Politica economica
Capitolo 1 Introduzione alla politica economica
X: “La politica economica”
Y: “La politica economica è quel ramo della scienza economica che studia gli strumenti attraverso cui l’azione pubblica può influenzare i fenomeni economici per raggiungere determinati obiettivi. Rientrano fra i soggetti attivi della politica economica: i) i soggetti pubblici come lo Stato, ai quali spetta il compito di indirizzare l’economia ed effettuare scelte fra obiettivi spesso conflittuali; ii) gli organismi internazionali come l’Unione Europea, l’Organizzazione delle Nazioni Unite, il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale.”
X: “Gli obiettivi della politica economica”
Y: “Gli obiettivi degli interventi di politica economica sono molteplici e tra questi rientrano: i) la massimizzazione del prodotto nazionale, nonché la sua razionale ripartizione fra i diversi impieghi e il suo massimo tasso di crescita; ii) la piena occupazione delle forze di lavoro; iii) la stabilità dei prezzi, dunque il contenimento, entro un limite accettabile, del tasso d’inflazione; iv) l’equa distribuzione del reddito; v) l’equilibrio della bilancia dei pagamenti, al fine di limitare gli scompensi che inducono uno Stato a indebitarsi o ad accumulare crediti verso altri Paesi; vi) la tutela dell’ambiente.”
X: “Forme di intervento statale”
Y: “Lo Stato può intervenire in economia in modo diretto, ossia affiancandosi o sostituendosi in taluni settori all’iniziativa dei soggetti privati, oppure in modo indiretto disciplinando e indirizzando la produzione delle imprese verso determinati fini. Un esempio particolare di intervento indiretto dello Stato è la programmazione economica”
Capitolo 2 La politica economica: obiettivi, modelli e strumenti
X: “L’impostazione macroeconomica”
Y: “Nonostante gli interventi di politica economica mirano a correggere le inefficienze del mercato influenzando il comportamento dei singoli operatori, cioè secondo un’impostazione prettamente microeconomica, i problemi di politica economica possono essere affrontati anche sotto il profilo macroeconomico, ossia guardando a grandezze aggregate come il livello degli investimenti ecc.”
X: “I modelli”
Y: “Secondo Klein, un modello economico fornisce una «rappresentazione astratta e semplificata di un processo economico realistico, espresso nella forma di equazioni matematiche». Un modello che descrive e analizza la realtà economica si definisce analitico; viceversa, un modello strategico individua gli strumenti da utilizzare per raggiungere determinati obiettivi.”
X: “Variabili e parametri”
Y: “Gli elementi di un modello che, nel periodo di tempo considerato, possono assumere valori differenti nel tempo si definiscono variabili. Queste ultime si distinguono in: i) endogene, se sono spiegate dal modello; ii) esogene se il loro valore è predefinito oppure non influenzabile dal modello.
Gli elementi di un modello che, in un arco di tempo considerato, rimangono costanti nel loro valore si definiscono parametri.”
X: “Tipi di equazioni”
Y: “Le equazioni, ossia le formule matematiche che esprimono le relazioni tra gli elementi di un modello, possono essere: i) di definizione, se definiscono una variabile come combinazione di altri variabili; ii) di comportamento, le quali descrivono le scelte degli agenti economici; iii) tecniche; iv) di natura istituzionale, se impongono il rispetto di taluni vincoli; v) di equilibrio, se sono tese all’individuazione di quei valori per i quali tutte le equazioni del modello sono soddisfatte.”
X: “Modelli in forma strutturale e in forma ridotta”
Y: “Un modello è espresso in forma strutturale se le variabili endogene sono espresse in funzione delle variabili esogene e delle altre variabili endogene. Si parla, invece, di modello in forma ridotta se tutte le sue variabili endogene sono espresse solo in funzione delle variabili esogene e dei parametri del modello.”
X: “Altri tipi di modelli”
Y: “Oltre ai modelli di analisi e di strategia, è possibile distinguere: i) modello chiuso o aperto, a seconda che esso consideri o meno le relazioni economiche con l’estero (dunque l’equilibrio della bilancia dei pagamenti); ii) modello stocastico o deterministico, a seconda che contenga o meno variabili aleatorie (o casuali); iii) modello statico o dinamico, a seconda che le variabili in esso contenute si riferiscano o meno al medesimo periodo di tempo.”
X: “Gli obiettivi di politica economica”
Y: “Nell’esplicitare gli obiettivi del proprio intervento, il decisore politico può: i) imporre valori fissi alle variabili obiettivo in considerazione dei vincoli esistenti e delle esigenze collettive; ii) assegnare valori fissi a tutti gli obiettivi tranne uno che, invece, si cercherà di ottimizzare poiché ritenuto prioritario; iii) ricercare la massimizzazione (o la minimizzazione) di più obiettivi contemporaneamente.
Gli obiettivi che la politica economica si propone di raggiungere possono essere di breve o lungo periodo oppure di lungo periodo.”
X: “La regola di Tinbergen”
Y: “Secondo il teorema di Tinbergen (la cd. regola aurea dei policy maker), prima di programmare un intervento di politica economica il decisore politico deve accertarsi di poter agire su un numero di strumenti almeno pari agli obiettivi che intende raggiungere.
Robert Mundell ha successivamente approfondito il modello di Tinbergen affermando la necessità di decentrare al massimo il potere decisionale, ossia di affidare a ciascuna autorità l’obiettivo più coerente con gli strumenti che essa ha a sua disposizione.”
X: “Un esempio di modello di politica economica”
Y: “Per avere un esempio concreto di un modello di politica economica, ti consiglio di leggere il corrispondente paragrafo del manuale.”
X: “La critica di Lucas”
Y: “Secondo Lucas non è possibile utilizzare modelli econometrici nell’ambito della politica economica poiché i soggetti economici modificheranno il proprio comportamento, in base alle aspettative razionali suscitate dall’annuncio delle misure di intervento dell’autorità pubblica. I detrattori di Lucas sostengono, invece, che la politica economica possa elaborare modelli che tengono conto di tale interazione strategica tra le autorità decisionali e gli operatori economici.”
Capitolo 3 Cenni di contabilità nazionale
X: “Il prodotto nazionale lordo (PNL)”
Y: “Il PNL misura il flusso di beni e servizi finali prodotti da un’economia in un arco di tempo considerato. Il RNL è la somma delle remunerazioni distribuite ai lavoratori e agli imprenditori; esso esprime, in altri termini, il valore monetario del prodotto nazionale.
Il valore aggiunto misura la differenza tra i ricavi ottenuti dalla vendita dei prodotti e la somma delle spese sostenute per l’acquisto delle materie prime e dei prodotti semilavorati necessari per la produzione.
Il PIL misura, infine, il reddito prodotto all’interno di un Paese dagli operatori sia nazionali sia esteri.”
