Capitolo 1 – Nozione e fonti del diritto del lavoro

Il diritto del lavoro”

Nozione, oggetto e finalità”

Il diritto del lavoro è un insieme di norme che regolano il rapporto di lavoro, tutelando non solo l’interesse economico, ma anche la libertà, la dignità e la personalità del lavoratore. L’oggetto scientifico della materia è la disciplina dei rapporti di lavoro e delle relazioni giuridiche tra datore di lavoro e lavoratore.”.

Partizioni”

Tradizionalmente si suole ripartire il diritto del lavoro in: diritto del lavoro in senso stretto, o diritto privato del lavoro, che comprende la materia oggetto del contratto e del rapporto di lavoro; legislazione sociale, o diritto pubblico del lavoro, ossia il complesso delle norme che regolano i rapporti tra lo Stato, i datori e i prestatori di lavoro; diritto sindacale, che concerne la materia dei rapporti sindacali, la contrattazione collettiva e l’autotutela sindacale.”.

Le principali fonti del diritto del lavoro”

Le fonti statuali”

Sono fonti statuali del diritto del lavoro: la Costituzione, il Codice civile e la legislazione ordinaria.”.

Le fonti regionali”

La competenza legislativa in materia di lavoro spetta anche alle Regioni. In particolare, è riconosciuta la competenza concorrente per quanto riguarda la tutela e la sicurezza del lavoro, la tutela della salute e la previdenza complementare e integrativa. La competenza esclusiva, invece, spetta alle regioni in tutte le materie non riservate alla legge statale o alla legislazione concorrente.”

Fonti contrattuali (individuali e sindacali)”

Le fonti contrattuali includono i contratti collettivi e individuali di lavoro. Nella contrattazione collettiva, i lavoratori e i datori di lavoro sono rappresentati dalle rispettive associazioni di categoria (sindacati e associazioni datoriali), mentre nel contratto individuale di lavoro l’accordo viene raggiunto direttamente tra il singolo datore di lavoro e il singolo prestatore di lavoro”.

Capitolo 2 – Il lavoro subordinato, autonomo, parasubordinato e altre forme di lavoro

Il lavoro subordinato”

Il criterio identificativo del codice civile: la subordinazione tecnico-funzionale”.

In base all’articolo 2094 del codice civile, il lavoratore subordinato è colui che si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore. Il criterio maggioritario di identificazione della subordinazione fa riferimento al carattere dell’eterodeterminazione della prestazione, nel senso che il lavoratore subordinato esegue la prestazione dedotta in contratto secondo ordini, direttive e impostazioni impartite dal datore di lavoro o dai suoi collaboratori gerarchici.”.

Il criterio della subordinazione «in senso stretto»”

La subordinazione in senso stretto consiste nell’estraneità del lavoratore subordinato sia dall’organizzazione produttiva in cui svolge la sua prestazione sia dal risultato dell’attività stessa.”.

I soggetti del rapporto di lavoro subordinato”

Per la sintesi di questo argomento, scrivi i titoli dei sottoparagrafi del tuo manuale”.

Datore di lavoro e prestatore di lavoro subordinato”

Il datore di lavoro è il soggetto che fa eseguire ad altri un lavoro alle proprie dipendenze e sotto le proprie direttive. Contropartita del lavoro svolgo è la retribuzione. Lavoratore subordinato, invece, è chi si obbliga, dietro corrispettivo, a prestare il proprio lavoro, sia esso intellettuale o manuale, alle dipendenze e sotto la direzione dell’imprenditore.”

La capacità giuridica e d’agire del datore di lavoro e del lavoratore”

La capacità giuridica consiste nell’attitudine giuridicamente riconosciuta ad essere titolare di diritti e obblighi e costituisce il necessario presupposto del contratto, ai fini della valida costituzione del rapporto di lavoro. Il datore di lavoro acquista la capacità giuridica con la nascita, o con il riconoscimento della personalità giuridica se si tratta di persona giuridica. Il lavoratore, invece, può accedere al lavoro al compimento dei 16 anni, salvo eccezioni previste dalla legge. Nel diritto del lavoro la capacità di agire designa la capacità di stipulare il contratto di lavoro e di esercitare i diritti e le azioni che ne discendono. Il datore di lavoro acquista la capacità d’agire al compimento dei 18 anni; secondo la dottrina prevalente il lavoratore, invece, acquista la capacità d’agire a 16 anni e quindi a questa età può stipulare il contratto di lavoro senza l’assistenza dei genitori o del rappresentante legale.”.

Il lavoro autonomo”

Per la sintesi di questo argomento, scrivi i titoli dei sottoparagrafi del tuo manuale 😊”.

Caratteristiche generali e ambito di operatività”

Il lavoro autonomo consiste nel compimento di un’opera o di un servizio, con lavoro prevalentemente proprio, che il lavoratore svolge senza vincolo di subordinazione, verso un corrispettivo, nei confronti del committente”.

Il Jobs Act del lavoro autonomo”

Il Jobs Act del lavoro autonomo, cioè la legge 81 del 2017, ha introdotto nel nostro ordinamento un complesso di disposizioni dirette ad ampliare le tutele dei rapporti di lavoro autonomo. Ad esempio, si è previsto che la gravidanza, la malattia e l’infortunio dei lavoratori autonomi, che prestano la loro attività in via continuativa, non comportano l’estinzione del rapporto di lavoro che, su richiesta del lavoratore, rimane sospeso, senza diritto al corrispettivo, per un periodo non superiore a 150 giorni per anno solare, salvo che venga meno l’interesse del committente”.

Il lavoro agile”

Caratteristiche e disciplina”

Il lavoro agile, o smartworking, è una particolare modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato, caratterizzata dalla flessibilità nel luogo e/o nell’orario di lavoro, consentendo al lavoratore di svolgere le proprie mansioni senza precisi vincoli di luogo di lavoro e di orario e con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici. L’avvio del lavoro agile deve avvenire sempre mediante accordo scritto tra le parti”.

Tutela dei lavoratori”

La tutela del lavoratore agile include la protezione della sua salute e sicurezza, la parità di trattamento economico e normativo rispetto ai lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda; la tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali, nonché il diritto alla disconnessione”.

La parasubordinazione”

In alcuni casi, il lavoro autonomo può svolgersi con caratteristiche analoghe a quelle rinvenibili nel lavoro subordinato e quando ciò accade si parla comunemente di parasubordinazione. Tale categoria, di matrice dottrinale, ha ricevuto il primo riconoscimento legislativo nell’ambito del diritto processuale civile, quando la legge 533 del 1973, nel modificare l’articolo 409 del codice di procedura civile, ha esteso l’applicazione delle disposizioni sul processo del lavoro, tra l’altro, a tutti gli altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione d’opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato”.

Le collaborazioni coordinate e continuative”

Al fine di contrastare il diffondersi di forme di collaborazione fittizie, era stato introdotto il lavoro a progetto, che costituiva una modalità operativa obbligatoria delle collaborazioni coordinate e continuative. Esse infatti non potevano essere attuate senza l’individuazione, nel contratto, di un progetto specifico, determinato dal committente e gestito autonomamente dal collaboratore. Il lavoro a progetto, tuttavia, è stato abrogato, ed è stato vietato dal 25 giugno 2015. Le co.co.co. genuine sono collaborazioni che si concretano in una prestazione di opera continuativa e prevalentemente personale, nell’ambito della quale il collaboratore, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, organizza autonomamente l’attività lavorativa. Sono fittizie le collaborazioni che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali e continuative, le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente, e sono quindi etero-organizzate. Alle co.co.co. etero-organizzate si applica, salvo eccezioni, la disciplina del lavoro subordinato, anche quando le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali”.

Il contratto misto”

Il contratto misto è caratterizzato dalla contestuale stipulazione, da parte del medesimo lavoratore con la medesima azienda, di un contratto di lavoro subordinato, a tempo parziale e indeterminato, e di un contratto di lavoro autonomo o d’opera professionale. In altri termini, in presenza dei requisiti previsti dalla legge, una stessa persona può essere assunta, contestualmente, dalla stessa azienda, con un contratto di lavoro subordinato e con un contratto di lavoro autonomo”.

Il lavoro tramite piattaforme digitali: la tutela dei cd. «riders» che svolgono prestazioni di lavoro autonomo”

Il D.Lgs. 81/2015 prevede livelli minimi di tutela per i riders autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore, attraverso piattaforme anche digitali. Questa disciplina trova, tuttavia, applicazione soltanto qualora il rapporto non presenti le caratteristiche di etero-organizzazione, la cui presenza comporta l’applicazione della disciplina del rapporto di lavoro subordinato. Tra le norme minime di tutela previste a favore dei riders vi sono quelle relative al compenso e alla copertura assicurativa obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali”.

Le prestazioni occasionali”

Disciplina”

Le prestazioni occasionali sono definite dalla legge prendendo come punto di riferimento dei limiti di compenso massimi che, nel corso di un anno civile, possono essere, rispettivamente, percepiti dai prestatori ed erogati dagli utilizzatori. La legge prevede inoltre un limite di durata della prestazione occasionale, nonché ipotesi in cui non sono consentite.

La fruizione delle prestazioni occasionali è possibile mediante un’apposita piattaforma informatica INPS a cui gli utilizzatori e i prestatori devono registrarsi per svolgere i relativi adempimenti”.

Acquisizione delle prestazioni occasionali: il libretto di famiglia (LF) e il contratto di prestazione occasionale (CPO)”

Le prestazioni occasionali possono essere acquisite attraverso due modalità: il libretto di famiglia e il contratto di prestazione occasionale. Il libretto di famiglia è destinato alle persone fisiche che non esercitano attività professionale o d’impresa e viene utilizzato per il pagamento di prestazioni come giardinaggio, assistenza domiciliare a bambini, anziani o persone con disabilità. Tutti gli altri utilizzatori per i quali non è previsto il libretto di famiglia, cioè sostanzialmente i liberi professionisti e gli imprenditori, accedono alle prestazioni di lavoro occasionali mediante il contratto di prestazione occasionale”.

Capitolo 3 – Il contratto individuale di lavoro e il lavoro a termine

Il contratto di lavoro subordinato come fonte del rapporto di lavoro”

Il contratto di lavoro subordinato è: oneroso, essendo necessaria l’esistenza di una retribuzione che è la naturale controprestazione dell’attività lavorativa; sinallagmatico, trattandosi di contratto a prestazioni corrispettive; commutativo, nel senso che la legge e i contratti collettivi stabiliscono esattamente l’entità delle prestazioni e delle controprestazioni; eterodeterminato, poiché il suo contenuto è in gran parte predeterminato dalle disposizioni di legge e dai contratti collettivi”.

I requisiti essenziali del contratto di lavoro”

I requisiti essenziali del contratto di lavoro, fondamentali per la validità dello stesso, sono l’accordo delle parti, la causa, l’oggetto e, quando richiesta a pena di nullità, la forma. La volontà espressa nell’accordo deve essere libera e priva di vizi. La forma è generalmente libera, non essendo previste particolari modalità di manifestazione del consenso. Tuttavia, in determinate ipotesi la legge espressamente prevede casi di forma vincolata. In particolare, la forma scritta del contratto di lavoro o di alcune clausole dello stesso può essere richiesta a pena di nullità o soltanto a fini probatori. La causa è considerata come la funzione economico-sociale che il contratto è diretto a realizzare e, nel contratto di lavoro, si identifica nello scambio tra lavoro e retribuzione. L’oggetto del contratto è costituito dalla prestazione di lavoro e dalla retribuzione. In sostanza esso indica il contenuto delle rispettive prestazioni, del lavoratore e del datore, e comprende tutte le attività che possono essere ricondotte nel vincolo della subordinazione”.

Gli elementi accidentali del contratto di lavoro”

Gli elementi accidentali, come il termine e la condizione, non sono necessari all’esistenza del contratto di lavoro; tuttavia, una volta inseriti nel contratto, concorrono a definirne la struttura, ne diventano parte integrante e incidono sulla sua efficacia”.

Il patto di prova”

Il patto di prova designa la clausola apposta al contratto di lavoro, con cui le parti subordinano l’assunzione definitiva all’esito positivo di un periodo di prova. La sua funzione è verificare, nell’interesse reciproco del lavoratore e del datore, l’utilità della prosecuzione del lavoro”.

Il contratto di lavoro a tempo determinato”

Funzione e disciplina del contratto di lavoro a termine”

L’apposizione di un termine finale alla durata del contratto fa sì che il rapporto di lavoro subordinato sia sottoposto ad una scadenza prestabilita; al verificarsi del termine, quindi, il rapporto di lavoro si estingue automaticamente. In ciò si sostanzia la principale differenza rispetto al lavoro subordinato a tempo indeterminato, destinato per sua natura a proseguire nel tempo, finché una delle parti non eserciti il recesso”.

Legittimità delle assunzioni a termine”

Per la legittimità delle assunzioni a termine, la legge richiede in primo luogo che, nelle imprese con organico maggiore di 5 dipendenti, sia rispettato un numero massimo di contratti a termine, ferme restando eventuali differenti previsioni della contrattazione collettiva e alcune eccezioni di legge.

È inoltre previsto l’obbligo della forma scritta del contratto, che deve riportare il termine di scadenza del rapporto. In mancanza di forma scritta, l’apposizione del termine è priva di effetto e il lavoratore si intende assunto a tempo indeterminato”.

Divieti”

Esistono divieti specifici per l’utilizzo dei contratti a termine, come ad esempio per la sostituzione di lavoratori in sciopero o presso unità produttive nelle quali sia operante una sospensione dei rapporti o una riduzione dell’orario in regime di integrazione salariale, che interessi lavoratori adibiti alle mansioni cui si riferisce il contratto a termine”.

Limite massimo di durata”

Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a 12 mesi; tuttavia, il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i 24 mesi, solo in presenza di almeno una delle causali previste dalla legge, come ad esempio la sostituzione di lavoratori. Anche la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, non può superare i 24 mesi. Superato il limite dei 24 mesi, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, è prevista la trasformazione in contratto a tempo indeterminato”.

Rinnovi e proroghe”

Il datore di lavoro può rinnovare o prorogare il contratto di lavoro liberamente nei primi 12 mesi e, successivamente, solo in presenza di una delle causali previste dalla legge.

Inoltre, sia per la proroga che per il rinnovo del contratto a termine la legge prevede a tutela del lavoratore dei limiti. Ad esempio, in caso di rinnovo, salvo eccezioni di legge, il lavoratore può essere riassunto soltanto se il datore di lavoro rispetta precisi intervalli di tempo”.

Prosecuzione del rapporto oltre la scadenza del termine”

La legge ammette brevi prosecuzioni del rapporto oltre la scadenza del termine per consentire di ultimare le attività lavorative in corso. L’attività lavorativa può proseguire fino a 30 giorni se il contratto è di durata inferiore a 6 mesi, e fino a 50 giorni se il contratto è di durata pari o superiore a 6 mesi”.

