La recente L. 18-6-2009, n. 69 (G.U. 19-6-2009, n. 140, s.o. n. 95/L), recante Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile, ha realizzato l’ennesima riforma-tampone del processo civile, introducendo numerose novità, tra le quali il processo sommario di cognizione (artt. 702bis-702quater c.p.c.), con l’obiettivo di razionalizzare, snellire e rendere più efficiente la macchina processuale.
Per velocizzare i processi il legislatore, nel 2005, ha creato la maxiudienza dell’art. 183 c.p.c., illudendosi di concentrare l’attività giudiziaria, ma nelle aule dei tribunali niente è cambiato: i rinvii tra un’udienza e l’altra sono ancora incredibilmente lunghi.
Con questa ulteriore riforma il legislatore si è inventato il processo sommario di cognizione, sperando di accelerare la definizione dei processi. Si tratta, ancora una volta, di un intervento realizzato senza una visione generale dei problemi della giustizia: un’imponente e disordinata produzione legislativa si è sovrapposta in modo irrazionale causando incertezze e instabilità, determinando tra gli operatori una diffusa insoddisfazione a causa dei continui interventi normativi che, anzichè incidere sulle cause dell’emergenza, hanno contribuito ad aggravarla.
Alla moltiplicazione dei modelli processuali occorre contrapporre un modello tendenzialmente unitario, lasciando in piedi soltanto i riti speciali la cui esistenza risulti giustificata da effettive esigenze di tutela differenziata, come ad esempio il processo del lavoro. Inoltre, in un’ottica ispirata al principio di effettività della tutela, occorre investire risorse ingenti sulla giustizia e mettere a punto strumenti alternativi di risoluzione delle controversie che consentano di tutelare i propri interessi evitando, per quanto possibile, i tribunali; altrimenti è illusorio affidare a una semplice riforma processuale la cura dei mali della giustizia.
120
“
Recensioni
Ancora non ci sono recensioni.