X: “PNL nominale e reale”
Y: “Il PNL può essere calcolato usando come riferimento i prezzi di mercato di ogni anno oppure quelli di un anno base: nel primo caso si parla di PNL nominale, nel secondo caso di PNL reale.”
X: “PNL e reddito personale disponibile”
Y: “Il reddito personale disponibile indica la quota di reddito che è a disposizione delle famiglie per consumi e risparmi. Esso può essere calcolato a partire dal valore del PNL (o del PIL), al quale vanno sottratte le quote di ammortamento (ossia la parte di ricchezza destinata alla conservazione e alla manutenzione ordinaria degli impianti e dei macchinari) e i tributi e poi aggiunti i sussidi (ossia le quote di ricchezza erogate a favore di specifici soggetti, ad esempio i pensionati, senza che a tale reddito corrisponda un’attività produttiva). Se si parte dal PNL, la grandezza ottenuta prende il nome di Prodotto nazionale netto (PNN); se, invece, si parte dal PIL si ottiene il Prodotto interno netto (PIN).”
X: “La distribuzione funzionale e personale del reddito”
Y: “A ogni fattore produttivo corrisponde una determinata remunerazione: i) il salario è il compenso per il lavoro prestato dai dipendenti; ii) il profitto è la quota di guadagno spettante all’imprenditore per l’esercizio della sua attività di coordinamento e di rischio; iii) la rendita è la remunerazione per il possesso del fattore produttivo terra; iv) l’interesse remunera il capitale concesso in prestito dalle banche.”
X: “Consumi, risparmi e investimenti”
Y: “In un’economia chiusa la domanda aggregata tiene in considerazione tre fattori: i) i consumi (C) delle famiglie; ii) gli investimenti (I) delle imprese; iii) la spesa pubblica (G) dello Stato. L’equazione con cui è possibile definire tale grandezza è la seguente: Y= C + I + G.
In presenza di un’economia aperta, la formula sopra menzionata tiene conto anche del valore della differenza tra il valore delle esportazioni e delle importazioni (NX) e può essere così riscritta: Y = C + I + G + NX.”
Capitolo 4 Il modello reddito-spesa
X: “Le funzioni del consumo, del risparmio e degli investimenti”
Y: “Ripartiamo dalla formula Y = C + I + G. Se ipotizziamo che i prezzi di mercato siano fissi, che la spesa pubblica (G) sia pari a zero e che il livello degli investimenti sia fissato (I*), sarà possibile concentrare la nostra attenzione soltanto sulla funzione del consumo. Quest’ultima risulterà essere pari a C0 + cY, dove: i) C0 indica quella componente di domanda autonoma dal reddito, poiché destinata al soddisfacimento di bisogni primari come nutrirsi; ii) c è un parametro che esprime, invece, la propensione marginale al consumo (ossia l’incremento di consumo conseguente a una variazione unitaria del reddito). Sarà pertanto possibile scrivere che: Y = (C0 + I*) + cY”
X: “L’equilibrio macroeconomico”
Y: “È la domanda aggregata a determinare il livello di equilibrio del reddito. A questo punto potresti chiederti: come varia il reddito di equilibrio se aumenta la componente autonoma della domanda aggregata (ossia C0 + I*)? Un aumento unitario della componente della spesa autonoma produce un incremento più che proporzionale del livello di reddito di equilibrio, ragion per cui si parla di effetto del moltiplicatore.
La formula del moltiplicatore è pari a 1/(1-c) e il suo valore è tanto maggiore quanto più è grande la propensione marginale al consumo c.”
X: “Il settore pubblico”
Y: “Come si modifica il livello del reddito di equilibrio se nella formula del reddito di equilibrio Y = (C0 + I*) + cY introduciamo la spesa pubblica effettuata dallo Stato? Ignorando gli ammortamenti, che ipotizziamo essere nulli, concentriamo il nostro ragionamento sull’effetto che i tributi e i sussidi statali producono sul reddito e, di conseguenza sui consumi. Bisogna, innanzitutto, riscrivere la formula di partenza come Y= (C0 + I*) + c(Y + sussidi – tributi).
La presenza del settore pubblico induce un cambiamento nella spesa autonoma, poiché la propensione marginale al consumo risulta essere influenza anche da componenti di reddito indotte dallo Stato il quale, dunque, può modificare l’equilibrio economico agendo sugli strumenti della politica fiscale.”
Capitolo 5 La domanda di moneta
X: “Le funzioni della moneta”
Y: “Si definisce moneta qualsiasi mezzo di pagamento, avente corso fiduciario, che assolve a tre funzioni fondamentali: i) intermediario degli scambi. Si parla di moneta-merce quando il bene che funge da moneta ha un suo valore intrinseco (ad es.: capo di bestiame), di moneta-segno quando, invece, il bene in questione non ha un valore suo valore proprio (ad es.: banconote); ii) riserva di valore. Essa mantiene, infatti, il suo valore nominale inalterato nel tempo (se non consideriamo fenomeni come l’inflazione, ossia l’aumento generalizzato dei prezzi di acquisto; iii) unità di conto.”
X: “Gli aggregati monetari”
Y: “La liquidità indica la capacità di un’attività finanziaria di essere convertita in moneta. In base al grado di convertibilità si distinguono gli aggregati monetari: i) M1 (liquidità primaria), che comprende tutti i mezzi di pagamento immediatamente spendibili, come le banconote; ii) M2 (liquidità secondaria), che si ottiene aggiungendo a M1 tutte le attività liquide con valore certo a qualsiasi data futura (ad es.: buono fruttifero postale); iii) M3 (liquidità terziaria), che comprende le attività di M2 e le attività finanziarie più redditizie ma meno liquide (BOT).”
X: “La teoria quantitativa della moneta”
Y: “Il potere d’acquisto di una moneta indica la quantità di beni e servizi che è possibile acquistare in un dato momento avendo a disposizione un determinato ammontare di moneta. Tale concetto si traduce nella formula A= 1/p, dove A indica appunto il potere di acquisto e p, invece, il livello dei prezzi delle merci.
Se aumenta il valore del denominatore (ossia di p), il potere di acquisto della moneta (A) diminuisce, e viceversa se i prezzi si abbassano.”
X: “La formulazione originaria”
Y: “Secondo la teoria quantitativa della moneta, l’offerta di moneta è pari al prodotto fra la quantità di moneta in circolazione (M) e la sua velocità di circolazione (V). La domanda di moneta è, invece, corrispondente alla quantità di moneta richiesta per effettuare il numero delle operazioni di scambio desiderate. Eguagliando le due funzioni si ottiene l’equazione dello scambio, secondo la quale M · V = P · Q, laddove P è il livello generale dei prezzi, Q è la somma delle quantità dei beni scambiati. Ipotizzando che V e Q sono costanti, tale teoria deduce che la variazione dell’offerta di moneta decisa dalle autorità monetarie ha effetto soltanto sul livello generale dei prezzi e non sui fenomeni economici reali.