Trattamento economico e normativo dei lavoratori a termine”

I lavoratori assunti a tempo determinato devono essere considerati come ogni altro lavoratore. Il rapporto di lavoro, infatti, soggiace alle regole generali del lavoro subordinato, per cui il prestatore a termine ha diritto al trattamento economico e normativo in atto nell’impresa per i lavoratori con contratto a tempo indeterminato comparabili e in proporzione al periodo lavorato”.

Diritto di precedenza”

Per i lavoratori a tempo determinato il diritto di precedenza consiste nella possibilità di essere preferiti ad altri lavoratori nel caso in cui l’azienda proceda a nuove assunzioni a tempo indeterminato. Per il riconoscimento di questo diritto è necessario il rispetto di alcuni requisiti previsti dalla legge”.

Regime delle impugnazioni e tutele”

Nel caso di violazione della disciplina del lavoro a termine, è possibile impugnare il contratto di lavoro nel rispetto dei temini di legge”.

Il contratto a tempo indeterminato e il contratto a tutele crescenti (CATUC)”

Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”

Il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato rappresenta il modello standard di lavoro subordinato, ed è caratterizzato dalla stabilità, in quanto destinato a proseguire nel tempo, finché una delle parti non eserciti il recesso”.

Il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti (CATUC)”

Il CATUC è un normale contratto di lavoro subordinato che ha come peculiarità un diverso regime di tutela in materia di licenziamenti illegittimi per i lavoratori assunti dal 7-3-2015”.

L’invalidità del contratto (art. 2126 c.c.”)

La nullità o l’annullamento del contratto di lavoro non producono effetto per il periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione. Nel caso, quindi, di un contratto di lavoro invalido (nullo o annullabile) che abbia comunque avuto esecuzione, l’articolo 2126 del codice civile fa salvi gli effetti prodotti dallo stesso per il tempo in cui ha avuto esecuzione. Tale tutela, però, non opera nel caso in cui l’invalidità del contratto deriva dall’illiceità dell’oggetto o della causa del contratto. Se, però, l’illiceità dell’oggetto o della causa deriva dalla violazione di norme che tutelano il prestatore, questi avrà diritto ugualmente alla retribuzione concordata”.

Capitolo 4 – La disciplina del mercato del lavoro

Il sistema del collocamento e la riforma in materia di servizi per l’impiego e politiche attive (D.Lgs. 150/2015)”

Il collocamento della manodopera come pubblica funzione di esclusiva competenza statale”

Il collocamento della manodopera è stata storicamente una funzione di esclusiva competenza statale, regolata da normative che assicurassero l’efficienza e l’equità nell’accesso al lavoro, al precipuo fine di promuovere l’occupazione. La disciplina originaria, dettata dalla legge 264 del 1949, è durata più di mezzo secolo, imponendo il divieto di mediazione privata oggi definitivamente eliminato”.

La deregolamentazione delle assunzioni e il decentramento amministrativo del collocamento”

A partire dal 1996, l’organizzazione del collocamento in Italia ha subito un lungo processo di riforma che ha portato a una deregolamentazione delle assunzioni, introducendo una disciplina meno vincolante che, tra l’altro, si basa sul meccanismo dell’assunzione diretta del lavoratore da parte del datore di lavoro. Tale cambiamento ha reso il mercato del lavoro più flessibile, facilitando l’incontro tra domanda e offerta di lavoro”.

La riforma dei servizi per il lavoro e delle politiche attive”

La riforma dei servizi per il lavoro e delle politiche attive è stata realizzata dal D.Lgs. 150 del 2015, che ha introdotto cambiamenti significativi per migliorare l’efficienza dei servizi offerti, potenziare le politiche attive del lavoro, favorire l’inserimento e il reinserimento dei lavoratori nel mercato del lavoro”.

Soppressione dell’ANPAL e trasferimento delle relative funzioni al Ministero del Lavoro”

La soppressione dell’ANPAL ha comportato il trasferimento delle relative funzioni al Ministero del Lavoro, centralizzando le competenze in materia di politiche attive del lavoro. Il provvedimento si inscrive nella gamma degli interventi finalizzati a semplificare e rendere più efficiente la gestione delle politiche del lavoro”.

Funzioni e compiti dell’operatore pubblico”

Le funzioni dello Stato”

Lo Stato ha il fondamentale ruolo di indirizzo politico e di coordinamento, mediante l’individuazione di strategie, obiettivi e priorità. In generale, compete al Ministero del Lavoro fissare le linee di indirizzo triennali e gli obiettivi annuali dell’azione in materia di politiche attive, specificare i livelli essenziali delle prestazioni (LEP) che devono essere erogati su tutto il territorio nazionale e verificarne il rispetto, nonché monitorare le politiche occupazionali del lavoro”.

Le funzioni delle Regioni”

Le Regioni esercitano, con il Ministro del Lavoro, il ruolo di indirizzo politico in materia di politiche attive per il lavoro e hanno competenze specifiche nel mercato del lavoro, tra le quali l’erogazione concreta dei servizi per il lavoro e l’attuazione delle misure di politica attiva del lavoro

tramite i centri per l’impiego”.

I servizi per il lavoro e i livelli essenziali delle prestazioni”

Mediante i servizi per il lavoro vengono costruiti percorsi di inserimento e reinserimento nel mercato del lavoro. Essi sono quindi rivolti alla generalità delle persone in cerca di occupazione, con particolare riguardo ai disoccupati che fruiscono di trattamenti a sostegno del reddito e ai lavoratori a rischio di perdita del lavoro, come ad esempio i cassaintegrati dipendenti da aziende in crisi. I servizi per l’impiego comprendono un’ampia gamma di interventi, i livelli essenziali delle prestazioni, tra i quali rilevano ad esempio l’orientamento di base, l’orientamento specialistico e l’avviamento ad attività formative ai fini della qualificazione e riqualificazione professionale”.

Le attività di mediazione e i soggetti abilitati”

La mediazione e le altre attività”

Il termine mediazione può essere utilizzato per indicare, in senso generico, l’insieme delle attività, che gli operatori possono attuare sul mercato del lavoro e che sono rivolte ai datori di lavoro e ai lavoratori. Ad esempio, sono attività di mediazione la ricerca e selezione del personale e la somministrazione di lavoro”.

Le agenzie per il lavoro”

Le agenzie per il lavoro sono soggetti privati, autorizzati dal Ministero del lavoro a svolgere attività di mediazione. In particolare, l’autorizzazione ministeriale abilita l’agenzia ad operare su tutto il territorio nazionale”.

Svolgimento di attività di mediazione in forma abusiva e regime sanzionatorio”

Nei casi di svolgimento delle attività di mediazione in forma abusiva, cioè senza autorizzazione,

opera il rigoroso regime sanzionatorio previsto dall’articolo 18 del D.Lgs. 276 del 2003, che è stato profondamente modificato dal decreto PNRR, mediante la reintroduzione della responsabilità penale per fattispecie che in passato erano state depenalizzate”.

Regimi particolari di autorizzazione”

Accanto agli operatori pubblici e privati, vi sono ulteriori soggetti che possono svolgere attività di intermediazione, a condizione che non vi sia finalità di lucro. Tra gli altri, sono abilitati ad esercitare tali attività le Università, i Comuni e i patronati”.

La somministrazione di lavoro”

Caratteristiche”

La somministrazione consiste nella fornitura professionale di manodopera effettuata da un’agenzia autorizzata all’impresa richiedente per il soddisfacimento di esigenze produttive di quest’ultima. Il rapporto di somministrazione coinvolge quindi tre soggetti: l’agenzia di somministrazione, cioè il somministratore; il lavoratore somministrato; l’impresa utilizzatrice, cioè l’utilizzatore. Questi soggetti sono legati da due distinti rapporti contrattuali: il contratto di somministrazione, concluso tra agenzia di somministrazione e impresa utilizzatrice e il contratto di lavoro individuale stipulato tra agenzia di somministrazione e lavoratore somministrato”.

Il contratto di somministrazione di lavoro”

Il contratto di somministrazione di lavoro è il contratto, a tempo indeterminato o determinato, con il quale un’agenzia di somministrazione autorizzata mette a disposizione di un utilizzatore uno o più lavoratori suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.

Il contratto di somministrazione di lavoro non è quindi un contratto di lavoro, ma un contratto di natura commerciale, avente ad oggetto l’affitto di lavoratori”.

Divieto di somministrazione”

Il D.Lgs. 81 del 2015 prevede delle ipotesi in cui la somministrazione di lavoro è vietata, come ad esempio per la sostituzione di lavoratori che esercitano il diritto di sciopero oppure presso unità produttive nelle quali siano operanti una sospensione del lavoro o una riduzione dell’orario in regime di cassa integrazione guadagni, che interessano lavoratori adibiti alle stesse mansioni cui si riferisce il contratto di somministrazione di lavoro”.

Limiti quantitativi per l’impiego dei lavoratori somministrati”

Il D.Lgs. 81 del 2015 prevede, per l’utilizzatore, limiti quantitativi all’utilizzo di lavoratori esterni, cioè forniti da un’agenzia di somministrazione. Tuttavia, sia per la somministrazione a tempo indeterminato che per quella a tempo determinato, sono previste delle ipotesi esenzione da limiti quantitativi. Ad esempio, è esente dal limite di legge la somministrazione a tempo determinato di lavoratori assunti dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato”.

Somministrazione irregolare e somministrazione fraudolenta”

Si ha somministrazione irregolare quando si realizza una fornitura di lavoro al di fuori dei limiti e dei requisiti previsti dal D.Lgs. 81 del 2015, ad esempio quando manca la forma scritta e vi sia stata violazione dei limiti quantitativi per l’impiego, da parte dell’utilizzatore, di lavoratori somministrati.

La somministrazione si definisce, invece, fraudolenta, quando è posta in essere con la specifica finalità di eludere norme inderogabili della legge o del contratto collettivo applicato al lavoratore”.

L’assistenza alla ricerca di lavoro”

L’elenco anagrafico e le schede professionali”

L’elenco anagrafico e le schede professionali sono strumenti che raccolgono informazioni sui lavoratori, facilitando la gestione e l’analisi dei dati lavorativi. Questi strumenti sono essenziali per il monitoraggio e la pianificazione delle politiche del lavoro”.

La dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (DID) e lo stato di disoccupazione”

La DID è una dichiarazione che attesta la disponibilità immediata di una persona allo svolgimento di attività lavorative e alla partecipazione a misure di politica attiva del lavoro, determinando formalmente l’inizio dello stato di disoccupazione”.

La profilazione e la presa in carico dell’utente”

L’attività di profilazione consiste nella raccolta dei dati della persona relativamente al percorso formativo e lavorativo intrapreso fino a quel momento: in pratica, mediante una procedura automatizzata di elaborazione dei dati, sulla base delle informazioni fornite, l’utente viene assegnato ad una classe di profilazione, che serve a valutarne il livello di occupabilità. Il centro per l’impiego provvede, poi, giuridicamente alla presa in carico della persona, mediante la stipula del Patto di servizio personalizzato”.

Il programma GOL”

Il Programma GOL è finalizzato all’inserimento occupazionale, mediante l’erogazione di servizi specifici. La caratteristica principale di GOL, infatti, è la personalizzazione degli interventi, effettuata sulla base di una profilazione svolta dai centri per l’impiego che deve tenere conto, da un lato, delle competenze e delle esigenze del lavoratore, dall’altro, delle concrete opportunità occupazionali offerte dal mercato del lavoro di riferimento”.

Il Supporto per la formazione e il lavoro”

Il Supporto per la formazione e il lavoro è una misura finalizzata all’attivazione al lavoro, mediante la partecipazione a progetti di formazione, qualificazione e riqualificazione professionale, orientamento, accompagnamento al lavoro e rientranti, in generale, nelle politiche attive del lavoro. L’Assegno di inclusione è una misura nazionale di contrasto alla povertà, alla fragilità e all’esclusione sociale delle fasce deboli della popolazione attraverso percorsi di inserimento sociale, formazione, lavoro e politica attiva del lavoro”.

L’appalto”

I requisiti dell’appalto lecito e la tutela dei dipendenti”

Ai sensi dell’articolo 1655 del codice civile, l’appalto è il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio verso un corrispettivo in danaro. Pertanto, si è in presenza di una forma lecita di appalto quando sussiste con certezza l’assunzione del rischio d’impresa e l’organizzazione dei mezzi necessari da parte dell’appaltatore. Al personale impiegato nell’appalto, in primo luogo, spetta un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la zona strettamente connessi con l’attività oggetto dell’appalto. Inoltre, a carico di tutti i soggetti coinvolti nella catena dell’appalto opera un particolare regime di solidarietà, che opera entro 2 anni dalla cessazione dell’appalto e dal quale sono escluse le sanzioni civili di cui risponde solo il responsabile dell’inadempimento. Ulteriori tutele sono previste ai fini della salute e sicurezza sul lavoro dei dipendenti dell’appaltatore”.

Appalti illeciti: tutela dei dipendenti e regime sanzionatorio”

L’appalto illecito configura un’ipotesi di somministrazione illecita, nell’ambito della quale l’appaltatore è un finto imprenditore che funge da mero intermediario che mette a disposizione dell’appaltante le prestazioni di lavoro dei propri dipendenti. Quando ciò accade, in primo luogo, il lavoratore può agire in giudizio per la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze dell’appaltante. Ulteriore tutela del lavoratore è rappresentata dalla responsabilità solidale dei soggetti coinvolti nella catena dell’appalto illecito per il pagamento dei trattamenti retributivi, dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi dovuti al lavoratore. Infine, è previsto un severo regime sanzionatorio”.

Il distacco del lavoratore”

Requisiti di legittimità”

Il distacco si configura quando un datore di lavoro, per soddisfare un proprio interesse, pone temporaneamente uno o più lavoratori a disposizione di un altro soggetto per l’esecuzione di una determinata attività lavorativa. Per un distacco legittimo sono necessari l’esistenza di uno specifico interesse del datore di lavoro distaccante che deve sussistere per tutta la durata del distacco, la temporaneità del distacco e lo svolgimento di una determinata attività lavorativa da parte del lavoratore distaccato”.

Assenza dei requisiti legislativi: tutela del lavoratore e regime sanzionatorio”

Il distacco di un lavoratore, attuato senza rispettare i requisiti di legge, è considerato un’illecita interposizione di manodopera, quindi un’ipotesi di somministrazione illecita, nell’ambito della quale il datore di lavoro presso cui il lavoratore è stato distaccato assume il ruolo di utilizzatore, mentre il datore di lavoro dal quale il lavoratore è stato distaccato quello di somministratore. In questa ipotesi:

il lavoratore interessato può fare ricorso in giudizio per la costituzione di un rapporto di lavoro con il soggetto che ne ha utilizzato la prestazione; sussiste la responsabilità solidale dei soggetti coinvolti nel distacco illecito per il pagamento dei trattamenti retributivi, dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi dovuti al lavoratore; è previsto un severo regime sanzionatorio”.

