Possono essere molte le ragioni che spingono a scegliere lo studio della Psicologia: l’interesse legato alla conoscenza del funzionamento della mente umana e delle sue sorprendenti dinamiche; la ‘vocazione’ all’esercizio di una helping profession, dove costante è il confronto con gli altri (bambini, adolescenti, singoli individui, famiglie); la volontà di conoscere le matrici storiche della psicoanalisi e gli effetti sulla cultura attuale; il fascino dell’universo in espansione della ‘comunicazione’, non solo tra singoli individui, ma anche di massa; last but not least, l’influenza sociale crescente di una professione in grado di affrontare e risolvere molte questioni del vivere quotidiano in ampie fasce di giovani.
Ciò nondimeno numerosi studi, condotti sulle motivazioni alla scelta del percorso universitario, rivelano una comune difficoltà nel comprendere a fondo le caratteristiche di questa professione.
Esiste, in realtà, un reale bisogno di definizione della figura dello psicologo e dei suoi spazi di indagine, questione complessa e oggetto di un dibattito continuo e quanto mai aperto. La definizione legale dello psicologo – nata con l’Ordinamento della professione di psicologo (D.P.R. n. 56 del 18 febbraio 1989) – evidenzia consistenti incertezze che incombono su questa figura professionale (presenti tutt’oggi) nella nostra società: ‘La professione di psicologo comprende l’uso di strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione e di sostegno in ambito psicologico, rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alla comunità. Comprende, altresì, le attività di sperimentazione, di ricerca e di didattica in tale ambito’. La genericità di un tale dispositivo legislativo riflette l’intrinseca difficoltà a definire (e dunque limitare) l’ampiezza di un orizzonte scientifico-professionale come quello in questione.
In via generale, la scelta di un percorso di studi in psicologia dovrebbe avere come premessa la promozione e la valorizzazione delle sensibilità e delle attitudini per acquisire una conoscenza complessa e come esito l’acquisizione di un sapere flessibile per campi applicativi diversi e ambiti relazionali-sociali sottoposti a una rivoluzione di aspettative crescenti (ritmo accelerato di cambiamento, elevata densità relazionale ecc.), dove le pratiche ‘psicologiche’ – sia scientifiche che professionali – sono sempre più rilevanti.La nuova psicologia, dunque, come ricerca di conoscenza intorno alla psiche, è destinata a sviluppare, oggi più di ieri, competenze che possano promuovere nuove ipotesi e proposte per la soluzione di problemi di complessità superiore. In questo senso, una nuova psicologia per il terzo millennio, capace di rompere l’isolamento e la separatezza prodotti dagli eccessi di specializzazione, dovrebbe essere il sentiero verso il quale orientare la formazione di un futuro professionista.
In tal senso è sempre più necessario riscoprire le premesse implicite in ogni conoscenza e le idee che ne fanno da cornice; questione, questa, eminentemente epistemologica.
In un tempo in cui si moltiplicano i segni di un cambiamento e di un rinnovato umanesimo, la psicologia – per sua stessa natura ‘scienza pluridisciplinare’ – deve guardarsi bene dai rischi di derive riduzioniste e aprirsi (ed esporsi) all’orizzonte aperto della complessità dei mondi psichici.
Una delle immediate conseguenze di tutto questo è il bisogno di recuperare la ‘complessità del sapere’ e di formare/si (come dalla radice greca morphé = modo di essere) a tale consapevolezza.
Il nuovo sapere, dunque, dovrebbe essere caratterizzato dalla capacità di ‘tessere insieme’ (dal latino complexus = tessuto insieme), di abbracciare (altra voce latina: complexere = abbracciare), di integrare e di connettere le infinite, singolari e universali declinazioni dell’identità e del contesto in cui si esprimono.
Una nuova idea di psicologia dovrebbe condurre (dal latino ex-ducere = guida al di fuori) non più all’uomo neuronale o a qualche declinazione riduzionistica, ma all’homo existentia, dando voce all’identità personale entrando in contatto con l’altro da sé. Così, accanto al pensiero della complessità è sempre necessario uno sguardo verso l’infinito dell’alterità, l’orizzonte inoltrepassabile dell’individuo, della sua unicità e irripetibilità. In questo senso, l’alterità diviene la parola chiave di un nuovo modo di concepire il cammino della conoscenza e più che mai della figura dello psicologo. Nella scoperta della conoscenza come complessità e alterità, la formazione di uno psicologo non può prescindere dall’idea che ciascuno stadio evolutivo dell’esistenza umana (individuale e di gruppo) si declina continuamente in tensioni dinamiche e momenti di equilibrio preliminari a nuove aperture esperienziali, in un continuo iter formativo e trasformazionale. Un processo di conoscenza e di formazione diviene tale quando riesce a rendere possibile il disvelarsi e l’acquisizione delle caratteristiche proprie di ciascun individuo, della sua identità, della sua singolarità, che emerge dalla ‘cura dell’interiorità’ personale e dall’incontro relazionale con l’alterità.