X: “La rielaborazione della scuola di Cambridge”
Y: “Alcuni economisti della scuola di Cambridge hanno rielaborato la teoria quantitativa della moneta mettendo in relazione la domanda di moneta con il reddito reale, secondo la formula MD = kPR, dove R è il reddito reale, P è il livello generale dei prezzi e k è un parametro che indica la frazione di reddito che gli operatori desiderano trattenere sotto forma di liquidità. Confrontata con la formula che abbiamo studiato nel precedente paragrafo, k risulta essere il reciproco di V: tanto maggiore è la quantità di moneta che gli operatori trattengono, tanto minore sarà V e viceversa.”
X: “La dicotomia neoclassica”
Y: “Secondo gli economisti della scuola neoclassica esiste una dicotomia, ossia una contrapposizione, tra il settore monetario e quello reale dell’economia: il livello dell’attività economica è determinato esclusivamente da fenomeni reali (ossia investimenti, consumi ecc.), mentre le variazioni della quantità di moneta hanno incidenza unicamente sul livello dei prezzi.
Al contrario, secondo Keynes anche le grandezze reali possono influenzare il mercato monetario.”
X: “La teoria della preferenza per la liquidità”
Y: “Secondo Keynes, gli individui preferiscono detenere moneta poiché essa ha il dono della liquidità, ossia può essere convertita all’istante in qualsiasi altro bene. Una volta deciso quanta parte del proprio reddito disponibile impiegare nei consumi, gli operatori economici devono decidere come impiegare il reddito risparmiato: essi possono, appunto, detenerlo in forma liquida, e utilizzarlo in caso di eventi imprevisti, oppure investirlo in attività finanziarie per accrescere la somma messa da parte. In quest’ultimo caso, però, essa non sarà immediatamente disponibile per far fronte a eventi non previsti.”
X: “La domanda di moneta per Keynes”
Y: “Secondo Keynes, la domanda di moneta ha origine da tre motivi: i) transattivo, connesso alla mancanza di sincronia tra la periodicità degli incassi e il ritmo quotidiano dei pagamenti; ii) precauzionale, ossia per far fronte alla probabilità che si verifichino eventi imprevisti; iii) speculativo, legato all’opportunità di effettuare investimenti finanziari.
L’offerta di moneta è, invece, decisa dalle autorità monetarie.”
Capitolo 6 Il mercato del credito e le banche
X: “Il credito e le banche”
Y: “Il credito è un atto di scambio con il quale un agente economico può chiedere un prestito, da restituire entro un certo periodo di tempo, per acquistare un bene o godere di un servizio.
Le banche sono istituti di credito che, oltre all’attività di intermediazione finanziaria, possono assumere direttamente obbligazioni diventando debitrici verso coloro che affidano alla banca i propri risparmi.”
X: “Le operazioni bancarie”
Y: “L’attività bancaria si esplica attraverso: i) operazioni passive, attraverso le quali le banche si procurano i fondi necessari per svolgere la propria attività; ii) operazioni attive, con le quali le banche mettono il denaro raccolto a disposizione dei soggetti che lo richiedono, stabilendo i termini e le condizioni della restituzione.”
X: “La creazione del credito”
Y: “Le banche erogano credito perlopiù attraverso gli assegni bancari. Poiché questi ultimi non vengono quasi mai tramutati in biglietti contabili, bensì depositati sui conti correnti personali oppure girati a soggetti terzi, le banche sono capaci di emettere una quantità di credito maggiore. Va ricordato, però, che le banche devono anche costituire una riserva obbligatoria, commisurata all’ammontare del denaro raccolto e depositata presso un conto corrente intestato con la banca centrale: in questo modo si garantisce che l’istituto sia in grado di adempiere alle ordinarie richieste di liquidità da parte degli utenti. Tale meccanismo nel suo complesso è noto come moltiplicatore dei depositi, la cui formula è: ΣD=M(1/q)
X: “Il sistema bancario italiano”
Y: “Il sistema bancario italiano risulta essere così strutturato: i) organi di vigilanza. Al vertice si trova il CICR (Comitato Interministeriale per il Credito e il Risparmio), il quale è presieduto dal Ministro dell’economia e delle finanze; vi sono poi la Banca d’Italia e, a livello comunitario, la Banca centrale europea; ii) banche operanti in Italia, le quali possono a loro volta distinguersi in banche nazionali, banche comunitarie e banche extracomunitarie.”
X: “La Banca centrale”
Y: “La Banca d’Italia ha il compito di controllare e indirizzare l’attività di ogni banca.”
X: “Le funzioni della Banca d’Italia”
Y: “Con il D. Lgs. 43/1998, la Banca d’Italia è stata dichiarata parte integrante del Sistema Europeo delle Banche Centrali (SEBC), il quale contribuisce a determinare gli indirizzi e le scelte di politica monetaria dei Paesi dell’area euro.
Nell’ambito del suddetto sistema, la Banca d’Italia esercita sul territorio nazionale funzioni in materia di vigilanza sulle banche, funzioni in materia monetaria e in materia valutaria. Per approfondire ciascuna delle seguenti funzioni digita il titolo dei corrispondenti sottoparagrafi del manuale.”
X: “La funzione di vigilanza sulle banche”
Y: “Nonostante il Testo unico bancario (cd. TUB) attribuisca al CICR i compiti di vigilanza in materia di credito e di tutela del risparmio, i poteri concreti in questo campo sono esercitati dalla Banca d’Italia, che svolge funzioni di due tipi: i) funzioni proprie, che sono esercitate direttamente dal Governatore della Banca d’Italia. A tal proposito, la Banca d’Italia può porre in essere provvedimenti autorizzativi, ablativi, atti di accertamento e di organizzazione, e soprattutto istruzioni; ii) funzioni esecutive delle deliberazioni del CICR.”
X: “La funzione monetaria”
Y: “In qualità di Banca centrale, la Banca d’Italia opera come: i) banca di emissione, anche se l’esercizio di tale potere è soggetto all’autorizzazione della BCE; ii) banca di Stato, a cui è affidata la gestione del servizio di tesoreria dello Stato; iii) banca delle banche, poiché essa può concedere i propri finanziamenti soltanto a imprese bancarie.”
X: “La funzione valutaria”
Y: “La Banca d’Italia è incaricata di gestire le riserve ufficiali in valuta e di raccogliere tutte le informazioni riguardanti la bilancia di pagamento e la posizione patrimoniale verso l’estero.
Le funzioni in materia di antiriciclaggio sono, però, affidate all’Unità di informazione finanziaria che le esercita in piena autonomia e indipendenza.”