Capitolo 5 – La costituzione del rapporto di lavoro

Modalità di assunzione dei lavoratori”

Nella generalità dei casi l’instaurazione del rapporto di lavoro avviene mediante assunzione diretta del lavoratore, cioè mediante contatto diretto tra lavoratore e datore di lavoro. Regole particolari restano, però, per le assunzioni di alcune categorie di lavoratori, come i cittadini di Stati non appartenenti all’Unione Europea residenti all’estero e le persone con disabilità, che ancora fanno capo a forme di collocamento speciali”.

Le comunicazioni obbligatorie relative al rapporto di lavoro: tipologie ed efficacia”

Incombe sul datore di lavoro l’obbligo di comunicare alcune informazioni relative all’instaurazione del rapporto di lavoro, sia ad alcune vicende modificative o estintive del rapporto stesso.”.

La comunicazione d’instaurazione del rapporto di lavoro”

La comunicazione d’instaurazione del rapporto di lavoro è obbligatoria non solo in caso di rapporto di lavoro subordinato, ma anche per altri tipi di rapporti di lavoro, come ad esempio per le co.co.co. Di norma, la comunicazione va inviata telematicamente, il giorno antecedente all’instaurazione del rapporto di lavoro, al Ministero del Lavoro. Un’eccezione alla regola della comunicazione preventiva è però prevista, ad esempio, per le agenzie di somministrazione, che sono tenute ad effettuare la comunicazione entro il ventesimo giorno del mese successivo alla data di assunzione. Ulteriore eccezione sussiste in caso d’impiego di lavoratori autonomi occasionali: in questo caso la comunicazione è preventiva, ma va inviata all’Ispettorato territoriale del lavoro, e non al Ministero del Lavoro”.

Comunicazioni obbligatorie relative alle vicende modificative e alla cessazione del rapporto di lavoro”

La cessazione del rapporto di lavoro e le vicende modificative del rapporto di lavoro devono essere comunicate entro cinque giorni dal loro verificarsi. Tra le vicende modificative, devono essere comunicate ad esempio: la trasformazione di un rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato; la trasformazione di un contratto da tempo parziale a tempo pieno”.

Il collocamento mirato delle persone con disabilità”

La finalità del collocamento mirato”

Il collocamento mirato delle persone con disabilità è disciplinato dalla Legge 68 del 1999, che detta una disciplina diretta a valorizzare le residue capacità lavorative delle persone con disabilità e a collocarle nell’occupazione più idonea e al contempo più proficua per l’impresa”.

Le novità introdotte dal Decreto Disabilità”

Il Decreto Disabilità ha introdotto disposizioni volte alla revisione e semplificazione, nonché al riordino della normativa in materia di disabilità. La finalità del provvedimento è assicurare il riconoscimento della condizione di disabilità, rimuovere gli ostacoli e attivare i sostegni utili al pieno esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, delle libertà e dei diritti civili e sociali nei vari contesti di vita, liberamente scelti”.

Soggetti beneficiari”

L’attuale sistema del collocamento mirato è riservato ai soggetti che, a causa delle loro disabilità psicofisiche, hanno difficoltà ad accedere al mercato del lavoro:”.

Altri soggetti beneficiari”

Sono soggetti che, pur non essendo direttamente affetti da disabilità psicofisiche, possono beneficiare di specifiche quote di riserva in forza del vincolo di parentela che li lega a soggetti gravemente invalidi o deceduti per causa di lavoro, servizio o guerra.”.

Soggetti obbligati all’assunzione e quote di riserva”

Tutti i datori di lavoro che occupano da 15 dipendenti in poi sono tenuti ad assumere una determinata quota, cd. quota di riserva, di lavoratori con disabilità che varia in ragione del numero dei lavoratori già occupati in azienda”.

Il prospetto informativo”

È il prospetto che il datore di lavoro deve comunicare entro il 31 gennaio nel caso in cui, rispetto all’anno precedente sia cambiato il numero di lavoratori in modo tale da variare le quote di riserva.”.

Le procedure di assunzione”

Il datore di lavoro obbligato all’assunzione di persone con disabilità procede all’assunzione di tali soggetti sulla base della graduatoria regionale.”.

Le convenzioni per le assunzioni delle persone con disabilità”

Il D.Lgs. 276/2003 ha previsto la stipula di convenzioni quadro tra i servizi per l’impiego, le associazioni sindacali dei datori di lavoro e dei prestatori di lavoro e le associazioni di rappresentanza, assistenza e tutela delle cooperative, con i consorzi e con le imprese sociali.”

Capitolo 6 – Tutela del lavoro minorile e della genitorialità

La tutela delle condizioni di lavoro dei minori”

Evoluzione normativa”

L’articolo 37 della Costituzione prevede che la Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione». Secondo il dettato costituzionale, inoltre, è la legge a dover fissare «il limite minimo di età per il lavoro salariato». In applicazione di tale norma, è stata emanata la legge 977 del 1967 sulla tutela del lavoro dei fanciulli e degli adolescenti, la cui disciplina è stata poi adeguata agli indirizzi espressi in ambito europeo con il D.Lgs. 345 del 1999, al quale tra l’altro si deve il consolidamento del principio generale per il quale l’età minima di ammissione all’impiego deve coincidere con quella in cui cessano gli obblighi scolastici”.

Requisiti di età e di istruzione per l’accesso al lavoro”

L’età minima per l’ammissione al lavoro coincide con il completamento del periodo di istruzione obbligatoria, cioè con il compimento dei 16 anni. È quindi vietato impiegare i bambini in attività lavorative, salvo attività di carattere culturale, artistico, sportivo o pubblicitario e purché tali attività non compromettano la sicurezza, l’integrità psico-fisica, lo sviluppo, la frequenza scolastica o la partecipazione a programmi di orientamento o formazione professionale”.

La tutela dei minori che lavorano”

La legge 977 del 1967 stabilisce un divieto rigoroso di impiegare adolescenti in lavorazioni e lavori potenzialmente pregiudizievoli per il loro pieno sviluppo fisico, salvo deroghe previste dalla legge, ad esempio per motivi di formazione professionale. Per i bambini il divieto discende dal più generale divieto di svolgere qualsiasi tipo di attività lavorativa, salvo casi eccezionali, come ad esempio attività culturali. L’integrità psico-fisica del lavoratore minore è altresì tutelata dalla legge mediante altre disposizioni, come ad esempio la previsione di visite mediche preassuntive e periodiche”.

La tutela della genitorialità”

Fondamento”

Il nostro ordinamento ha da sempre tutelato l’assolvimento dei compiti di maternità e cura dei figli ritenendo essenziale la funzione familiare svolta dalla donna. Per evitare, però, che attraverso una normativa protezionistica speciale possano derivare per la madre lavoratrice conseguenze discriminatorie e penalizzanti, la Costituzione ha sancito, all’ articolo 37, la parità normativa, e retributiva a parità di lavoro, fra lavoratori e lavoratrici. Allo stesso tempo, la norma richiede che le condizioni di lavoro devono essere tali da consentire alla lavoratrice l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione. Tali principi sono presenti anche nel Testo Unico per la tutela ed il sostegno della maternità e della paternità emanato con D.Lgs. 151 del 2001, che attualmente costituisce la fonte normativa principale in materia”.

Congedo di maternità”

Il congedo di maternità è un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro riconosciuto dalla legge alle lavoratrici, durante il quale sussiste il divieto assoluto di adibirle al lavoro. Il congedo ha una durata pari a 5 mesi, salvo eccezioni, e la modalità tradizionale di fruizione prevede l’astensione dal lavoro durante i 2 mesi precedenti alla data presunta del parto e i 3 mesi successivi allo stesso. In alternativa, la lavoratrice può scegliere di astenersi esclusivamente dopo il parto, entro i 5 mesi successivi allo stesso, oppure a partire dal mese precedente alla data presunta del parto e nei 4 mesi successivi allo stesso. Le due ultime modalità di fruizione del congedo di maternità sono consentite, però, a condizione che i medici competenti attestino che esse non comportino pregiudizio alla salute della lavoratrice e del bambino”.

Congedo di paternità”

La legge riconosce al padre lavoratore due tipi di congedo di paternità: quello obbligatorio e quello alternativo. Il congedo di paternità obbligatorio consente di astenersi dal lavoro dai 2 mesi precedenti alla data presunta del parto fino ed entro i 5 mesi successivi allo stesso, per un massimo di 10 giorni lavorativi, elevati a 20 in caso di parto plurimo. Il congedo di paternità alternativo consiste, invece, nel diritto del padre lavoratore di astenersi dal lavoro per tutta la durata del congedo di maternità o per la parte residua che sarebbe spettata alla lavoratrice, in caso di morte o grave infermità della madre ovvero di abbandono, nonché in caso di affidamento esclusivo del bambino al padre. Per i giorni di congedo sia obbligatorio che alternativo, al padre spetta un’indennità che: nel primo caso è pari al 100% della retribuzione; nel secondo caso all’ 80% della retribuzione”.

Congedo parentale”

Il congedo parentale consiste nel diritto riconosciuto a ciascuno genitore, per ogni bambino nei primi suoi 12 anni di vita, di astenersi dal lavoro entro limiti massimi, individuali e complessivi. Per i periodi di congedo parentale, fino al dodicesimo anno di vita del figlio, è riconosciuta un’indennità, pari ad una percentuale della retribuzione. In particolare, i mesi di congedo indennizzabili sono complessivamente 9 e sono così ripartiti tra i due genitori: 3 mesi alla madre, 3 mesi al padre e 3 mesi ad uno solo dei due genitori. Se poi vi è soltanto un genitore, l’indennità è riconosciuta per 9 mesi di congedo a quest’ultimo. Per i periodi di congedo parentale ulteriori ai 9 mesi indennizzabili per entrambi i genitori o per il genitore solo, è poi dovuta, fino al dodicesimo anno di vita del bambino, un’indennità, a condizione che il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a determinate soglie previste dalla legge”.

Congedi per la malattia del figlio”

In modo alternativo entrambi i genitori possono astenersi dal lavoro usufruendo di assenza giustificate ma non retribuite in caso di malattia del figlio.”.

I riposi giornalieri (cd. permessi per allattamento)”

Durante il primo anno di vita del bambino, la lavoratrice ha diritto a periodi di riposo giornalieri, i cosiddetti permessi per allattamento, la cui durata varia in base all’orario di lavoro giornaliero della lavoratrice. Infatti, se l’orario di lavoro è pari o superiore a sei ore, la lavoratrice ha diritto a due ore di riposo; se invece è inferiore a sei ore, il diritto si riduce a un’ora di riposo. Se poi la lavoratrice usufruisce di asilo nido o di altra struttura idonea in azienda o nelle immediate vicinanze, la durata del riposo è di mezz’ora”.

Divieto di licenziamento e dimissioni. Il diritto al rientro”

Sussiste un divieto assoluto di licenziamento e di sospensione dal lavoro delle lavoratrici dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine del congedo obbligatorio, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino. Tale divieto si applica anche ai padri lavoratori che usufruiscono del congedo di paternità per tutta la durata del congedo e fino al compimento di un anno di età del bambino. È inoltre vietato il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore. La legge tuttavia prevede delle eccezioni a tale divieto, ad esempio la colpa grave, della lavoratrice o del lavoratore, costituente giusta causa per la risoluzione del rapporto di lavoro. La legge prevede poi l’obbligo di convalida, da parte della sede territoriale dell’Ispettorato del lavoro, delle eventuali dimissioni presentate dalla lavoratrice durante la gravidanza e dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi 3 anni di vita del bambino. Infine, alle lavoratrici e ai lavoratori che abbiano fruito di congedi, permessi e riposi, al termine dei periodi di divieto di lavoro, è riconosciuto il diritto di conservare il posto di lavoro e, salvo che espressamente vi rinuncino, di rientrare nella stessa unità produttiva ove erano occupate o occupati all’inizio del periodo di astensione dal lavoro o in altra ubicata nel medesimo Comune, nonché di essere adibiti alle mansioni da ultimo svolte o a mansioni equivalenti. I genitori che abbiano fruito dei congedi di maternità o paternità hanno anche il diritto di beneficiare di eventuali miglioramenti delle condizioni di lavoro che sarebbero loro spettati durante l’assenza, previsti dai contratti collettivi, da leggi o da regolamenti.”.

Capitolo 7 – Obblighi e diritti delle parti nel rapporto di lavoro

L’obbligazione di lavoro”

Per le sintesi di questo argomento, scrivi i titoli dei sottoparagrafi del tuo manuale.”.

L’individuazione della prestazione lavorativa”

Il contenuto principale dell’obbligazione del lavoratore è l’esecuzione della prestazione lavorativa, cioè del suo lavoro intellettuale o materiale alle dipendenze e sotto la direzione di un altro soggetto (cioè l’imprenditore).

Mansioni, qualifiche e categorie”

Le mansioni sono i compiti specifici che il lavoratore deve svolgere. Le mansioni sono poi raggruppate per criteri di omogeneità professionale, che rappresentano le qualifiche. Infine, le categorie sono le entità classificatorie che raggruppano i vari profili professionali.”.

Le informazioni dovute al lavoratore sulle condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro”

Contenuto dell’obbligo informativo”

Al momento dell’assunzione, il datore di lavoro è tenuto a fornire al lavoratore una serie di informazioni fondamentali riguardanti le condizioni applicabili al contratto o al rapporto di lavoro, tra le quali: il luogo di lavoro; l’inquadramento, il livello e la qualifica del lavoratore; la data di inizio e la tipologia del rapporto di lavoro; l’importo iniziale della retribuzione; la programmazione dell’orario normale di lavoro”.

Modalità e tempi di comunicazione”

Di regola, l’obbligo di informazione è assolto mediante la consegna al lavoratore, all’atto dell’instaurazione del rapporto di lavoro e prima dell’inizio dell’attività lavorativa, alternativamente, del contratto individuale di lavoro, redatto per iscritto, o della copia della comunicazione d’instaurazione del rapporto di lavoro. Per semplificare l’adempimento degli obblighi informativi e di pubblicazione in merito al rapporto di lavoro, alcune informazioni, ad esempio quelle relative alla programmazione dell’orario normale di lavoro, possono essere comunicate al lavoratore, e il relativo onere informativo ritenersi assolto, con l’indicazione del riferimento normativo o del contratto collettivo, anche aziendale, che ne disciplina le materie”.

