata da Cass. 11688/2024, che in sede di interpretazione pregiudiziale aveva stabilito che “avverso l’ordinanza di conferma, modifica o revoca dei provvedimenti indifferibili resi, inaudita altera parte, ex art. 473 bis.15 c.p.c., è consentito il reclamo immediato, da proporsi innanzi alla corte di appello, esclusivamente nell’ipotesi in cui il contenuto di questi ultimi coincida con quello dei provvedimenti di cui al comma 2 dell’art. 473 bis.24 c.p.c., e, dunque, ove sospendano o introducano sostanziali limitazioni alla responsabilità genitoriale, prevedano sostanziali modifiche dell’affidamento e della collocazione dei minori, ovvero ne dispongano l’affidamento a soggetti diversi dai genitori”.
Per le misure coercitive ex art. 473-bis.39 c.p.c. la competenza è stata affidata al giudice del procedimento in corso, mentre, se non pende il procedimento di merito, è necessario introdurre un procedimento ex novo ai sensi dell’art. 473-bis.12 c.p.c.
Sulla domanda congiunta e cumulata di separazione e divorzio ex art. 473-bis.51 sarebbe stato auspicabile prevedere espressamente il cumulo, ammesso da Cass. 28727/2023 (“In tema di crisi familiare, nell’ambito del procedimento di cui all’art. 473-bis.51 c.p.c., è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio”), ma il legislatore è rimasto silente, limitandosi ad attenuare gli oneri di documentazione delle parti rispetto a quelli sanciti nell’art. 473-bis.12 c.p.c.
Infine, la normativa sugli ordini di protezione contro gli abusi familiari, ex art. 473-bis.71 c.p.c., è stata estesa oltre la violenza di genere, ossia alla violenza provocata da altri componenti della famiglia, senza specificare se conviventi o meno.