X: “Il mercato dei capitali”
Y: “Oltre ai prestiti bancari, i soggetti economici possono reperire o investire risorse finanziaria nel mercato dei capitali. Quest’ultimo definisce il complesso delle transazioni tra unità in deficit e unità in surplus, in seguito alle quali si determina il prezzo di tali risorse. È possibile classificare il mercato dei capitali mediante molteplici criteri: i) in base alla scadenza delle operazioni di prestito si distingue il mercato monetario e quello del credito; ii) in base al momento della vita dello strumento finanziario si classificano il mercato primario e quello secondario; iii) in base alla natura degli strumenti finanziari si fa riferimento al mercato creditizio, al mercato mobiliare e al mercato assicurativo.”
Capitolo 7 L’offerta di moneta
X: “La base monetaria”
Y: “La base monetaria è costituita dagli strumenti finanziari utilizzabili dal sistema bancario nel suo insieme come riserva liquida e per soddisfare il vincolo di riserva obbligatoria imposto dalle autorità monetarie. I cd. canali di creazione della base monetaria sono molteplici: i) le altre banche, le quali chiedono finanziamenti alla Banca centrale; ii) il Tesoro; iii) l’estero; iv) altri settori in cui avvengono operazioni atipiche.”
X: “La riserva obbligatoria”
Y: “La riserva obbligatorio impone alle Banche di depositare una percentuale delle proprie passività presso la Banca centrale, al fine di: i) tutelare i risparmiatori; ii) controllare la quantità di moneta; iii) ammortizzare la liquidità sul mercato monetario.”
X: “Il moltiplicatore dei depositi e il moltiplicatore monetario”
Y: “Il moltiplicatore dei depositi esprime la capacità delle banche di favorire, nel momento in cui concedono prestiti, l’aumento dei depositi e creare in questo modo nuova moneta bancaria. Pertanto, l’ammontare dei depositi (DB) è pari al prodotto della base monetaria (BM) e del moltiplicatore monetario (m) secondo la formula DB = m ∙ BM.
A sua volta, il moltiplicatore monetario è pari all’inverso del coefficiente di riserva obbligatoria (1/k). In realtà, poiché le banche trattengono una scorta di liquidità per ogni nuovo deposito, il valore del moltiplicatore dei depositi risulterà essere pari a 1/(k+a+b), dove a è la quantità di base monetaria trattenuta del pubblico e b quella trattenuta dalle banche.”
X: “L’offerta di moneta”
Y: “L’offerta di moneta è determinata da numerosi fattori: alcuni sono stabiliti dalle autorità monetarie e risultano direttamente controllabili (ad es. coefficiente di riserva obbligatoria); altri dipendono, invece, dal comportamento degli operatori, che le autorità monetarie possono indirettamente influenzare. Gli economisti neoclassici e i monetaristi ritengono che l’offerta di moneta sia una variabile esogena, unicamente decisa dalle autorità monetarie e non correlata alla domanda di moneta da parte degli operatori economici. Keynes, invece, sostiene che l’offerta di moneta sia una variabile endogena, poiché essa influenza anche attività reali quali il livello degli investimenti.”
X: “L’equilibrio monetario”
Y: “Secondo la teoria della preferenza per la liquidità di Keynes, esiste un valore del tasso di interesse che consente di equilibrare la domanda e l’offerta di moneta. Se il livello del tasso d’interesse è inferiore al livello di equilibrio, si ricade nella situazione definita da Keynes come trappola della liquidità: gli operatori economici, prospettando un futuro aumento del saggio d’interesse, preferiranno detenere moneta in forma liquida piuttosto che investirla.”
Capitolo 8 La «sintesi neoclassica» e il «modello IS-LM»
X: “La «sintesi neoclassica» del pensiero di Keynes”
Y: “Secondo la teoria neoclassica, il mercato è sempre in grado di autoregolarsi e pervenire a un livello del tasso di interesse che assicura l’uguaglianza fra investimenti e risparmi.”
Secondo Keynes, invece, poiché gli investimenti dipendono dal tasso di interesse mentre il risparmio è funzione del reddito, l’equilibrio a cui giunge il mercato si caratterizza per la presenza di sottoccupazione. Successivamente alla pubblicazione delle idee di Keynes, cominciò tuttavia il tentativo di integrare lo schema economico neoclassico con le novità introdotte dal pensiero keynesiano: il risultato più emblematico è stata l’elaborazione del modello IS-LM.
X: “L’equilibrio nel mercato dei beni (la curva IS)”
Y: “La curva Investment-Saving (IS) è il luogo geometrico dei punti, rappresentanti altrettante combinazioni di reddito e tasso d’interesse, che assicurano l’uguaglianza degli investimenti e dei risparmi, dunque l’equilibrio del mercato dei beni. La curva IS ha inclinazione negativa, poiché un aumento della domanda aggregata può essere ottenuto soltanto con una riduzione del saggio d’interesse; essa, inoltre, è tanto più inclinata quanto più gli investimenti sono sensibili al tasso di interesse.”
X: “L’equilibrio nel mercato della moneta (la curva LM)”
Y: “La curva Liquidity-Money (LM) è il luogo geometrico dei punti, rappresentanti altrettante combinazioni di reddito e tasso d’interesse, che assicurano l’uguaglianza tra domanda e offerta di moneta, dunque l’equilibrio del mercato della moneta. La curva LM ha un’inclinazione positiva, poiché un aumento del tasso d’interesse determina un incremento anche della domanda di moneta a fini speculativi.”
X: “L’equilibrio del sistema economico (il modello IS-LM)”
Y: “Il modello IS-LM individua la combinazione di reddito e tasso d’interesse che assicura il contemporaneo equilibrio del mercato dei beni (dunque di investimenti e risparmi) e del mercato della moneta (dunque di domanda e offerta di moneta). La novità più importante di tale modello è la rottura con la cd. dicotomia classica, in base alla quale i fenomeni monetari non hanno alcuna influenza sulle attività reali. Inoltre, il modello IS-LM costituisce un valido strumento per rappresentare graficamente gli effetti delle manovre di politica fiscale e monetaria.”
Capitolo 9 Il modello di domanda e offerta aggregate
X: “La relazione tra prezzi e produzione”
Y: “Il modello di domanda e offerta aggregata consente di analizzare le relazioni esistenti tra il livello della produzione (o reddito di equilibrio) e il livello dei prezzi: esso si basa sull’assunto che i prezzi non sonno fissi bensì variabili, dunque una variabile endogena.
Accanto alla crescita economica, infatti, anche l’occupazione e la stabilità dei prezzi costituiscono i principali obiettivi della politica economica.”
X: “La curva di domanda aggregata o macroeconomica”
Y: “La curva di domanda aggregata (AD) esprime la quantità complessiva di prodotto (spesa complessiva) che gli operatori economici desiderano comprare in corrispondenza di diversi livelli di prezzo.