Ulteriori obblighi informativi nel caso di utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati”

Ferma restando la disciplina dei controlli a distanza prevista dallo Statuto dei lavoratori, il datore di lavoro è tenuto a informare il lavoratore dell’utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio integralmente automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini dell’assunzione o del conferimento dell’incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell’assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, sulla valutazione, sulle prestazioni e sull’adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori. Ai fini dell’adempimento dei suddetti obblighi, il datore di lavoro deve fornire al lavoratore, unitamente alle informazioni generali sul rapporto di lavoro, prima dell’inizio dell’attività lavorativa, ulteriori informazioni, ad esempio sugli aspetti del rapporto di lavoro sui quali incide l’utilizzo dei predetti sistemi”.

Il mutamento delle mansioni (cd. ius variandi)”

Il lavoratore ha diritto di svolgere le mansioni indicate nel contratto di lavoro ed è legittimo il passaggio ad altre mansioni se comprese nel livello e nella categoria legale di appartenenza (mobilita orizzontale). Inoltre, il lavoratore può essere adibito a mansioni superiori con diritto al trattamento retributivo corrispondente all’attività svolta (mobilita verticale). Il demansionamento del lavoratore può avvenire in tre ipotesi. In primo luogo, il datore di lavoro può assegnare il lavoratore a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale (mobilità verso il basso unilaterale): l’assegnazione a mansioni inferiori deve essere, però, giustificata da una modifica degli assetti organizzativi aziendali che incide sulla posizione del lavoratore. Ulteriori ipotesi di adibizione a mansioni appartenenti al livello di inquadramento inferiore, purché rientranti nella medesima categoria legale, possono poi essere previste dai contratti collettivi (mobilità verso il basso per accordo collettivo). Infine, le parti possono stipulare accordi individuali per modificare le mansioni, la categoria legale, il livello di inquadramento e la relativa retribuzione (mobilità verso il basso consensuale). In quest’ultimo caso, tuttavia, è necessario che gli accordi avvengano: nell’interesse del lavoratore alla conservazione dell’occupazione, all’acquisizione di una diversa professionalità o al miglioramento delle condizioni di vita; in una delle sedi protette previste dalla legge”.

La retribuzione”

L’individuazione dell’obbligo retributivo”

La retribuzione è l’obbligazione fondamentale del datore di lavoro e rappresenta la controprestazione che il datore di lavoro deve in cambio del lavoro del soggetto. La retribuzione si compone dei seguenti elementi: paga base; elemento distinto della retribuzione; attribuzioni patrimoniali accessorie.”.

I requisiti di proporzionalità e sufficienza della retribuzione”

La retribuzione rappresenta la prestazione fondamentale cui è obbligato il datore di lavoro nei confronti del lavoratore. Essa indica il corrispettivo del lavoro prestato, cioè il complessivo trattamento economico che deve essere corrisposto al lavoratore in dipendenza del rapporto di lavoro come diritto soggettivo irrinunciabile sancito e tutelato dalla Costituzione, il cui articolo 36, infatti, dispone che la retribuzione deve essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro, nonché in ogni caso sufficiente a garantire al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa”.

La determinazione della retribuzione”

L’articolo 2099 del codice civile contempla diverse tipologie retributive, stabilendo che la retribuzione può essere determinata: a tempo, a cottimo, con partecipazione agli utili o ai prodotti, con provvigione e, infine, in natura. Tali sistemi costituiscono metodi per calcolare l’ammontare della retribuzione, a sua volta determinata dai contratti collettivi o dagli accordi individuali. La retribuzione è in concreto stabilita: dalla contrattazione collettiva; dall’accordo delle parti, soprattutto nell’ipotesi in cui manchino contratti collettivi che stabiliscano la misura della retribuzione; dal giudice, in caso di mancata determinazione collettiva o negoziale”.

Forme di retribuzione”

Le forme ordinarie di retribuzione sono la retribuzione a tempo e quella a cottimo. La retribuzione a tempo è il sistema classico e più diffuso, basato sulla corresponsione di una somma di denaro stabilita in rapporto al tempo di lavoro, indipendentemente dal risultato raggiunto. La retribuzione a cottimo, invece, tiene conto del risultato e della produttività del lavoro, valutando il rendimento del lavoratore. L’articolo 2100 del codice civile stabilisce che il cottimo è obbligatorio quando il lavoratore è vincolato a un determinato ritmo produttivo, come nelle catene di montaggio. Di regola, la retribuzione a cottimo si combina con la retribuzione a tempo: in tal caso si parla di cottimo misto, ipotesi nella quale il cottimo si configura come una maggiorazione integrativa della retribuzione fissa calcolata a tempo. Costituisce quindi un’eccezione il cottimo puro o pieno, nel quale la retribuzione è interamente determinata in base al sistema del cottimo: la sua principale applicazione avviene nel lavoro a domicilio. Sono forme speciali di retribuzione: la retribuzione in natura; la provvigione; la partecipazione agli utili e al capitale dell’impresa; la retribuzione differita”.

Adempimento dell’obbligo retributivo”

Di regola, la retribuzione deve essere corrisposta entro il termine stabilito dai contratti collettivi o individuali oppure, in mancanza di questi, secondo gli usi. Il diritto al pagamento della retribuzione sorge a lavoro compiuto: è questo il principio della postnumerazione.

Qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato, i datori di lavoro non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, bensì soltanto attraverso una banca o un ufficio postale, ad esempio mediante bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore.”.

Obblighi integrativi del lavoratore”

Oltre allo svolgimento della prestazione lavorativa, il lavoratore ha altri obblighi cd. integrativi. Essi concorrono a definire la prestazione lavorativa ed il suo modo di essere ma non costituiscono dei doveri accessori. Sono obblighi integrativi: la diligenza, l’obbedienza e la collaborazione e la fedeltà.”

Il whistleblowing”

Il whistleblowing consiste nella segnalazione da parte dei lavoratori di violazioni di disposizioni normative delle quali siano venuti a conoscenza nell’ambito del proprio contesto lavorativo: tale istituto rappresenta una deroga all’articolo 2105 del codice civile, giustificata dal perseguimento dell’interesse all’integrità dell’azienda. Soggetti tutelati sono non soltanto i lavoratori subordinati, ma anche, ad esempio, i lavoratori parasubordinati. Le misure di protezione sono state previste inoltre anche per quei soggetti, ad esempio i facilitatori, che, per il ruolo assunto nell’ambito del processo di segnalazione, potrebbero essere destinatari di ritorsioni.”.

Diritti del lavoratore”

I diritti del lavoratore costituiscono le situazioni giuridiche attive, riferibili alla prestazione lavorativa, che si esprimono nelle facoltà, libertà e prerogative riconosciute al lavoratore e vengono solitamente classificati in: diritti patrimoniali, come ad esempio il diritto alla retribuzione; diritti personali, ossia i diritti inerenti alla personalità dell’individuo, costituzionalmente garantiti, concernenti l’integrità fisica, la salute, la libertà, la dignità e la riservatezza; diritti sindacali, che comprendono le espressioni tipiche dell’attività sindacale riconosciuta ai singoli lavoratori”.

Prescrizioni minime relative alle condizioni di lavoro”

Cumulo di impieghi”

Il datore di lavoro, fermo il rispetto dell’obbligo di fedeltà, non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa in orario al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata, né può riservargli, per tale motivo, un trattamento meno favorevole. Il datore, tuttavia, può limitare o negare al lavoratore lo svolgimento di un altro e diverso rapporto di lavoro qualora sussista una delle condizioni previste dalla legge, ad esempio nel caso in cui, pur senza violazione dell’obbligo di fedeltà, vi sia conflitto d’interessi tra la diversa e ulteriore attività lavorativa e quella principale”.

Prevedibilità minima del lavoro”

Il D.Lgs. 104 del 2022 ha stabilito il principio della prevedibilità minima dell’orario di lavoro per i lavoratori il cui rapporto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa si svolga secondo modalità organizzative in tutto o in gran parte imprevedibili: si tratta di rapporti di lavoro nei quali non è predeterminato l’orario di lavoro e la sua collocazione temporale, e nei quali il programma di lavoro è determinato principalmente dal datore di lavoro. In queste ipotesi, il datore non può imporre al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa, salvo che il lavoro si svolga entro ore e giorni di riferimento predeterminati e il lavoratore sia informato sull’incarico o sulla prestazione da eseguire con un periodo di preavviso ragionevole. In carenza di una o di entrambe queste condizioni, il lavoratore ha diritto di rifiutare di assumere un incarico di lavoro o di rendere la prestazione, senza subire alcun pregiudizio”.

Transizione a forme di lavoro più prevedibili, sicure e stabili”

Il lavoratore che abbia maturato un’anzianità di lavoro di almeno 6 mesi presso lo stesso datore di lavoro o committente e che abbia completato l’eventuale periodo di prova, può chiedere che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile”.

Formazione obbligatoria”

Quando il datore di lavoro, secondo previsioni di legge o di contratto individuale o collettivo, è tenuto ad erogare ai lavoratori una formazione per lo svolgimento del lavoro per cui sono impiegati, tale formazione va garantita gratuitamente a tutti i lavoratori e va considerata come orario di lavoro e, ove possibile, deve svolgersi durante lo stesso. L’obbligo in esame non riguarda la formazione professionale o la formazione necessaria al lavoratore per ottenere, mantenere o rinnovare una qualifica professionale, salvo che il datore di lavoro non sia tenuto a fornirla per legge o in base alla contrattazione collettiva”.

Poteri del datore di lavoro”

Il potere direttivo (art. 2104 c.c.)”

Il potere direttivo è un insieme di facoltà che il datore di lavoro esercita per garantire l’esecuzione e la disciplina del lavoro. In particolare: il potere gerarchico, che designa la posizione di supremazia del datore di lavoro quale capo dell’impresa, dal quale dipendono gerarchicamente i suoi collaboratori; il potere conformativo, che indica il potere di specificazione dell’attività lavorativa, ovvero la concreta determinazione delle modalità per l’esecuzione del lavoro; il potere direttivo in senso stretto, che consiste nell’emanazione delle disposizioni concernenti l’organizzazione del lavoro”.

Il potere di vigilanza e di controllo e relative limitazioni”

Il potere di vigilanza e controllo è finalizzato a garantire che l’attività lavorativa venga svolta secondo le modalità stabilite dal datore di lavoro. Tuttavia, l’esercizio di questo potere è soggetto a limiti significativi imposti dallo Statuto dei Lavoratori, come ad esempio il diritto dei lavoratori di esprimere liberamente il proprio pensiero nei luoghi di lavoro e il divieto per il datore di lavoro di condurre indagini, anche tramite terzi, sulle opinioni politiche, religiose o sindacali del lavoratore, nonché sui fatti non rilevanti ai fini della valutazione della sua attitudine professionale. L’ articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori vieta i controlli intenzionali, cioè quelli effettuati mediante strumentazioni che servono esclusivamente a realizzare un controllo a distanza sull’attività dei lavoratori. Al contrario, la norma ammette i controlli preterintenzionali, cioè quelli che costituiscono una conseguenza eventuale e indiretta di controlli effettuati mediante strumentazioni installate per altre finalità previste dalla legge, come ad esempio la tutela del patrimonio aziendale”.

Il potere disciplinare (artt. 2106 c.c. e 7 St. Lav.)”

Il potere disciplinare individua la facoltà del datore di lavoro di imporre sanzioni al lavoratore che non rispetti i propri doveri contrattuali, e in generale agli obblighi diligenza, obbedienza e fedeltà. Tale potere è, comunque, sottoposto a ben precisi limiti volti a preservare la libertà e la dignità del lavoratore. I requisiti sostanziali per il legittimo esercizio del potere disciplinare sono: la sussistenza e l’imputabilità del fatto; l’adeguatezza della sanzione; il limite alla rilevanza della recidiva, non potendo tenersi conto delle sanzioni disciplinari decorsi due anni dalla loro applicazione. I requisiti procedimentali sono: la predeterminazione e la pubblicità del codice disciplinare, nonché la preventiva e specifica contestazione dell’addebito. Inoltre, fatta eccezione per il rimprovero verbale, dopo la contestazione dell’infrazione, il datore deve aspettare almeno 5 giorni per la concreta adozione e applicazione della sanzione”.

Gli obblighi del datore di lavoro”

La posizione giuridica del datore di lavoro è caratterizzata da una serie di doveri, tra i quali ad esempio l’obbligo di corrispondere al lavoratore la retribuzione e il trattamento di fine rapporto, l’obbligo di tutela delle condizioni di lavoro e dell’integrità fisica del lavoratore e l’obbligo di tutela assicurativa e previdenziale”.

Capitolo 8 – Sicurezza e igiene delle condizioni di lavoro

Evoluzione e ambito di operatività della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro”

Anche sui luoghi di lavoro vige l’obbligo di tutelare il diritto alla salute dei lavoratori. L’imprenditore, infatti, deve adottare misure che, in base alle specificità dell’attività lavorativa svolta, all’esperienza e alla tecnica, sono in grado di tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei lavoratori. In capo al datore di lavoro, dunque, vige l’obbligo di protezione e di sicurezza.”.

I soggetti responsabili”

Primo soggetto responsabile è il datore di lavoro.”.

La delega di funzioni: condizioni e limiti”

Il datore di lavoro può delegare le funzioni relative alla sicurezza sul luogo di lavoro. La delega deve essere scritta e deve avere data certa. Il delegato deve avere tutti i requisiti di professionalità ed esperienza richiesti per il compito e gli devono essere delegati anche tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate. La delega, poi, deve essere accettare per iscritto.”.

I soggetti tutelati”

Sono soggetti tutelati tutti i lavoratori (subordinati e autonomi) nonché tutti i soggetti ad essi equiparati.”.

La prevenzione nei luoghi di lavoro e le misure generali di tutela”

Rientrano nella prevenzione tutte le azioni che servono a prevenire gli infortuni e ad evitarli. La prevenzione si articola in due momenti: analisi dei rischi e predisposizione delle misure per prevenirli.”

Gli obblighi e i diritti dei lavoratori”

Anche sui lavoratori incombe l’obbligo di prendersi cura della propria salute e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro.”.

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”

Il rappresentante dei lavoratori controlla l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e promuove la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la salute dei lavoratori e la loro integrità fisica.”.

Il mobbing come violazione del diritto alla salute e alla tutela della personalità”

Si definisce mobbing l’insieme degli atti e dei comportamenti posti in essere dal datore di lavoro oppure da capi, intermedi e colleghi che si traduce in un atteggiamento persecutorio, attuato in forma evidente, con determinazione e continuità, per provocare danni rilevanti alla condizione psico-fisica del lavoratore.”.

