La ventinovesima edizione della Conferenza delle Parti si è conclusa (con un po’ di ritardo).
Ad ospitare l’edizione del 2024 della Conferenza è stata Baku, città dell’Azerbaigian e prima Oil city al mondo. La città azera è stata il palcoscenico di quella che forse sarà ricordata come la più complessa Conferenza delle Parti della storia. A dimostrare la difficoltà di dialogo tra le Parti c’è proprio il dato relativo alla chiusura: la Conferenza doveva chiudersi il 22 novembre, ma l’accordo non c’era e i lavori sono proseguiti fino alla notte tra il 23 e il 24.
I partecipanti, nell’anno più caldo di sempre, hanno provato a scrivere un nuovo capitolo nel percorso globale per combattere la crisi climatica.
Prima di analizzare il contenuto dell’accordo raggiunto dalle parti, in questo articolo facciamo un passo indietro per capire meglio le origini e gli obiettivi di questo appuntamento annuale che, anno dopo anno, è diventato sempre più importante per il clima.
Le origini della COP e il suo scopo
Secondo un sondaggio Youtrend, per la maggioranza degli italiani il cambiamento climatico è un argomento che dovrebbe essere prioritario, ma circa il 70% di essi non sa precisamente cos’è la COP e quali sono i suoi obiettivi. Cerchiamo quindi di spiegare con parole semplici di cosa si tratta.
Il percorso della COP nasce nel 1992, durante la Conferenza ONU di Rio de Janeiro. In tale sede fu adottata la Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCC). La Convenzione è il documento di portata generale, con impegni non vincolanti, con il quale sono state devolute ad un apposito organo le successive decisioni operative. Tale organo è appunto la Conferenza delle Parti (COP). Dal 1995 ogni anno (ad eccezione del 2020, a causa del COVID-19) si sono tenute queste Conferenze.
La COP, acronimo di Conference of Parties, è dunque una riunione annuale in cui si ritrovano i firmatari della Convenzione. I partecipanti alla Conferenza sono chiamati «Parti», in quanto hanno firmato la Convenzione. Attualmente partecipano alla COP 198 Parti (197 Paesi più l’Unione europea).
Possiamo quindi dire che la COP è l’organo decisionale che riunisce le «Parti» per discutere e valutare i progressi fatti nella lotta al cambiamento climatico, per definire nuove strategie e per stipulare accordi internazionali.
Ogni edizione rappresenta un’occasione per riesaminare i traguardi raggiunti (o mancati), spingendo gli Stati ad adottare impegni sempre più ambiziosi per contrastare il cambiamento climatico. Quest’ultimo, infatti, con il passare degli anni sta mostrando conseguenze sempre più drammatiche e tangibili.
L’obiettivo della COP (Conferenza della Parti)
L’obiettivo delle COP è stato quello di stabilizzare le concentrazioni atmosferiche di gas serra derivanti da attività umane per non devastare il pianeta. Non si parla di limiti vincolanti alle emissioni, ma i Paesi membri si dovevano riunire annualmente per capire come raggiungere gli obiettivi generali della Convenzione.
Alla base del Protocollo vi è il principio delle responsabilità comuni ma differenziate. Tutti hanno responsabilità ma non tutti hanno lo stesso impatto sul clima. I Paesi che, negli anni, hanno inquinato di più devono fare di più. Lo sforzo, anche economico, è finalizzato ad aiutare i Paesi emergenti, che ad oggi inquinano meno, ad avere uno sviluppo sostenibile.
Pietre miliari per raggiungere gli obiettivi della COP sono state Protocollo di Kyoto (1997) e l’Accordo di Parigi (2015), quest’ultimo finalizzato a limitare l’aumento della temperatura globale entro 1,5-2 gradi Celsius rispetto ai livelli preindustriali.
La COP21 e l’Accordo di Parigi
Il 2015 è stato un anno di svolta per il clima. Durante la Conferenza delle Nazioni Unite sul clima di Parigi, infatti, gli Stati di tutto il mondo, tra cui le due economie più grandi ed inquinanti della terra, USA e Cina, hanno raggiunto un nuovo accordo globale sul clima.
Obiettivo degli Stati che hanno sottoscritto l’Accordo di Parigi era contenere il riscaldamento terrestre al di sotto dei 2°C rispetto all’epoca preindustriale e limitare l’aumento di 1,5°C.
L’Accordo ha poi previsto una differenziazione degli impegni: questi devono gravare in misura maggiore sui Paesi sviluppati, in quanto responsabili storici dell’inquinamento. È stato inoltre previsto un meccanismo di solidarietà in base al quale proprio questi Paesi forniscono i finanziamenti per il clima ai Paesi in via di sviluppo per aiutarli a ridurre le emissioni e ad evolvere verso un’economia sostenibile.
Questo argomento è trattato in modo approfondito nel Compendio di diritto dell’ambiente.
Vediamo ora di cosa si è discusso a Baku e, soprattutto, cosa hanno deciso le Parti.
La COP29 di Baku
A Baku si è discusso principalmente di una cosa: la finanza. O, meglio, di finanziamenti per contrastare l’emergenza climatica.
Le 198 Parti della Conferenza si sono ritrovate a Baku per discutere di soldi, ma anche di comunicazione. La sfida è stata tutta economica. La domanda centrale era infatti relativa alla quantità di risorse che si possono mettere a disposizione.
L’oggetto della COP29 è stato la rinegoziazione della quantità di risorse che i Paesi più ricchi (e più responsabili) devono mettere a disposizione per risolvere il problema climatico.
I dati dicono che nel 2023 le emissioni globali sono aumentate, ma quelle europee si sono ridotte. Secondo l’Organizzazione metereologica mondiale il 2024 si avvia a diventare l’anno più caldo mai registrato e il primo in cui si supererà il limite di 1,5° di riscaldamento del pianeta sui livelli preindustriali.
Come abbiamo visto, grazie alle COP è stato creato il fondo per aiutare i Paesi vulnerabili per il contrasto al cambiamento climatico. Il fondo è stato introdotto dall’Accordo di Parigi e il suo finanziamento scade proprio nel 2025.
All’alba della COP29 l’obiettivo dichiarato era aumentare (di molto) gli stanziamenti annuali del fondo. La base di partenza della discussione sono i 100 miliardi di dollari l’anno che, ad oggi, sono stati stanziati. La Conferenza doveva decidere la nuova somma che dovranno versare i Paesi donatori. L’ambizioso obiettivo iniziale era quello di arrivare a 1.000 miliardi.
Come da previsioni, nell’accordo non si è andati neanche vicino a tale cifra, complice soprattutto la scarsa partecipazione alla Conferenza del 2024 e l’imminente (annunciata) uscita degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi.
Le decisioni della COP29
La Conferenza di Baku, come anticipato, doveva finire il 22 novembre, ma l’accordo è stato raggiunto solo nella notte tra il 23 e il 24 novembre.
Cuore dell’Accordo è il documento sulla finanza. Le Parti hanno stabilito che i Paesi in via di sviluppo riceveranno una quota crescente di aiuti climatici che arriverà a 300 miliardi di dollari all’anno entro il 2035. La Conferenza di Baku, quindi, si è posta un obiettivo ultradecennale. L’impegno, questa volta, è vincolante per le Parti.
Altra cifra che trova un posto nel documento è quella di 1.300 miliardi di dollari all’anno, che il sud globale ritiene vicina ai propri bisogni. Quest’ultima però non vincola gli Stati, ma è una semplice aspirazione.
Nel 2025 ad ospitare la COP30 sarà Belém, città Brasiliana.
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