La curva AD ha inclinazione negativa perché a livelli più alti dei prezzi corrispondono livelli più bassi di reddito reale, e viceversa. Gli spostamenti della curva AD possono essere dovuti alle scelte di politica economica oppure a fattori esterni (ad es.: progresso tecnico, eventi politici favorevoli ecc.).”
X: “La curva di offerta aggregata e l’equilibrio macroeconomico”
Y: “La curva di offerta aggregata (AS) esprime la quantità complessiva di prodotto (beni e servizi) che le imprese sono disposte a produrre e immettere nel mercato in corrispondenza di diversi livelli di prezzo. La curva AS ha inclinazione positiva perché a livelli più alti dei prezzi corrispondono valori maggiori di reddito reale, e viceversa. Gli spostamenti della curva AS possono essere dovuti, nel breve periodo, a variazioni della capacità produttiva dei singoli fattori o del loro prezzo, mentre nel breve periodo sono ricollegabili a innovazioni tecnologiche o a variazioni della disponibilità dei fattori produttivi.”
Capitolo 10 La disoccupazione e l’inflazione
X: “Il mercato del lavoro: le teorie sulla determinazione del salario”
Y: “Per approfondire nel dettaglio le molteplici teorie economiche riguardanti la determinazione del salario, digita il titolo dei corrispondenti sottoparagrafi del manuale.”
X: “Teoria classica”
Y: “Secondo gli economisti classici il livello dei salari deve consentire di soddisfare i bisogni più urgenti del lavoratore e della sua famiglia. Il livello minimo di sussistenza, come ha riconosciuto David Ricardo, è un concetto che varia non soltanto in base al Paese di riferimento ma anche in relazione al periodo storico.”
X: “Teoria marxista”
Y: “Anche secondo Marx il livello del salario è corrispondente al minimo di sussistenza, da intendersi in senso sociale in quanto influenzato dalle condizioni storiche e dall’operato dei sindacati. Il processo di innovazione tecnologica e la crescente automazione del lavoro, tuttavia, fanno aumentare la quota di capitale costante che l’impresa utilizza per i macchinari; di conseguenza, si riduce la quota di capitale variabile, con conseguenza diminuzione del livello di domanda da parte delle imprese. Tale meccanismo crea, secondo Marx, le condizioni affinché il crescente esercito di disoccupati accetti di lavorare per un salario progressivamente più basso, annullando il potere contrattuale dei sindacati
X: “La teoria del fondo dei salari”
Y: “La suddetta teoria si concentra maggiormente sull’analisi della domanda di lavoro. Il salario viene calcolato dividendo la quota di capitale disponibile per assumere i lavoratori (ossia il fondo salari) per il numero di persone in cerca di occupazione: in questo modo si determina un tasso naturale di piena occupazione.”
X: “Teoria neoclassica”
Y: “La teoria neoclassica sostiene che il salario dipende dalla produttività del lavoro ed è determinato in base al livello dell’offerta e della domanda di lavoro.
L’offerta di lavoro definisce la quantità di ore-lavoro che, in un dato momento e in cambio di un determinato salario, i lavoratori sono disposti a prestare alle imprese. La domanda di lavoro è, invece, il numero di lavoratori che le imprese richiedono in un dato momento e in cambio di un determinato salario.”
X: “La teoria keynesiana”
Y: “Keynes critica le ipotesi neoclassiche sul funzionamento del mercato del lavoro, in particolare quelle inerenti all’offerta del lavoro. L’economista inglese non accetta, infatti, l’idea di una piena flessibilità dei salari alla quale contrappone la sua teoria della rigidità verso il basso anche in presenza di disoccupazione.”
X: “Le teorie che spiegano la rigidità dei salari”
Y: “La teoria dei contratti impliciti ritiene che i lavoratori accettano di lavorare per un salario più basso del livello del mercato anche quando la situazione economica è favorevole; in cambio, le imprese si impegnano a mantenere inalterato il salario anche durante periodi sfavorevoli. La teoria dello shrinking e la teoria dei salari di efficienza ritengono che una diminuzione del salario si ripercuota negativamente sulla motivazione e sulla produttività del lavoratore. Secondo il modello insider-outsider, invece, i salari sono rigidi poiché i lavoratori con più esperienza (insider) sono restii a una diminuzione del loro salario a favore dell’assunzione di lavoratori senza esperienza (insider)”
X: “Caratteristiche del mercato del lavoro”
Y: “Il mercato del lavoro è il luogo in cui si incontrano tutti coloro che sono in cerca di un’occupazione (domanda di lavoro) e gli imprenditori che hanno bisogno di manodopera (offerta di lavoro). La remunerazione del fattore produttivo lavoro è il salario, il cui prezzo viene stabilito attraverso la contrattazione tra rappresentanti di associazione degli imprenditori e dei lavoratori: per quest’ultima ragione, il mercato del lavoro viene spesso assimilato a un monopolio bilaterale. Il mercato del lavoro si caratterizza, infine, per un’elevata segmentazione delle professioni (cui corrisponde una differenza salariale) e una variabilità delle dimensioni (in base alla singola qualifica e al livello territoriale).”
X: “La domanda e l’offerta di lavoro”
Y: “La domanda di lavoro è funzione inversa del salario: quando il livello della retribuzione aumenta, le imprese sono meno propense ad assumere nuovi lavoratori. Graficamente, la relativa retta (o curva) ha un andamento decrescente da sinistra verso destra. L’offerta di lavoro viene rappresentata in maniera diversa dalle teorie economiche: i) secondo i neoclassici, la relativa retta (o curva) ha un andamento crescente poiché è funzione diretta del livello di salario; ii) secondo Keynes, invece, la rigidità dei salari verso il basso fa sì che la curva sia caratterizzata da un tratto costante, in corrispondenza del salario minimo accettato dai lavoratori; superato questo limite, la curva incomincia a crescere.”
X: “La disoccupazione”
Y: “I dati sulla disoccupazione sono monitorati dall’ISTAT attraverso una rilevazione campionaria continua. I soggetti cui viene somministrato il questionario sono distinti in occupati, persone in cerca di occupazione e inattivi. Un primo indicatore cui si fa riferimento è il tasso di attività, che mette in rapporto la forza lavoro e il totale della popolazione in età lavorativa (oltre i 15 anni di età). Il tasso di disoccupazione si calcola, invece, rapportando il numero di coloro che sono senza lavoro (ma lo stanno attivamente cercando) e il totale della forza lavoro. Il fenomeno della disoccupazione può essere colto appieno, inoltre, studiando i flussi in entrata e in uscita dalla disoccupazione e la durata di quest’ultima”
X: “L’interpretazione economica della disoccupazione”
Y: “La teoria economica distingue fra: i) disoccupazione frizionale, che si crea in seguito a squilibri momentanei tra i flussi in entrata e in uscita dal mercato del lavoro; ii) disoccupazione ciclica (o congiunturale), anch’essa di breve durata ma ricollegabile a fasi di recessione economica; iii) disoccupazione strutturale, causata da squilibri permanenti tra domanda e offerta di lavoro. Si classifica inoltre: i) disoccupazione volontaria, se un individuo è disposto a lavorare unicamente per un salario superiore a quello corrisposto dal mercato; ii) disoccupazione involontaria, se un individuo non trova lavoro poiché le imprese hanno già soddisfatto la propria domanda.”