Capitolo 9 – Il luogo e la durata della prestazione di lavoro

Il luogo della prestazione. Il trasferimento del lavoratore”

La prestazione di lavoro va eseguita nel luogo stabilito dalle parti nel contratto o dall’imprenditore nel regolamento di impresa. Il luogo in cui deve essere eseguita la prestazione di lavoro coincide normalmente con l’unità produttiva che viene specificata nel contratto di lavoro. Se il contratto non indica il luogo, allora la prestazione va eseguita nella sede dell’impresa. Il lavoratore non può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive (art. 2103 c.c.).”.

L’orario di lavoro”

Per le sintesi di questo argomento, scrivi i titoli dei sottoparagrafi del tuo manuale”

Principali fonti normative”

L’orario di lavoro serve a calcolare la retribuzione spettante al lavoratore e ha storicamente costituito un limite alla durata giornaliera e settimanale della prestazione lavorativa, evitando l’eccessivo logoramento delle energie psico-fisiche del lavoratore.

Le principali fonti normative in materia di orario di lavoro sono rappresentate dall’articolo 36 della Costituzione, che ha stabilito una riserva di legge per la durata massima della giornata lavorativa, e dal D.Lgs. 66 del 2003 che, all’articolo 1, ha definito l’orario di lavoro come qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”.

Orario di lavoro (normale e articolato)”

Confluisce nell’orario di lavoro qualsiasi periodo in cui il lavoratore è a lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio delle sue attività o delle sue funzioni. Il parametro di riferimento per determinare l’orario di lavoro è la settimana lavorativa. In particolare, l’orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali (orario normale), e tutte le ore lavorate oltre tale limite sono classificate come lavoro straordinario. I contratti collettivi possono stabilire un orario settimanale inferiore alle 40 ore settimanali, ad esempio introducendo una settimana lavorativa di 36 ore. L’orario settimanale può poi essere fissato dalla contrattazione collettiva come durata media delle prestazioni di lavoro in un periodo non superiore all’anno, e con la possibilità di compensare orari settimanali differenti nel periodo prescelto: questo è il regime contrattuale di orario multiperiodale.”.

Durata massima dell’orario di lavoro”

La durata massima settimanale del lavoro, includendo sia il lavoro ordinario che quello straordinario, non deve superare le 48 ore per un periodo di 7 giorni: questo limite massimo settimanale deve essere osservato non rigidamente in ciascuna settimana, ma come media in un periodo non superiore a 4 mesi, elevabile a 6 e fino a 12 mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o organizzative, o diverso periodo specificato dal contratto collettivo”.

Pause, riposo giornaliero e riposo settimanale”

Il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo consecutivo ogni 24 ore (cd. riposo giornaliero), per cui si ricava a contrario che la durata massima della giornata lavorativa e di 13 ore. Inoltre, se l’orario di lavoro giornaliero supera le 6 ore, il lavoratore ha diritto a delle pause per recuperare le energie psico-fisiche, per alleviare il lavoro monotono e ripetitivo e, se necessario, per consumare il pasto. Il lavoratore ha, inoltre, diritto, ogni 7 giorni, a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive.”

Festività”

Oltre al riposo giornaliero, settimanale e annuale, i lavoratori hanno diritto alla sospensione dal lavoro in occasione delle festività nazionali, ad esempio il primo giorno dell’anno, il giorno dell’Epifania e il lunedì dopo Pasqua. Durante le festività, ai lavoratori spetta la normale retribuzione giornaliera, che include ogni elemento accessorio”.

Ferie annuali”

L’articolo 36 della Costituzione sancisce il diritto del lavoratore a fruire di ferie annuali retribuite: trattasi di un diritto irrinunciabile.

Il periodo di riposo annuale deve essere congruo, cioè avere una durata adeguata; possibilmente fruito in maniera continuativa; effettivo, cioè le giornate di riposo devono essere concretamente godute dal lavoratore. Questo diritto si applica a tutti i lavoratori subordinati, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, dalla qualifica rivestita e dall’anzianità di servizio”.

Il lavoro straordinario”

Il lavoro straordinario è il lavoro prestato oltre l’orario normale di lavoro, cioè oltre la quarantesima ora. Se il contratto collettivo ha previsto una durata settimanale del lavoro inferiore alla durata legale, ad esempio di 36 ore, le ore di lavoro eventualmente effettuate in più sono considerate lavoro straordinario soltanto se viene superato il limite legale di 40 ore settimanali.

Per il lavoro straordinario sono riconosciute maggiorazioni retributive oppure, in alternativa o in aggiunta a queste, riposi compensativi e sono previsti limiti, giornalieri e settimanali”.

Il lavoro notturno”

Si ha periodo notturno quando l’attività è svolta nel corso di un periodo pari ad almeno 7 ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le ore 5 del mattino.

Per lavoratore notturno s’intende qualsiasi lavoratore che, durante il periodo notturno, svolga almeno 3 ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale, nonché qualsiasi lavoratore che svolga, durante il periodo notturno, almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro. In difetto di disciplina collettiva, è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga, per almeno 3 ore, lavoro notturno per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno. Tale limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale”.

Capitolo 10 – La sospensione del rapporto di lavoro

La tutela del lavoratore in caso di sospensione del rapporto di lavoro”

Per la sintesi di questo argomento, scrivi i titoli dei sottoparagrafi del tuo manuale 😊”.

Gli eventi previsti dagli artt. 2110 e 2111 c.c.”

Se lo svolgimento del rapporto di lavoro è impedito, l’esecuzione del contratto di lavoro è sospesa. Sono cause di sospensione: l’infortunio, la malattia, la gravidanza e il puerperio.”.

Le tutele”

Nei periodi di sospensione il lavoratore ha diritto a conservare il posto di lavoro per il periodo stabilito dalla legge, al computo del periodo nell’anzianità di servizio e alle apposite indennità.”.

La malattia del lavoratore”

La malattia rientra tra le cause di sospensione del rapporto di lavoro. Se il lavoratore è impiegato o quadro avrà diritto alla retribuzione a carico del datore di lavoro, negli altri casi provvede l’INPS dal quarto giorno in poi. La malattia deve essere giustificata tramite apposita certificazione rilasciata dal medico curante.”.

La sospensione del rapporto di lavoro per permessi e congedi spettanti al lavoratore”

Per la sintesi di questo argomento, scrivi i titoli dei sottoparagrafi del tuo manuale.”.

Permessi e congedi retribuiti”

I lavoratori sono legittimati ad assentarsi dal lavoro usufruendo dei congedi e dei permessi disciplinati dal legislatore. Si tratta di ipotesi di previsione legale (o contrattuale) in cui si consente, per brevi periodi, la sospensione dell’obbligazione di lavoro, garantendo però la conservazione del posto di lavoro e, in alcuni casi, anche la retribuzione. Tra i principali permessi e congedi retribuiti si ricordano quelli riconosciuti: ai donatori di sangue, che hanno diritto di astenersi dal lavoro nel giorno del prelievo; ai lavoratori studenti che hanno diritto a permessi giornalieri per sostenere prove di esame; alle lavoratrici gestanti, che hanno diritto a permessi retribuiti per l’effettuazione di esami prenatali, accertamenti clinici o visite mediche specialistiche, nel caso in cui questi debbano essere eseguiti durante l’orario di lavoro”.

Permessi e congedi non retribuiti”

Tra i più importanti permessi e congedi non retribuiti ricordiamo quelli riconosciuti: ai dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali che hanno diritto, oltre ai permessi retribuiti previsti dallo Statuto dei Lavoratori, a non meno di 8 giorni annui di permesso per convegni, congressi e iniziative sindacali in genere; per adempiere a doveri civici, come ad esempio votazioni”.

Permessi e congedi per eventi particolari e per la formazione professionale”

La legge 53 del 2000 prevede che i lavoratori possono fruire di speciali permessi retribuiti, in particolare 3 giorni lavorativi all’anno, in caso di eventi particolari quali, ad esempio, il decesso o la grave malattia del coniuge o del convivente o di un parente entro il secondo grado. In alternativa, nei casi di documentata grave infermità, il lavoratore o la lavoratrice può concordare con il datore diverse modalità di espletamento della prestazione lavorativa. I lavoratori hanno, inoltre, diritto a un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a 2 anni, per gravi e documentati motivi familiari. Al fine di promuovere la formazione professionale dei lavoratori, la legge 53 del 2000 prevede appositi congedi per finalità formative. In particolare, tali congedi sono finalizzati al completamento della scuola dell’obbligo, al conseguimento del titolo di studio di secondo grado, del diploma universitario o di laurea, alla partecipazione ad attività formative diverse da quelle poste in essere o finanziate dal datore di lavoro. Per queste finalità i lavoratori dipendenti, con un’anzianità di servizio presso la stessa azienda o amministrazione di almeno 5 anni, possono richiedere al proprio datore di lavoro la sospensione del rapporto di lavoro per un periodo di congedo, da utilizzare in via continuativa o frazionata, non superiore a 11 mesi nell’arco dell’intera vita lavorativa.

La legge 53 del 2000 sancisce, inoltre, il diritto per tutti i lavoratori a fruire di congedi per la formazione continua, cioè di percorsi di formazione per tutto l’arco della vita, allo scopo di accrescere le proprie conoscenze e competenze professionali”.

Congedi di maternità, paternità e parentali (rinvio)”

Consulta il manuale per questo argomento”.

Permessi in caso di disabilità”

Per la sintesi di questo argomento, scrivi i titoli dei sottoparagrafi del tuo manuale 😊

Permessi per i lavoratori con disabilità”

La legge 104 del 1992 riconosce alle persone handicappate in situazione di gravità e cioè, secondo la terminologia introdotta dal D.Lgs. 62 del 2024, alle persone con disabilità con necessità di sostegno elevato o molto elevato, il diritto a 2 ore di permesso giornaliero retribuito o, in alternativa, a 3 giorni di permesso mensile, retribuiti e fruibili anche in maniera continuativa o frazionata”.

Permessi per i lavoratori che assistono un familiare con disabilità”

Il lavoratore dipendente ha diritto a fruire di 3 giorni di permesso mensile retribuito per assistere una persona con disabilità in situazione di gravità e cioè, secondo la terminologia introdotta dal D.Lgs. 62 del 2024, con necessità di sostegno elevato o molto elevato, non ricoverata a tempo pieno e rispetto alla quale il lavoratore sia coniuge, parte di un’unione civile, convivente di fatto, parente o affine entro il secondo grado. In caso di mancanza o decesso dei genitori o del coniuge o della parte di un’unione civile o del convivente di fatto, ovvero qualora gli stessi siano affetti da patologie invalidanti o abbiano compiuto 65 anni di età, il diritto è riconosciuto a parenti o affini entro il terzo grado della persona con disabilità da assistere”.

Permessi per i genitori di figli con disabilità”

La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre di minore con disabilità in situazione di gravità e cioè, secondo la terminologia introdotta dal D.Lgs. 62 del 2024, con necessità di sostegno elevato o molto elevato, hanno la possibilità di chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire: in alternativa al prolungamento fino a 3 anni del congedo parentale, di 2 ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino; oppure di 3 giorni di permesso mensile retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino”.

Congedo straordinario di 2 anni”

In caso di assistenza ad un soggetto con disabilità in situazione di gravità e cioè, secondo la terminologia introdotta dal D.Lgs. 62 del 2024, con necessità di sostegno elevato o molto elevato, il lavoratore ha diritto a fruire di un congedo straordinario della durata massima di 2 anni, retribuito dal datore di lavoro. Il diritto al congedo è riconosciuto ad una pluralità di soggetti conviventi con la persona da assistere, anche se la convivenza sia stata instaurata successivamente alla richiesta, secondo un ordine di priorità che tiene conto dell’eventuale decesso, mancanza o impossibilità di assistenza del soggetto deputato a prestarla”.

Capitolo 11 – L’estinzione del rapporto di lavoro

Le cause di estinzione del rapporto di lavoro subordinato”

Tipologia”

Il rapporto di lavoro può estinguersi per diverse cause. Tra queste, le principali sono: la scadenza del termine, applicabile ai rapporti di lavoro che prevedono una durata determinata; la morte del lavoratore; il recesso del prestatore di lavoro, noto come dimissioni, o del datore di lavoro, comunemente chiamato licenziamento; la risoluzione consensuale, o mutuo consenso, che si verifica quando entrambe le parti concordano di terminare il contratto”.

Il recesso di una delle parti del rapporto”

La cessazione del rapporto di lavoro avviene principalmente attraverso il recesso, che può essere attuato sia dal lavoratore con le dimissioni, sia dal datore di lavoro con il licenziamento del lavoratore. Il recesso è un atto unilaterale recettizio, nel senso che diventa efficace nel momento in cui l’altra parte ne viene a conoscenza. Nel rapporto di lavoro a tempo determinato, entrambe le parti non possono recedere dal contratto prima della scadenza del termine stabilito, a meno che si verifichi una giusta causa: in assenza di giusta causa, la parte che recede anticipatamente può essere obbligata a risarcire l’altra parte per i danni subiti a causa del recesso anticipato.

Nel rapporto di lavoro a tempo indeterminato, invece, mentre il recesso del lavoratore è libero, quello del datore di lavoro è sottoposto alla sussistenza di una causa giustificatrice”.

L’obbligo di preavviso”

Il recesso da un contratto a tempo indeterminato richiede l’osservanza di un periodo di preavviso, per permettere al datore di lavoro, in caso di dimissioni del lavoratore, di cercare un sostituto, e al lavoratore, in caso di licenziamento, di trovare una nuova occupazione. La durata del preavviso è determinata dai contratti collettivi e varia in base alla qualifica e all’anzianità di servizio del lavoratore. Durante questo periodo, il rapporto di lavoro continua normalmente, ed entrambe le parti devono rispettare tutti gli obblighi contrattuali inclusa l’esecuzione della prestazione lavorativa e il pagamento della retribuzione. La violazione dell’obbligo di preavviso impone alla parte recedente di corrispondere all’altra l’indennità di mancato preavviso, equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. L’obbligo di preavviso non è tuttavia richiesto quando le dimissioni o il licenziamento avvengono per giusta causa”.

L’estinzione del rapporto di lavoro nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”

Il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza ha previsto, all’articolo 189, che i rapporti di lavoro subordinato in corso alla data della sentenza dichiarativa dell’apertura della procedura di liquidazione giudiziale restano sospesi fino a quando il curatore, previa autorizzazione del giudice, comunica ai lavoratori di subentrarvi, assumendo i relativi obblighi, ovvero il recesso. Quando non è disposta né autorizzata la prosecuzione dell’esercizio dell’impresa e non è possibile il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo, il curatore comunica per iscritto il recesso dai relativi rapporti di lavoro subordinato. In ogni caso, decorso il termine di 4 mesi dalla data di apertura della liquidazione giudiziale senza che il curatore abbia comunicato il subentro, i rapporti di lavoro subordinato cessano con decorrenza dalla data di apertura della liquidazione giudiziale: peraltro, il curatore o i singoli lavoratori possono chiedere al giudice la proroga di questo termine se sussistono elementi concreti per l’autorizzazione all’esercizio dell’impresa o per il trasferimento dell’azienda o di un suo ramo”.