La formazione del nuovo psicologo deve contribuire all’auto-formazione continua della persona in un cammino del pensiero e in un pensiero del cammino che si esponga all’incertezza del sapere, anzi che faccia dell’incertezza il suo punto di forza.Da queste brevi considerazioni appare subito chiara la difficoltà di definire l’estrema variabilità delle situazioni operative e dei modelli di riferimento del campo d’azione di uno psicologo. Tuttavia, si possono tracciare schematicamente alcune linee di categorizzazione dei settori nei quali egli si trova a operare utili a indirizzare l’attenzione su potenziali richieste sociali alle quali lo psicologo dovrebbe saper rispondere con le sue conoscenze e capacità operative, sia nella qualità di dipendente sia di libero professionista. I diversi ambiti professionali riguardano innanzitutto:
– ricerca e insegnamento in psicologia, intesi come insegnamento universitario e post-universitario, per figure professionali differenti, come attività di ricerca nei dipartimenti universitari e in campo psicologico sulla base di particolari progetti;
– educazione e scuola, nelle diverse attività della figura dello psicologo scolastico (relative allo sviluppo cognitivo, psicosociale, difficoltà e disturbi dell’apprendimento, miglioramento delle relazioni sociali ed educative, formazione degli operatori);
– sistemi di orientamento e formazione professionale, riguardanti i servizi pubblici e le agenzie del sistema di formazione professionale che stanno impostando le attività tenendo conto delle professionalità psicologiche;
– servizio sanitario nazionale, in cui la funzione di counseling degli psicologi diventa sempre più sistematica, soprattutto nei servizi ospedalieri e nel processo di aziendalizzazione, con vari servizi di interazione con l’esterno (scuole, strutture di riabilitazione, centri di informazione e consulenza, comunità educative e di recupero, gruppi-famiglia, consultori, inserimenti lavorativi di persone con disabilità);
– servizi socio-assistenziali, relativi a servizi in enti locali per attività di consulenza formativa, progettazione in attività di sostegno, affidi familiari, adozioni, attività con il tribunale dei minorenni, per l’organizzazione e la gestione della rete di risorse utili per il lavoro psicosociale in un determinato contesto sociale;
– servizi alle imprese e alle organizzazioni private e pubbliche, come settore di notevoli possibilità occupazionali e di sviluppo non soltanto nella gestione delle risorse umane, ma anche nell’ergonomia, sicurezza lavorativa, analisi della progettazione organizzativa, della comunicazione e marketing, della pubblicità, della customer satisfaction, ma anche nel settore terziario, della new economy (nella gestione dei siti Internet, ad esempio), del turismo o in ambito sportivo;
– servizi in altre istituzioni e settori pubblici, per quel che concerne l’inserimento nell’ambito di centri studi delle forze armate o della polizia di Stato e nella selezione di corpi speciali; in ambito giuridico (tribunale dei minori, affidamenti, perizie), per l’intervento psicologico in situazioni di emergenza collettiva (come terremoti, conflitti) e nella gestione della sicurezza stradale.
Abbiamo qui accennato solo a un corpus generico sul quale riflettere per la costruzione di una expertise professionale. Oggi, i margini di intervento di uno psicologo appaiono sempre più ampi, così come molteplici sono le modalità di azione, dati i problemi e le soluzioni che egli deve fornire quotidianamente nei diversi contesti lavorativi. Nuove possibilità di inserimento professionale riguardano il bisogno di perfezionare gli scambi comunicativi, il miglioramento della progettazione e dell’utilizzo degli oggetti d’uso, degli spazi quotidiani, dei rapporti interpersonali e di gruppo, la diffusione delle conoscenze, la fruizione del tempo libero, l’ottimizzazione degli stili di vita e di consumo, il miglioramento della qualità stessa della vita. Infine, non si possono ignorare i segnali di crescita potenziale della psicologia delle comunità.
Come abbiamo visto, l’immagine compatta di una professione come quella dello psicologo appare revocata in questione dalla pluralità degli approcci teorici e dei metodi adottati, dalle molteplici forme di inserimento professionale nel contesto sociale, dalle peculiarità di questa figura quando è inserita in un’organizzazione pubblica o privata, o ancora dal tipo di utenti. Le diverse domande sociali di interventi professionali competenti se, da un lato, sollecitano un sempre maggiore ampliamento del numero dei profili dello psicologo, dall’altro però aumentano la variabilità e la segmentazione professionale, riproponendo il problema della formazione delle competenze che assicurino la qualità di un’azione professionale. L’ordinamento universitario attuale offre la possibilità di disegnare un percorso formativo coerente con le complesse esigenze sociali odierne della professione dello psicologo.
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