X: “L’inflazione: definizione e misura”
Y: “L’inflazione descrive un aumento persistente del livello generale dei prezzi, con conseguente perdita di potere d’acquisto della moneta. Il tasso di inflazione misura l’aumento percentuale del livello dei prezzi in un dato momento. Com’è possibile misurare, a sua volta, il livello dei prezzi? L’ISTAT ricorre ai numeri indici (ad es. deflatore del PIL). In base all’intensità, l’inflazione può essere: i) strisciante, quando ha un andamento costante e contenuto; ii) galoppante, se caratterizzato da un aumento progressivo e difficilmente controllabile dei prezzi, fino al 15-20% annuo; iii) iperinflazione, quando la crescita è talmente rapida ed elevata da far crollare il valore della moneta.”
X: “Gli effetti dell’inflazione”
Y: “Gli effetti dell’inflazione sono essenzialmente tre: i) distribuzione del reddito, poiché i lavoratori avranno meno potere d’acquisto, mentre chi percepisce un reddito variabile (ad es. imprenditori), sarà inizialmente avvantaggiato dal rincaro dei prezzi; ii) volume degli investimenti, in quanto l’aumento dei prezzi produce, indirettamente, un rialzo dei tassi d’interesse e scoraggia, dunque, gli investimenti; iii) rapporti commerciali internazionali, poiché l’aumento dei prezzi in un certo Paese, se è superiore a quello registrato in un altro Paese, provoca un aumento delle importazioni e una diminuzione delle esportazioni.”
X: “Le cause: inflazione da domanda e da costi”
Y: “In base alle cause, è possibile distinguere l’inflazione: i) da costi (cost-push), quando è determinata dall’aumento dei costi di produzione; ii) da domanda (demand-pull), quando è conseguente all’aumento di una o più componenti della domanda aggregata cui non si può rispondere con un aumento dell’offerta aggregata (perché la capacità produttiva è totalmente sfruttata).
Un caso particolare è quello della stagflazione, che si verifica quando sono presenti contemporaneamente un aumento generalizzato e persistente del livello dei prezzi (inflazione) e la stagnazione economica.”
X: “Il controllo dell’inflazione”
Y: “Per combattere l’inflazione si è soliti ricorrere a una politica fiscale restrittiva (aumento delle imposte o riduzione della spesa pubblica) o una politica monetaria restrittiva (diminuzione dell’offerta di moneta). Si può anche attuare una cd. politica dei redditi mediante: i) blocco dei prezzi e dei salari; ii) patto sociale, favorendo la conclusione di un accordo fra sindacati dei lavoratori e associazioni imprenditoriali in base a cui i primi si impegnano a limitare le rivendicazioni salariali, mentre i secondi a contenere i margini di profitto; iii) tax incentive plans, che consiste nel tassare di più le imprese che concedono eccessivi aumenti salariali e, viceversa, concedere più contributi a quelle che li limitano”
X: “La relazione tra inflazione e disoccupazione: la curva di Phillips”
Y: “La curva di Philips ha un andamento decrescente ed esprime la relazione inversa tra i tassi di variazione dei salari monetari (dunque, in senso lato, dei prezzi) e il livello percentuale di disoccupazione. Fu costruita sulla base di una ricerca empirica condotta dall’economista inglese A.W. Philips. Gli eventi successivi non confermarono tale ipotesi, poiché in molti Paesi si verificarono allo stesso tempo elevati tassi di disoccupazione e di inflazione (cd. stagflazione). La scuola monetarista giunse allora alla conclusione che: i) nel breve periodo la curva di Philips ha un andamento decrescente; ii) nel lungo periodo, invece, ha la forma di una retta verticale in corrispondenza del tasso naturale di disoccupazione.”
Capitolo 11 La politica economica: politica di bilancio e politica monetaria
X: “La politica economica”
Y: “La politica economica definisce l’insieme degli strumenti tramite i quali lo Stato interviene nel sistema economico sia a livello micro (ad es. per tutelare la concorrenza) sia a livello macro (ad es. per accrescere il PIL). In base agli strumenti adoperati, si distinguono la politica di bilancio e la politica monetaria. Comuni a entrambi i tipi di politica economica sono gli obiettivi: i) crescita del prodotto nazionale; ii) piena occupazione delle forze di lavoro; iii) equa distribuzione del reddito; iv) stabilità del livello dei prezzi.”
X: “La politica di bilancio e i suoi strumenti”
Y: “La politica fiscale (o di bilancio) definisce l’insieme di interventi il cui obiettivo è influenzare direttamente il livello della domanda aggregata, e quindi del reddito e dell’occupazione, attraverso la variazione della spesa pubblica (consumi, investimenti e trasferimenti) e delle entrate fiscali (imposte dirette e indirette, tasse). Può essere espansiva se volta ad accrescere la domanda aggregata e il reddito nazionale, restrittiva se finalizzati a ridurli. La politica fiscale può essere finanziata mediante: i) emissione di carta moneta; ii) aumento della tassazione; iii) finanziamento del deficit.”
X: “La spesa pubblica nella teoria keynesiana”
Y: “Secondo Keynes, in presenza di una condizione di sottoccupazione delle risorse produttive, occorre che lo Stato intervenga aumentando la spesa pubblica: attraverso l’effetto del moltiplicatore dei consumi, infatti, la manovra statale fa crescere il livello del reddito nazionale e, di conseguenza, dei consumi da parte di famiglie e imprese. L’aumento dei consumi stimola, a sua volta, la produzione delle imprese le quali effettueranno anche nuovi investimenti e assumeranno nuove unità lavorative facendo diminuire il tasso di disoccupazione.”
X: “Il finanziamento della spesa pubblica”
Y: “La spesa pubblica dello Stato può essere finanziata mediante: i) aumento del prelievo fiscale, che tuttavia farà abbassare la domanda aggregata poiché le famiglie avranno meno reddito disponibile da destinare al consumo; ii) emissione dei titoli di Stato, il cui ammontare definisce il debito pubblico. Secondo alcuni economisti, l’emissione di debito pubblico equivale a rimandare nel futuro l’aumento della tassazione poiché lo Stato sarà chiamato, prima o poi, a saldare il suo debito.”