La disciplina delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali”

La procedura telematica”

Salvo eccezioni, sia per le dimissioni volontarie e che per le risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro, devono essere utilizzati, a pena di inefficacia, i moduli resi disponibili dal Ministero del Lavoro e trasmessi al datore di lavoro e alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro.

Entro sette giorni dalla trasmissione del modulo, il lavoratore ha diritto di revocare le dimissioni o la risoluzione consensuale, utilizzando le stesse modalità”.

Le dimissioni di fatto o per fatti concludenti”

In caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, oltre i 15 giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima.

In questo caso, non si deve applicare la procedura telematica perché il rapporto di lavoro s’intende risolto per volontà del lavoratore, realizzandosi un’ipotesi di dimissioni per fatti concludenti.

L’effetto risolutivo, tuttavia, non si verifica quando: l’Ispettorato accerta la non veridicità della comunicazione da parte del datore di lavoro; il lavoratore dimostra di non aver potuto comunicare i motivi che giustificano la sua assenza per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro”.

La disciplina del licenziamento individuale”

Dalla libertà di recesso alla disciplina limitativa dei licenziamenti”

Nel codice civile del 1865, la materia del lavoro era circoscritta in una visione economica esclusivamente di tipo liberale, sostanzialmente ribadita dal codice civile del 1942, che prevedeva univocamente la libertà di recesso del datore e del prestatore dal contratto di lavoro a tempo indeterminato. Con l’entrata in vigore della Costituzione, però, si sono però affermati principi fondamentali come l’uguaglianza sostanziale e la tutela del lavoro, gettando le basi per l’emanazione di una legge che prevedesse il divieto dei licenziamenti immotivati. Sicché, furono previste: con la legge 604 del 1966, l’illegittimità dei licenziamenti intimati senza una giusta causa o un giustificato motivo; con lo Statuto dei lavoratori, all’articolo 18, la cosiddetta tutela reale, cioè la reintegrazione nel posto di lavoro del lavoratore illegittimamente licenziato”.

L’intervento di riforma della legge Fornero”

La legge Fornero ha introdotto cambiamenti radicali al sistema di tutela reale previsto dallo Statuto dei lavoratori, limitando il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, precedentemente applicato in tutti i casi di licenziamento illegittimo, alle sole ipotesi di illegittimità più gravi, mentre in tutti gli altri casi ai lavoratori viene riconosciuta un’indennità economica come risarcimento del danno subito. Un’altra significativa novità è stata l’introduzione del contributo di licenziamento, anche chiamato ticket licenziamento, a carico del datore di lavoro, che deve essere versato in tutti i casi di interruzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato per le causali che danno diritto alla NASPI”.

La disciplina dei licenziamenti nel Jobs Act”

Allo scopo di rafforzare le opportunità di ingresso nel mondo del lavoro delle persone in cerca di occupazione, la legge 183 del 2014, cosiddetto Jobs Act, ha delegato il Governo ad emanare uno o più decreti legislativi che prevedessero, per le nuove assunzioni, il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, cosiddetto CATUC. In attuazione del Jobs Act, è stato, quindi, emanato il D.Lgs. 23 del 2015 che ha disciplinato il regime sanzionatorio del licenziamento illegittimo dei lavoratori con qualifica di operai, impiegati o quadri assunti, dal 7 marzo 2015, con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti. Il punto focale della disciplina è il concetto di tutele crescenti secondo cui, semplicemente, l’entità dell’indennità risarcitoria dovuta al lavoratore cresce in relazione agli anni di servizio presso il datore di lavoro recedente. Il D.Lgs. 23 del 2015 ha in sostanza delineato un sistema di tutele del lavoratore illegittimamente licenziato, che si affianca non solo all’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, ma anche alla tutela prevista dalla legge 604 del 1966”.

Gli ulteriori interventi sulla disciplina dei licenziamenti illegittimi”

Negli ultimi anni la disciplina dei licenziamenti illegittimi è stata oggetto di modifiche legislative; tuttavia, sono gli interventi della Corte costituzionale ad avere avuto maggiore peso sull’intero impianto normativo. In particolare, tra i principali interventi sui licenziamenti a tutele crescenti, ricordiamo, in primo luogo, le sentenze 194 del 2018 e 150 del 2020 che, dichiarando costituzionalmente illegittimi rispettivamente il primo comma dell’articolo 3 e l’articolo 4 del D.Lgs. 23 del 2015, hanno sottolineato l’illegittimità del meccanismo di quantificazione dell’indennità, prima stabilita applicando rigidamente il criterio dell’anzianità di servizio; secondo la Consulta, invece, è necessario, in considerazione del caso concreto, applicare anche gli ulteriori criteri rinvenibili nella disciplina dei licenziamenti illegittimi. Con la sentenza 128 del 2024, è stato dichiarato illegittimo anche il secondo comma dell’ articolo 3 del D.Lgs. 23 del 2015, nella parte in cui non prevedeva l’applicazione della tutela reintegratoria nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale allegato dal datore di lavoro. Con la sentenza 22 del 2024, è stata poi dichiarata l’illegittimità del primo comma dell’articolo 2 del D.Lgs. 23 del 2015, laddove limitava la tutela reintegratoria piena ai soli casi di nullità dei licenziamenti espressamente previsti dalla legge, mentre tale tutela va riconosciuta anche quando la nullità del licenziamento non sia espressamente prevista, purché rechi un divieto di licenziamento al ricorrere di determinati presupposti. Ulteriori interventi della Corte costituzionale hanno riguardato, poi, il settimo comma dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori secondo cui, a seguito delle modifiche operate dalla legge Fornero, il giudice può applicare la tutela reintegratoria in caso di manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento per giustificato motivo oggettivo. In particolare, i profili di illegittimità sono due e hanno riguardato: il primo, il potere del giudice di disporre la reintegrazione nel posto di lavoro, il secondo, il carattere manifesto dell’insussistenza del fatto. Tali aspetti sono stati oggetto, rispettivamente, delle sentenze 59 del 2021 e 125 del 2022, con la conseguenza che ora il giudice applica la tutela reintegratoria in caso di insussistenza del fatto”.

L’attuale assetto normativo”

L’attuale disciplina dei licenziamenti illegittimi si articola su due complessi normativi. Il primo si basa sugli articoli 18 della legge 300 del 1970 e 8 della legge 604 del 1966, mentre il secondo è fondato sulle disposizioni del D.Lgs. 23 del 2015, applicabile a tutti gli assunti a partire dal 7 marzo 2015”.

La regolamentazione del licenziamento”

I presupposti di legittimità”

Affinché il recesso datoriale sia legittimo, devono essere rispettati i requisiti sostanziali e formali previsti dalla legge. I requisiti sostanziali si traducono nell’obbligo di una causa giustificatrice del recesso: il licenziamento del prestatore di lavoro, infatti, non può avvenire che per giusta causa o per giustificato motivo. I requisiti formali riguardano essenzialmente la forma e il contenuto dell’atto di recesso, nonché la procedura di comunicazione, diversa, in generale, a seconda della causa giustificatrice e delle dimensioni occupazionali del datore di lavoro”.

L’onere della prova”

L’onere della prova della sussistenza della giusta causa o del giustificato motivo di licenziamento spetta al datore di lavoro. Nel caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore deve dimostrare non solo l’effettività delle ragioni poste a base del licenziamento, ma anche l’impossibilità di una diversa proficua utilizzazione dei lavoratori licenziati: è questo il cosiddetto obbligo di repêchage. Qualora invece si tratti di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, ovvero per giustificato motivo oggettivo, soggetto alla disciplina delle tutele crescenti, il lavoratore è tenuto a dimostrare direttamente l’insussistenza del fatto materiale contestatogli, ovvero allegato dal datore di lavoro, se intende ottenere la reintegrazione nel posto di lavoro. Nel caso di licenziamento discriminatorio, la specifica normativa consente al lavoratore di avvalersi di presunzioni e dati statistici provare la discriminazione subita, con la conseguenza che spetta poi al datore provare l’insussistenza della discriminazione. L’onere della prova del carattere ritorsivo del licenziamento grava, invece, sul lavoratore, che deve dimostrare che è stato intimato come reazione arbitraria e ingiusta ad un suo legittimo comportamento”.

I requisiti sostanziali”

La giusta causa”

L’articolo 2119 del codice civile definisce la giusta causa come causa che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto: si tratta di un qualsiasi fatto di oggettiva gravità, riferibile alla sfera sia contrattuale che extracontrattuale. La gravità delle ragioni legittima il licenziamento in tronco, cioè l’interruzione immediata del rapporto di lavoro, in quanto non grava sul datore di lavoro l’onere di dare il preavviso”.

Il giustificato motivo soggettivo”

Il giustificato motivo soggettivo consiste nel notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro. Si tratta di fatti o comportamenti colposi del lavorator, strettamente attinenti al rapporto di lavoro, che, sebbene meno gravi rispetto all’ipotesi di giusta causa, sono tali da far venir meno nel datore la fiducia posta a fondamento del rapporto”.

Il licenziamento disciplinare”

Si qualifica come disciplinare il licenziamento motivato dall’inadempimento degli obblighi contrattuali da parte del lavoratore, risolvendosi nella più grave sanzione disciplinare adottabile dal datore di lavoro”.

Il giustificato motivo oggettivo”

Il licenziamento può essere intimato anche per fatti inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa. Al giustificato motivo oggettivo si riconducono anche fatti attinenti alla sfera del lavoratore, ma a lui non imputabili a titolo di colpa, che hanno una ricaduta sull’organizzazione aziendale e che legittimano l’interruzione del rapporto, come ad esempio la perdita di titoli professionali necessari per lo svolgimento di un’attività.

Prima di procedere al licenziamento per giustificato motivo oggettivo, il datore ha l’obbligo di verificare la possibilità di un’altra proficua utilizzazione del lavoratore: si tratta del cosiddetto obbligo di repêchage, ossia obbligo di ripescaggio”.

I divieti di licenziamento”

La legge prevede delle ipotesi in cui, in un determinato arco di tempo, il licenziamento è vietato: tale arco di tempo è denominato periodo di comporto. Ad esempio, il licenziamento è vietato nei casi

di: matrimonio della lavoratrice, nel periodo compreso dal giorno della richiesta delle pubblicazioni fino ad un anno dopo la celebrazione del matrimonio; maternità e paternità, dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione dal lavoro, nonché fino al compimento di un anno di età del bambino; infortunio o malattia, per tutto il periodo previsto dalla legge o dai contratti collettivi; richiamo alle armi, per il periodo del richiamo, e il lavoratore non può essere licenziato prima che siano trascorsi tre mesi dalla ripresa dell’occupazione.

È altresì vietato il licenziamento, ad esempio, dei lavoratori eletti a svolgere pubbliche funzioni e dei lavoratori che partecipano a scioperi”.

Il licenziamento discriminatorio”

È discriminatorio il licenziamento determinato da motivi di credo politico o fede religiosa, dall’appartenenza ad un sindacato e dalla partecipazione ad attività sindacali, o ad uno sciopero, o conseguente all’esercizio di un diritto ovvero alla segnalazione, alla denuncia all’autorità giudiziaria o contabile o alla divulgazione pubblica (whistleblowing), nonché da ragioni connesse all’etnia, alla lingua, al genere, a situazioni di disabilità, all’età, alla nazionalità, all’orientamento sessuale o alle convinzioni personali”.

I requisiti formali e procedurali”

La comunicazione del licenziamento: forma e contenuto”

Salvo eccezioni, il datore di lavoro deve comunicare per iscritto il licenziamento al lavoratore, specificando i motivi che hanno determinato il licenziamento. La comunicazione per iscritto con indicazione della causa giustificatrice costituisce la cosiddetta procedura elementare, necessaria per la legittimità del licenziamento. Vi sono ipotesi in cui è invece richiesto al datore di lavoro di osservare una procedura più complessa prima di adottare l’atto di licenziamento, diversa a seconda della tipologia di recesso”.

La procedura per l’intimazione del licenziamento disciplinare”

Prima di intimare il licenziamento per motivi disciplinari, il datore di lavoro deve contestare preventivamente al lavoratore l’addebito e consentirgli di difendersi, anche con l’assistenza di un rappresentante sindacale”.

La procedura per l’intimazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo”

Il datore di lavoro con più di 15 dipendenti deve inviare una comunicazione all’Ispettorato del lavoro, da trasmettere anche al lavoratore, in cui dichiara l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo, indicando i motivi e le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore. Entro 7 giorni dalla ricezione della richiesta, l’Ispettorato trasmette la convocazione per un incontro sia al datore che al lavoratore, per un incontro innanzi alla commissione provinciale di conciliazione. Se la conciliazione ha esito positivo e prevede la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, si applicano le disposizioni in materia di NASPI e può essere previsto l’affidamento del lavoratore, ad esempio, ad un’agenzia per il lavoro; se invece il tentativo di conciliazione ha esito negativo e, comunque, è decorso vanamente il termine di 7 giorni per la trasmissione della convocazione, il datore può comunicare il licenziamento al lavoratore. In alcune ipotesi, questa procedura non si applica, come ad esempio nel caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto”.

Gli effetti del licenziamento”

Il licenziamento intimato all’esito del procedimento disciplinare o del procedimento per licenziamento per giustificato motivo oggettivo produce effetto dal giorno della comunicazione con cui il procedimento medesimo è stato avviato, salvo il diritto del lavoratore al preavviso o alla relativa indennità sostitutiva. Il periodo di eventuale lavoro svolto in costanza della procedura si considera come preavviso lavorato”.

L’illegittimità del licenziamento e le conseguenze sanzionatorie”

Le diverse ipotesi di illegittimità”

La mancanza di un requisito sostanziale rende il licenziamento annullabile, mentre l’assenza di un requisito formale ne determina l’inefficacia. Le conseguenze sanzionatorie variano in base a due criteri principali, ossia le dimensioni dell’impresa, che può essere piccola o medio/grande, nonché la data di assunzione del lavoratore, che costituisce il criterio generale per stabilire quali norme applicare. Il licenziamento intimato, invece, per motivi discriminatori o altro motivo illecito è nullo, ed è sottoposto a un regime sanzionatorio indipendente dalle dimensioni dell’impresa”.