X: “I limiti delle politiche di bilancio”
Y: “Secondo gli economisti neoclassici e monetaristi, gli interventi di politica fiscale presentano molteplici limiti. Tra questi spicca il cd. crowding out (o effetto spiazzamento): l’aumento della spesa pubblica, finanziato attraverso il prelievo fiscale o l’emissione di titoli di debito pubblico, determina infatti distorsioni sulla domanda privata riducendo gli investimenti delle imprese. In questo modo si attenuano gli effetti positivi della maggiore spesa pubblica sul reddito.”
X: “Gli obiettivi della politica monetaria”
Y: “La politica monetaria include tutti quegli interventi il cui obiettivo è influenzare indirettamente il livello della domanda aggregata per raggiungere i seguenti obiettivi, spesso ugualmente desiderabili ma fra loro contrastanti. Tra questi rientrano: i) crescita dell’attività economica e contenimento delle sue fluttuazioni; ii) stabilità monetaria; iii) equilibrio nei conti con l’estero; iv) crescita del capitale reale.”
X: “Gli strumenti della politica monetaria”
Y: “Le autorità monetarie possono influenzare il sistema economico attraverso variazioni dell’offerta di moneta oppure dei tassi d’interesse. Si parla di politica monetaria espansiva se essa mira ad accrescere l’offerta di moneta oppure ad abbassare il livello dei tassi d’interesse; in caso contrario si parla di politica monetaria restrittiva. Le autorità monetarie possono variare la quantità di moneta attraverso: i) emissione di nuova monta legale; ii) operazioni di mercato aperto (compravendita dei titoli di debito); iii) variazione del coefficiente di riserva obbligatoria. Per modificare i tassi di interesse la Banca centrale può, invece, variare il tasso sulle anticipazioni oppure il tasso sui depositi.”
X: “I meccanismi di trasmissione della politica monetaria”
Y: “Mentre la politica di bilancio agisce direttamente sulle domanda aggregata grazie alle variazioni della spesa pubblica, la politica monetaria persegue il medesimo obiettivo in forma indiretta, agendo sul tasso d’interesse e sugli investimenti privati.”
Capitolo 12 Le teorie sul commercio internazionale
X: “Mercato interno e mercato internazionale”
Y: “Lo scambio di beni e servizi può avvenire sia sul mercato interno (o nazionale) sia tra operatori che appartengono a Paesi differenti. Il mercato interno è caratterizzato da un’elevata mobilità dei fattori produttivi; viceversa, nel mercato estero si assiste a una prevalente immobilità dei fattori produttivi, in modo particolare del lavoro e del capitale. ”
X: “La teoria dei costi comparati”
Y: “Partendo dall’ipotesi di assoluta immobilità dei fattori produttivi, David Ricardo sostiene che ciascun Paese si specializzerà nella produzione di quei beni dove registra un vantaggio assoluto rispetto agli altri Stati, in termini di quantità di merci prodotte a parità di ore lavorative.”
X: “Altre teorie sul commercio internazionale”
Y: “Secondo gli economisti svedesi Heckscher e Ohlin ciascun Paese esporta quei beni la cui produzione richiede l’utilizzo di un fattore produttivo di cui esso abbonda: in questo modo potrà venderli a prezzi più bassi sul mercato; allo stesso modo, importerà dall’estero quei prodotti che non trova conveniente realizzare a livello nazionale.
In base alla teoria del gap tecnologico di Posner, il vantaggio comparato di cui godono i diversi Paesi nel commercio internazionale è legato alla loro capacità di innovare il mercato e di instaurare, dunque, monopoli temporanei; a tal proposito, i Paesi si distinguerebbero in innovatori e imitatori.”
X: “La teoria del ciclo di vita internazionale del prodotto”
Y: “Elaborata dall’economista Raymond Vernon, tale teoria mette al centro della sua analisi il ruolo preminente della tecnologia nello sviluppo di un prodotto innovativo e la sua influenza nel determinare le tendenze del commercio internazionale. Secondo tale modello, il ciclo di vita di un prodotto si articola nelle seguenti fasi: i) novità; ii) fase introduttiva; iii) fase di sviluppo; iv) fase di maturità; v) fase del declino.”
X: “Protezionismo e libero scambio”
Y: “La teoria del libero scambio è solitamente associata al nome di Adam Smith e sostiene che i governi dovrebbero astenersi dall’istituire barriere economiche e politiche al commercio di beni e servizi tra nazioni.
Il protezionismo, viceversa, è una corrente di pensiero secondo la quale lo Stato deve tutelare le industrie nazionali dalla concorrenza straniera ricorrendo a strumenti quali l’imposizione di dazi doganali, il contingentamento delle importazioni o l’istituzione di sussidi governativi alle imprese nazionali.”
Capitolo 13 I pagamenti internazionali e i cambi esteri
X: “La bilancia dei pagamenti”
Y: “La bilancia dei pagamenti è il documento contabile nel quale sono esposte tutte le transazioni effettuate dagli operatori residenti in un Paese con il Resto del mondo. Essa si compone di tre sezioni: i) conto corrente, nel quale vengono registrate le operazioni riguardanti scambi di merci, servizi e redditi; ii) conto capitale, dove trovano collocazione i movimenti di capitale e l’acquisizione/cessione di attività non finanziarie non prodotte (ad es.: brevetti, licenze, contratti di leasing ecc.); iii) conto finanziario, nel quale si registrano i movimenti di capitale. Dal punto di vista contabile, la bilancia dei pagamenti è sempre in equilibrio, ossia con un saldo pari a zero.”
X: “Il mercato valutario e il cambio”
Y: “Si definisce cambio la quantità di moneta nazionale che bisogna cedere per ottenere una determinata quantità di valuta estera. Il rapporto tra le due monete si definisce tasso di cambio, il cui valore viene stabilito all’interno del mercato valutario, ossia il luogo dove si incontrano domanda e offerta di moneta nazionale.
L’andamento del tasso di cambio di una moneta è strettamente legato alla bilancia dei pagamenti, poiché gli squilibri economici nelle operazioni con l’estero si riflettono sul mercato valutario, secondo modalità che variano in base al fatto che gli scambi commerciali avvengano in regime di cambi fissi o flessibili”
X: “I cambi fissi”
Y: “In un regime di cambi fissi le valute nazionali di due o più Paesi vengono scambiate sulla base di parità monetarie prestabilite, o comunque oscillanti entro limiti molto ristretti. In caso di squilibri nella bilancia dei pagamenti, le autorità monetarie intervengono variando le proprie riserve di valuta: i) in caso di deficit, esse vendono valuta estera in cambio di valuta nazionale; ii) in caso di surplus, esse acquistano valuta estera (oppure oro) in cambio di valuta nazionale. Spesso le autorità monetarie sono state costrette a operare rivalutazioni e svalutazioni del tasso di cambio nazionale, rispettivamente, aumentandolo o diminuendolo. Dal 1973 il sistema dei cambi fissi è stato abbandonato a livello internazionale.”
X: “I cambi flessibili”
Y: “In un sistema di cambi flessibili, il rapporto di cambio tra due o più valute nazionali è determinato esclusivamente dal livello di domanda e offerta nel mercato valutario, senza l’imposizione di parità monetarie prestabilite. In caso di squilibri economici nella bilancia dei pagamenti, si determina unicamente un apprezzamento (ossia un aumento) o deprezzamento (cioè una diminuzione) del tasso di cambio della valuta nazionale, senza alcun effetto sulle riserve di valuta estera.”
X: “I cambi amministrati”
Y: “Si tratta di un particolare regime di cambio nel quale le autorità monetarie intervengono sul mercato valutario per influenzare e controllare il tasso di cambio. Vengono spesso concordate bande di fluttuazione entro le quali far oscillare il tasso di cambio della propria valuta.”
X: “Dal Sistema Monetario Europeo (SME) all’euro”
Y: “Dopo il fallimento del gold exchange standard nel 1971, i Paesi europei istituirono un sistema di cambi semifissi (cd. serpente monetario) per limitare le fluttuazioni instabili dei tassi cambi delle valute europee. Tale sistema restò in vigore fino al 1979, quando venne istituito il Sistema monetario europeo (SME): la principale novità era rappresentata dall’unità di conto europea (ECU), ossia un paniere di monete della CEE ciascuna con un proprio peso a seconda della forza economica del rispettivo Paese. A sua volta, l’esperienza dello SME è terminata con l’introduzione dell’euro a partire dal 1° gennaio 1999.”
X: “La politica valutaria come strumento di regolazione degli scambi internazionali”
Y: “Gli Stati cercando di tenere sotto controllo il tasso di cambio della propria valuta poiché esso, rendendo più o meno convenienti le importazioni o le esportazioni, influenza il saldo della bilancia dei pagamenti. Due sono le situazioni che possono verificarsi: i) importazioni > esportazioni (deficit della bilancia dei pagamenti). Si determina in questo caso una diminuzione del tasso di cambio che, contribuendo a rendere più convenienti le esportazioni, riequilibra la bilancia; ii) importazioni < esportazioni (surplus della bilancia dei pagamenti). Si verifica in questo caso un aumento del tasso di cambio che, incoraggiando le importazioni e scoraggiando le esportazioni, riporta la bilancia dei pagamenti in equilibrio.
X: “Un’estensione del modello IS-LM nel caso di un’economia aperta”
Y: “In un sistema economico aperto, il modello IS-LM va integrato con la rappresentazione della curva BP, la quale esprime le possibili combinazioni di tasso d’interesse e reddito per cui la bilancia dei pagamenti è in equilibrio. Essa si rappresenta come una retta con andamento crescente da sinistra verso destra.
L’introduzione della bilancia dei pagamenti (dunque dell’equilibrio con l’estero) condiziona gli interventi di politica economica che gli Stati possono attuare, anche a seconda del regime di cambio in cui si svolgono le transazioni internazionali.”
X: “La politica economica in un regime di cambi fissi”
Y: “In un sistema economico aperto, gli interventi di politica economica degli Stati devono porsi come obiettivo, nel lungo periodo, il mantenimento dell’equilibrio della bilancia dei pagamenti e la piena occupazione delle risorse produttive. Ipotizzando di trovarci in un regime di cambi fissi, gli obiettivi sopradetti potrebbero essere raggiunti mediante l’attuazione di una politica fiscale espansiva e una politica monetaria restrittiva. Tale ricetta economica, tuttavia, non sempre garantisce il risultato voluto in quanto: i) la politica monetaria produce i suoi effetti più rapidamente rispetto alla politica fiscale; ii) gli interventi di politica monetaria modificano la composizione della bilancia dei pagamenti.”
X: “La politica economica in un regime di cambi flessibili”
Y: “In un sistema economico aperto caratterizzato da un regime di cambi flessibili, l’equilibrio della bilancia dei pagamenti è condizionato dalla competitività dell’economia nazionale. Se i Paesi non intervengono in alcun modo e lasciano il tasso di cambio libero di fluttuare, la curva BP sarà per definizione in equilibrio. Se gli Stati attuano interventi di politica economica, invece, soltanto la politica monetaria risulta avere efficacia: ad esempio, un aumento dell’offerta di moneta, con conseguente abbassamento dei tassi d’interesse interni, determina una riduzione del tasso di cambio. Ciò aumenta la competitività dell’economia nazionale facendo crescere le esportazioni e, dunque, il livello della produzione.”
Capitolo 14 Il ciclo economico e la crescita
X: “Le fasi del ciclo economico”
Y: “L’economia di un Paese vive fasi alterne di espansione e rallentamento, ragion per cui si parla di ciclo economico. Quest’ultimo si compone, a sua volta, di più fasi: i) fase di espansione, durante la quale si verifica un aumento continuo della produttività globale; ii) fase di crisi, con cui ha inizio il regresso; iii) fase di contrazione (o recessione), caratterizzata da una sempre più accentuata diminuzione della produzione; iv) fase di ripresa.
L’andamento del ciclo economico può essere colto adottando come parametro di riferimento il livello di PIL di un Paese.”
X: “Le teorie sul ciclo economico”
Y: “Ci limitiamo qui a riportare le principali teorie sul ciclo economico: i) i classici e i neoclassici, seguendo la legge di Say, imputano le fluttuazioni cicliche a fattori esogeni, quale l’intervento dei Governi nella sfera economica; ii) la teoria keynesiana ritiene che l’andamento del ciclo economico sia condizionato dagli investimenti; iii) i monetaristi imputano tale ciclicità a fattori esogeni, in particolari a shock della domanda aggregata; iv) Schumpeter imputa le fluttuazioni cicliche all’introduzione di nuove tecnologie; v) Samuelson spiega tal fenomeno ricorrendo al modello moltiplicatore-acceleratore; vi) la teoria del ciclo economico elettorale ritiene, infine, che i politici al governo utilizzano la politica monetaria e quella fiscale a proprio vantaggio per farsi rieleggere”
X: “Gli stabilizzatori automatici”
Y: “Ogniqualvolta si verifica una fase espansiva o depressiva dell’attività economica, ogni Governo mette in campo dei meccanismi naturali di difesa, detti stabilizzatori automatici del ciclo economico. Tra essi rientrano: i) i prelievi fiscali, sia diretti sia indiretti; ii) i sussidi di disoccupazione; iii) la previdenza sociale obbligatoria.”
X: “La crescita economica”
Y: “L’aumento del Prodotto Interno Lordo può essere determinato essenzialmente da una maggiore disponibilità di fattori produttivi (risorse umane, capitale e risorse naturali) oppure da un progresso tecnico.”