I requisiti dimensionali del datore di lavoro ai fini dell’applicazione dei regimi sanzionatori”

Per determinare il regime sanzionatorio applicabile a un licenziamento illegittimo, è fondamentale stabilire le dimensioni occupazionali del datore di lavoro: le imprese si classificano in medio/grandi e piccole, in base al numero di lavoratori impiegati. Le imprese sono medio/grandi se il datore di lavoro: in ciascuna sede, stabilimento, filiale, ufficio o reparto autonomo nel quale ha avuto luogo il licenziamento, occupa alle sue dipendenze più di 15 lavoratori o, se si tratta di imprenditore agricolo, più di 5 lavoratori; oppure nell’ambito dello stesso Comune, occupa alle sue dipendenze più di 15 lavoratori e, se imprenditore agricolo, più di 5 lavoratori, anche se ciascuna unità produttiva, singolarmente considerata, non raggiunge tali limiti; e in ogni caso, occupa più di 60 dipendenti. Le imprese che non raggiungono questi limiti occupazionali sono invece considerate piccole”.

Il campo di applicazione del regime sanzionatorio nell’ambito delle tutele crescenti”

Il regime sanzionatorio dei licenziamenti individuali illegittimi secondo la disciplina delle tutele crescenti si applica a tutti i lavoratori con qualifica di operai, impiegati e quadri assunti con contratto a tempo indeterminato a partire dal 7 marzo 2015, data di entrata in vigore del D.Lgs. 23 del 2015. Tuttavia, in alcuni casi, la disciplina delle tutele crescenti viene applicata anche ai lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015: ad esempio in caso di conversione, successiva al 7-3-2015, di contratto a tempo determinato in contratto a tempo indeterminato”.

Il regime sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi dei lavoratori assunti prima del 7-3-2015”

Il regime sanzionatorio applicato ai licenziamenti illegittimi è differente a seconda che si tratti di lavoratori assunti prima e dopo il 7 marzo 2015. Per i primi, il regime sanzionatorio è il seguente: in caso di licenziamento discriminatorio, nullo e orale, indipendentemente dai limiti dimensionali del datore di lavoro, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento del danno in misura non inferiore a 5 mensilità; per i casi di licenziamento ingiustificato più gravi, nelle imprese medio/grandi, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento del danno in misura non superiore a 12 mensilità; per i casi di licenziamento ingiustificato meno gravi, nelle imprese medio/grandi, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in misura compresa tra 12 e 24 mensilità; per i casi di licenziamento inefficaci per vizi diversi dall’assenza di forma scritta, nelle imprese medio/grandi, il lavoratore ha diritto al risarcimento del danno in misura compresa tra 6 e 12 mensilità; per i casi di licenziamenti ingiustificati, nelle imprese di piccole dimensioni, il lavoratore ha diritto alla riassunzione o, in alternativa, al risarcimento del danno in misura compresa tra 2,5 e 6 mensilità.”.

Il regime sanzionatorio dei licenziamenti illegittimi dei lavoratori assunti dal 7-3-2015”

Per i lavoratori assunti a partire dal 7-3-2015 il regime sanzionatorio è il seguente: per le ipotesi di licenziamento discriminatorio, nullo e orale, nonché privo di giustificazione per motivo consistente nella disabilità fisica o psichica del lavoratore, indipendentemente dai limiti dimensionali del datore di lavoro, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento del danno in misura non inferiore a 5 mensilità; per i casi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa, ovvero per giustificato motivo oggettivo, nell’ipotesi in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore, ovvero allegato dal datore di lavoro, nelle imprese medio/grandi, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro e al risarcimento del danno in misura non superiore a 12 mensilità; per ogni altro caso di licenziamento ingiustificato diverso dalle ipotesi menzionate, nelle imprese medio/grandi, è prevista l’estinzione del rapporto di lavoro e il diritto del lavoratore al pagamento di un’indennità in misura non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità; nei casi di licenziamento inefficace, per vizi diversi dall’assenza di forma scritta, nelle imprese medio/grandi, è prevista l’estinzione del rapporto di lavoro e il diritto del lavoratore al pagamento di un’indennità in misura non inferiore a 2 e non superiore a 12 mensilità; nei casi di licenziamenti ingiustificati e inefficaci (non orali), nelle imprese di piccole dimensioni, è prevista l’estinzione del rapporto di lavoro e il diritto del lavoratore ad un’indennità dimezzata rispetto alle due ipotesi precedenti, fermo comunque il limite massimo di sei mensilità.”.

L’indennità sostitutiva della reintegrazione (cd. opting out)”

In tutti i casi in cui viene accertata l’illegittimità del licenziamento e riconosciuto il diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro, il lavoratore può rinunciarvi optando, in sostituzione, per un’indennità pari a 15 mensilità, cosiddetta opting out. Il diritto all’indennità sostitutiva della reintegrazione, nonché i termini e le modalità per esercitarlo, sono i medesimi, indipendentemente dal regime sanzionatorio applicabile, così come in entrambe le ipotesi la richiesta dell’indennità determina la risoluzione del rapporto di lavoro”.

L’impugnazione e la revoca del licenziamento”

I termini e le modalità di impugnazione”

Per quanto riguarda l’impugnazione del licenziamento, i passaggi sono i seguenti: il lavoratore deve impugnare il licenziamento nel termine di decadenza di 60 giorni dalla ricezione della comunicazione in forma scritta dello stesso, con qualsiasi atto scritto, anche stragiudiziale, idoneo a rendere nota la sua volontà. Entro i successivi 180 giorni, a pena di inefficacia dell’impugnazione, il lavoratore deve depositare il ricorso giudiziale ordinario o d’urgenza, ovvero comunicare alla controparte la richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato. In questa seconda ipotesi, se la conciliazione o l’arbitrato sono rifiutati o l’accordo non è stato raggiunto, entro 60 giorni dal rifiuto o dal mancato accordo deve essere depositato, a pena di decadenza, il ricorso giudiziale”.

La revoca del licenziamento”

Il datore di lavoro può revocare il licenziamento entro 15 giorni dalla comunicazione dell’impugnazione da parte del lavoratore: in tal caso, il rapporto di lavoro s’intende ripristinato senza soluzione di continuità”.

Il regime sanzionatorio dei licenziamenti discriminatori, nulli e orali”

In caso di licenziamento discriminatorio, il lavoratore ha diritto al reintegro nel posto di lavoro.”.

Il licenziamento ad nutum”

In alcune ipotesi, il datore di lavoro può recedere dal contratto senza dover fornire una motivazione: questo è il licenziamento ad nutum, letteralmente ad un semplice cenno. Tuttavia, anche in questi casi, il lavoratore ha diritto a un preavviso, a meno che non vi sia una giusta causa di recesso o si tratti di lavoratori in prova. Il regime di libera recedibilità si applica a diverse categorie di lavoratori, tra cui i dirigenti, i lavoratori domestici, nonché i lavoratori ultrasessantenni in possesso dei requisiti pensionistici che non decidano di proseguire l’attività lavorativa”.

Il licenziamento nelle organizzazioni di tendenza”

In caso di illegittimità del licenziamento, i lavoratori delle organizzazioni di tendenza, ossia delle organizzazioni che svolgono, senza fini di lucro, attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto, indipendentemente dal numero dei lavoratori occupati, hanno diritto alla riassunzione del lavoratore o, in alternativa, al risarcimento del danno in misura compresa tra 2,5 e 6 mensilità. Resta ferma l’applicabilità della tutela prevista in generale in caso di licenziamento discriminatorio, nonché una disciplina specifica in caso di licenziamento ideologico, ossia intimato, al fine di tutelare la tendenza, ad esempio religiosa, dell’organizzazione”.

La disciplina dei licenziamenti collettivi”

Le finalità”

La materia dei licenziamenti collettivi per riduzione di personale è disciplinata dalla legge 223 del 1991, nell’ambito di una regolamentazione a largo raggio delle crisi d’impresa, che presenta il comune denominatore di perseguire la ricerca di soluzioni alternative al licenziamento e garantire, comunque, misure per la rioccupazione dei lavoratori coinvolti nei processi di ridimensionamento, riorganizzazione o ristrutturazione aziendale”.

La procedura ordinaria (L. 223/1991)”

La procedura di cui alla legge 223 del 1991 si applica quando sussistono contemporaneamente le seguenti condizioni: si tratta di un datore di lavoro che occupa più di 15 dipendenti; sia avvenuta una riduzione o trasformazione di attività o lavoro o s’intenda cessare l’attività; s’intendano effettuare almeno 5 licenziamenti nell’arco di 120 giorni; ciò avvenga nell’ambito della medesima unità produttiva o nell’ambito di più unità produttive della stessa Provincia; detti licenziamenti, nello stesso arco di tempo e nello stesso ambito, siano riconducibili alla medesima riduzione o trasformazione di attività o lavoro. La procedura si applica anche all’impresa che è stata ammessa alla CIGS quando, nel corso di attuazione del programma, ritiene di non essere in grado di garantire il reimpiego a tutti i lavoratori sospesi e di non poter ricorrere a misure alternative. In entrambi i casi, quando il datore intende procedere ai licenziamenti deve preliminarmente darne comunicazione alle RSA o RSU, e alle rispettive associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale. A seguito della comunicazione, le RSA o RSU e le associazioni di categoria possono chiedere un incontro con l’imprenditore per valutare la situazione e tentare strade alternative ai licenziamenti. Se non si raggiunge un accordo, l’ITL convoca le parti per effettuare un ulteriore tentativo. Esaurita questa fase, con o senza accordo, il datore di lavoro può procedere ai singoli recessi, individuando i lavoratori da licenziare tra tutti quelli eccedenti”.

La procedura speciale del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”

Alle imprese in stato di liquidazione giudiziale si applica la procedura del Codice della crisi e dell’insolvenza. Sicché, se il curatore, in presenza dei requisiti numerici e temporali generali, intende avviare la procedura di licenziamento collettivo è tenuto a darne comunicazione preventiva per iscritto alle RSA o RSU e alle rispettive associazioni di categoria, da trasmettere anche all’ITL competente. Entro 7 giorni dal ricevimento della comunicazione, le rappresentanze sindacali e le rispettive associazioni formulano per iscritto al curatore istanza per un esame congiunto, che può essere convocato anche dall’ITL, entro 40 giorni dal ricevimento della comunicazione, nel solo caso in cui l’avvio della procedura di licenziamento collettivo non sia stato determinato dalla cessazione dell’attività dell’azienda o di un suo ramo. Se non viene raggiunto l’accordo sindacale entro 10 giorni dall’inizio della consultazione, ovvero non viene presentata l’istanza, né fissato l’esame congiunto dall’ITL, la procedura si intende esaurita”.

Illegittimità del licenziamento e regimi sanzionatori”

Anche in caso di licenziamenti collettivi illegittimi coesistono due distinti regimi sanzionatori, uno per i lavoratori assunti prima del 7 marzo 2015 e un altro per quelli assunti dopo tale data. Per i primi, il regime sanzionatorio è il seguente: in caso di violazione della forma scritta, il giudice ordina al datore di lavoro la reintegrazione nel posto di lavoro e lo condanna al risarcimento del danno; in caso di violazione della procedura ordinaria o di quella per la liquidazione giudiziale, il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro e condanna il datore al pagamento di un’indennità risarcitoria compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 24 mensilità; in caso di violazione dei criteri di scelta, il giudice annulla il licenziamento e ordina al datore la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e lo condanna al pagamento di un’indennità risarcitoria non superiore a 12 mensilità. Il regime sanzionatorio previsto per i lavoratori assunti dal 7 marzo 2015 è invece così articolato: in caso di violazione della forma scritta, il giudice ordina al datore la reintegrazione nel posto di lavoro e lo condanna al risarcimento del danno; in caso di violazione della procedura ordinaria, o di quella prevista in caso di liquidazione giudiziale, e per violazione dei criteri di scelta, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro e condanna il datore al pagamento di un’indennità, in misura comunque non inferiore a 6 e non superiore a 36 mensilità. Una disciplina specifica è poi prevista per l’illegittimità del licenziamento del dirigente”.

La procedura di licenziamento collettivo nelle aziende con almeno 250 dipendenti”

Per la sintesi di questo argomento, scrivi i titoli dei sottoparagrafi del tuo manuale 😊”.

Le finalità”

La speciale procedura prevista in caso di licenziamento collettivo in aziende con più di 250 dipendenti ha l’obiettivo di salvaguardare il tessuto occupazionale in caso di chiusura di una sede o struttura autonoma aziendale.”.

Campo di applicazione”

La procedura si applica se il datore di lavoro, nell’anno precedente, ha occupato almeno 250 dipendenti e se procede alla chiusura di una sede, stabilimento o filiale con cessazione definitiva delle attività e licenziamento di almeno 50 lavoratori.”.

La procedura”

La procedura inizia con la comunicazione scritta, da effettuare almeno 180 giorni prima dell’avvio delle procedure di licenziamento, alle RSA (o RSU), alle sedi territoriali elle associazioni sindacali di categoria più rappresentative sul piano nazionale, alle Regioni interessate, al Ministro del Lavoro e al Ministro dello sviluppo economico.”.

Il piano aziendale”

Il dato di lavoro elabora un piano aziendale con una durata di massimo 12 mesi. Il piano deve essere presentato alle rappresentanze sindacali, alle Regioni e ai Ministeri e deve indicare: le zioni programmate per la salvaguardia dei livelli occupazionali, le azioni finalizzate alla rioccupazione o all’autoimpiego, le prospettive di cessione dell’azienda, gli eventuali progetti di riconversione e, infine, tempi e modalità di attuazione delle azioni previste.”.

Il regime sanzionatorio”

Per lo studio del regime sanzionatorio, leggi il paragrafo dedicato sul tuo manuale”.

La cessazione definitiva dell’attività al termine della procedura”

Se il datore di lavoro cessa definitivamente l’attività produttiva con riduzione del personale superiore al 40%, dovrà restituire sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o vantaggi economici percepiti nei 10 anni precedenti”.

Capitolo 12 – La disciplina del trattamento di fine rapporto

Il trattamento di fine rapporto (TFR)

In ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro, e indipendentemente dalla tipologia di contratto, il lavoratore ha diritto al TFR, che si determina attraverso l’accantonamento, mese per mese, di una quota della retribuzione corrisposta al lavoratore, che viene poi liquidata in un’unica soluzione al termine del rapporto di lavoro. Il diritto al TFR si prescrive in 5 anni, che decorrono dalla data di cessazione del rapporto di lavoro”.

Le modalità di calcolo”

Il TFR si calcola accantonando, al termine di ogni anno di lavoro, una quota pari, e comunque non superiore, all’importo della retribuzione spettante nell’anno diviso per 13,5. In particolare, la retribuzione che si deve prendere in considerazione è quella lorda erogata al lavoratore durante l’anno, che poi va divisa per 13,5: sicché la quota da accantonare è pari, all’incirca, al 6,91% della retribuzione annua. All’importo annuo il datore di lavoro deve sottrarre la somma derivante dall’applicazione dell’aliquota contributiva dello 0,50%, dovuta per la generalità dei lavoratori: si tratta di una trattenuta dovuta dal lavoratore a favore del Fondo pensioni lavoratori dipendenti.

La quota di TFR accantonata, ad eccezione di quella maturata nell’anno in corso, deve essere incrementata, su base composta, al 31 dicembre di ogni anno, con l’applicazione di un tasso costituito dall’1,5 per cento in misura fissa e dal 75 per cento dell’aumento dell’indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, rispetto al mese di dicembre dell’anno precedente.

Il TFR maturato complessivamente è dato dalla quota accantonata per l’anno corrente più le quote di TFR accantonate e rivalutate relative agli anni precedenti”.

Le anticipazioni sul TFR”

Il lavoratore può chiedere, in costanza di rapporto di lavoro, un’anticipazione sul TFR maturato, ad esempio, per l’acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i propri figli. Il lavoratore ha però diritto di chiedere l’anticipazione soltanto se ha maturato almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro e, comunque, la somma anticipata non può superare il 70 per cento del TFR maturato alla data della richiesta. L’anticipazione può essere ottenuta dal lavoratore una sola volta nel corso del rapporto di lavoro e il datore di lavoro è tenuto ad accogliere le richieste che gli pervengono entro i limiti previsti dalla legge”.

L’indennità sostitutiva del TFR in caso di morte del lavoratore”

In caso di morte del lavoratore, il TFR maturato e spettante al lavoratore alla data del decesso è corrisposto, sotto forma di indennità sostitutiva, ai suoi superstiti: in particolare, ne hanno diritto il coniuge, i figli e, se vivevano a carico del prestatore di lavoro, anche i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo”.

La devoluzione del TFR alla previdenza complementare”

Per la sintesi dell’argomento, scrivi i titoli dei sottoparagrafi del tuo manuale.”.

Il sistema della previdenza complementare”

La previdenza complementare si poggia su fondi pensione privati. Si affianca al sistema pensionistico obbligatorio pubblico e, per questo motivo, è definita come il cd. secondo pilastro del sistema previdenziale.”.

Le modalità di conferimento del TFR nel fondo pensione”

Le modalità di conferimento del TFR nel fondo pensione sono principalmente due: una esplicita, da effettuare entro 6 mesi dall’assunzione, e un’altra tacita, quando il lavoratore, entro il termine di sei mesi, non esprime alcuna volontà.”.

Gli effetti sul regime del TFR”

Per la sintesi dell’argomento, leggi il paragrafo dedicato sul manuale”.

Capitolo 13 – I contratti speciali di lavoro

La specialità dei rapporti di lavoro””

La specialità di alcuni contratti può derivare dalla durata della prestazione lavorativa, dalla causa del rapporto e dal contesto in cui la prestazione di lavoro viene resa”.

Il contratto di apprendistato”

Caratteristiche”

Il contratto di apprendistato è un contratto di lavoro a tempo indeterminato finalizzato alla formazione e all’occupazione dei giovani. La specialità del contratto di apprendistato deriva dalla causa del contratto, che è mista, cioè non solo scambio tra prestazione di lavoro e retribuzione, ma anche, e soprattutto, scambio tra attività lavorativa e formazione professionale, cui è tenuto il datore di lavoro”.

Apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore e il certificato di specializzazione tecnica superiore”

Questa tipo di apprendistato, detto anche di primo livello, è finalizzato al conseguimento di un titolo di studio tramite un percorso formativo duale che si realizza, in parte, presso un’istituzione formativa, come ad esempio, un’istituzione scolastica che eroga la formazione esterna e in parte sul posto di lavoro, cioè presso un’impresa che eroga la formazione interna.

Con l’apprendistato di primo livello possono essere assunti i giovani dai 15 anni di età compiuti e fino al compimento dei 25 anni, salvo eccezioni di legge”.

Apprendistato professionalizzante”

Questa tipo di apprendistato, detto anche di secondo livello, è finalizzato al conseguimento di una qualifica professionale a fini contrattuali. Con l’apprendistato di secondo livello possono essere assunti, in tutti i settori di attività, i giovani di età compresa tra i 18 e i 29 anni, salvo eccezioni di legge”.

Apprendistato di alta formazione e di ricerca”

Questa tipo di apprendistato, detto anche di terzo livello, è finalizzato al conseguimento di titoli di studio universitari e dell’alta formazione, compresi i dottorati di ricerca, la specializzazione tecnica superiore, nonché al praticantato per l’accesso agli ordini professionali. Con l’apprendistato di terzo livello possono essere assunti, in tutti i settori di attività, i giovani di età compresa dai 18 ai 29 anni in possesso di un diploma di istruzione superiore o di un diploma professionale (o titolo equivalente)”.

Disciplina del rapporto di lavoro”

La disciplina del contratto di apprendistato è rimessa ad accordi interconfederali ovvero ai contratti collettivi nazionali di lavoro stipulati dalle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nel rispetto dei principi stabiliti dal decreto legislativo 81 del 2015, tra cui rileva ad esempio la necessità della forma scritta ai fini della prova e il divieto di retribuzione a cottimo. Al termine del periodo di formazione, le parti possono recedere dal contratto, dandone preavviso ma, in mancanza di recesso, il rapporto prosegue come un normale rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato”.

L’assunzione degli apprendisti. Limiti”

L’assunzione degli apprendisti segue le regole ordinarie valevoli per tutti i contratti di lavoro ma, in più, è soggetta ad un limite di contingentamento, cioè deve essere mantenuto un determinato rapporto tra apprendisti e lavoratori qualificati in organico. Inoltre, all’apprendistato professionalizzante si applica un limite di stabilizzazione nel caso in cui il datore di lavoro occupi almeno 50 dipendenti. In questa ipotesi, infatti, l’assunzione dei giovani è subordinata alla verifica che, nei 36 mesi precedenti, almeno il 20% degli apprendisti, o diversa percentuale prevista dalla contrattazione collettiva, sia stata mantenuta in servizio alla scadenza del contratto. In caso di violazione del limite di stabilizzazione, gli apprendisti assunti in sovrannumero sono considerati lavoratori subordinati a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto”.

Il mancato assolvimento dell’obbligo formativo”

In caso di mancata attività di formazione, il datore di lavoro deve restituire, maggiorati, i benefici contributivi connessi all’assunzione di apprendisti. In particolare, nel caso in cui si accerti un grave inadempimento dell’obbligo formativo, tale da impedire la realizzazione delle finalità del contratto, imputabile esclusivamente al datore di lavoro, questi è obbligato a corrispondere agli istituti previdenziali la differenza tra la minore contribuzione versata e quella prevista per la qualifica da far raggiungere all’apprendista, maggiorata del 100%”.

Il lavoro a tempo parziale”

Per la sintesi dell’argomento, scrivi i titoli dei sottoparagrafi del tuo manuale”

Caratteristiche”

Il lavoro a tempo parziale, o part-time, si sostanzia in un rapporto di lavoro subordinato, a tempo indeterminato o a termine, caratterizzato da un orario di lavoro inferiore rispetto all’orario di lavoro a tempo pieno: l’orario di lavoro pieno a cui fare riferimento è quello stabilito dalla legge in 40 ore settimanali o il minor orario settimanale fissato dal contratto collettivo.

Il contratto part-time deve essere stipulato in forma scritta al fine di provare la sussistenza del rapporto: se non si riesce a fornire la prova circa la stipulazione a tempo parziale del contratto di lavoro, potrà essere dichiarata, a domanda del lavoratore, la sussistenza fra le parti di un rapporto di lavoro a tempo pieno”.

La disciplina del rapporto di lavoro”

Il contratto di lavoro a tempo parziale deve avere forma scritta e deve indicare la durata della prestazione e la collocazione temporale dell’orario di lavoro con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all’anno.”.

Il lavoro supplementare e straordinario”

Nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi ed entro i limiti dell’orario normale di lavoro, il datore di lavoro può chiedere al lavoratore di effettuare prestazioni di lavoro supplementare, definite come prestazioni di lavoro svolte oltre l’orario concordato fra le parti anche in relazione alle giornate, alle settimane o ai mesi. In mancanza di previsioni del contratto collettivo, il lavoro supplementare può essere svolto entro i limiti posti dal D.Lgs. 81 del 2015: ad esempio, il datore di lavoro può richiederlo in misura non superiore al 25 per cento delle ore di lavoro settimanali concordate. Su richiesta del datore di lavoro, il lavoratore part-time può effettuare anche lavoro straordinario, cioè attività lavorativa svolta oltre l’orario legale settimanale”.

Le clausole di elasticità”

Nell’ambito di un rapporto di lavoro part-time, è possibile modificare la collocazione temporale della prestazione lavorativa e/o aumentare la durata della stessa attraverso la stipulazione di clausole di elasticità, che devono essere stipulate per iscritto e nel rispetto delle disposizioni della contrattazione collettiva. In mancanza di regole definite dal contratto collettivo, si applicano le previsioni del D.Lgs. 81 del 2015: ad esempio, sulla misura massima dell’aumento dell’orario, che non può eccedere il limite del 25 per cento della normale prestazione annua a tempo parziale; sul trattamento economico del lavoratore, che ha diritto ad una maggiorazione del 15 per cento della retribuzione oraria”.

La trasformazione del rapporto”

Il lavoratore part-time non ha un diritto alla trasformazione del proprio rapporto di lavoro in rapporto a tempo pieno, ma soltanto un diritto di precedenza alla trasformazione, cioè il diritto di essere preferito ad altri lavoratori in caso di nuove assunzioni a tempo pieno da parte del datore di lavoro, per l’espletamento delle stesse mansioni, o di mansioni di pari livello e categoria legale rispetto a quelle oggetto del rapporto di lavoro part-time. Il diritto di precedenza è però riconosciuto solo ai lavoratori che, assunti in origine a tempo pieno, hanno successivamente trasformato il proprio rapporto in part-time. Anche il lavoratore a tempo pieno, in generale, non ha un diritto alla trasformazione del proprio rapporto di lavoro in part-time, salvo ricorrano determinate ipotesi previste dalla legge: ad esempio, sia affetto da patologie oncologiche. È riconosciuta invece soltanto una priorità nella trasformazione del contratto di lavoro a tempo pieno in part-time ai lavoratori che si trovino in determinate circostanze previste dalla legge: ad esempio, lavoratori che abbiano il coniuge affetto da patologie oncologiche. Resta comunque ferma la possibilità per le parti di accordarsi per la trasformazione di un rapporto di lavoro a tempo pieno in part-time”.

Il lavoro intermittente”

Per la sintesi dell’argomento scrivi i titoli dei sottoparagrafi del tuo manuale 😊”.

Il lavoro intermittente”

Caratteristiche”

Mediante il contratto di lavoro intermittente un lavoratore si pone a disposizione di un datore di lavoro, che ne può utilizzare la prestazione lavorativa in modo discontinuo o intermittente. Elemento peculiare di tale tipologia contrattuale è che la prestazione non è effettuata con continuità, come accade in un normale rapporto di lavoro subordinato, ma solo su richiesta del datore, che può utilizzare il lavoratore intermittente solo quando ne ha effettivamente bisogno. Le esigenze per le quali è legittimo il ricorso al lavoro intermittente sono individuate dai contratti collettivi: oltre che nei casi previsti dai contratti collettivi, il contratto di lavoro intermittente è attivabile con soggetti con più di 55 anni di età e con soggetti con meno di 24 anni di età. Il ricorso al lavoro intermittente è ammesso, comunque, per ciascun lavoratore con lo stesso datore di lavoro, nel limite di un periodo complessivamente non superiore alle 400 giornate di effettivo lavoro nell’arco di 3 anni solari. In alcuni casi, il ricorso al lavoro intermittente è vietato: ad esempio, per la sostituzione di lavoratori in sciopero”.

La disciplina del rapporto di lavoro”

Il contratto di lavoro intermittente deve essere redatto in forma scritta ai fini della prova, e deve contenere determinati elementi, tra cui la natura variabile della programmazione del lavoro, la durata e le condizioni che permettono la stipulazione del contratto, nonché il trattamento economico e normativo spettante al lavoratore. Nel contratto di lavoro devono essere indicati anche il luogo e le modalità della disponibilità eventualmente garantita dal lavoratore. Il contratto intermittente, infatti, non genera automaticamente un obbligo del lavoratore di restare a disposizione e a rispondere positivamente alla chiamata del datore. Perché tale obbligo sussista, è necessario che sia oggetto di apposita ed espressa previsione da parte del contratto individuale”.

Il lavoro a domicilio”

Il rapporto di lavoro a domicilio costituisce una particolare tipologia di lavoro subordinato, la cui specialità consiste nel fatto che la prestazione lavorativa, in luogo di essere eseguita nei locali dell’azienda e sotto il diretto controllo del datore di lavoro, si svolge presso il domicilio del lavoratore o in locali di cui questi abbia disponibilità. L’assenza di un coordinamento spaziale e temporale rende quindi meno pregnante il potere di direzione e controllo del datore di lavoro e pone il lavoratore a domicilio in una posizione di maggiore autonomia rispetto alla generalità dei lavoratori subordinati”.

Il lavoro domestico”

Il lavoro domestico è definito dalla dottrina come un rapporto di lavoro subordinato in cui l’attività lavorativa è svolta a favore di una comunità familiare o di comunità simili. Ulteriore caratteristica del lavoro domestico è che il luogo di lavoro è di regola l’abitazione del datore di lavoro.

La specialità del rapporto di lavoro domestico si rinviene, dunque, sia in riferimento all’ambiente lavorativo, in quanto la prestazione è svolta, con vincolo di subordinazione, nell’ambito di una comunità familiare o di comunità similari, sia con riferimento alla natura del datore di lavoro che è un soggetto privato non organizzato in forma di impresa”.

La disciplina del rapporto di lavoro derivante da somministrazione”

Per la sintesi dell’argomento, scrivi i titoli dei sottoparagrafi del tuo manuale”

Il contratto di lavoro”

I lavoratori da inviare in missione sono assunti dall’agenzia di somministrazione: la legge non individua una specifica figura di contratto di lavoro tra agenzia di somministrazione e prestatore di lavoro, limitandosi a stabilire che il rapporto di lavoro può essere a tempo indeterminato o determinato. Nel caso di assunzione a tempo indeterminato, il rapporto di lavoro è soggetto alla disciplina prevista per i rapporti di lavoro a tempo indeterminato e al lavoratore spetta, per i periodi nei quali egli rimane in attesa di essere inviato in missione, l’indennità mensile di disponibilità. Nel caso, invece, in cui l’agenzia di somministrazione assuma il lavoratore a tempo determinato, tale rapporto di lavoro è soggetto alla disciplina generale sul rapporto di lavoro subordinato a tempo determinato, ad esclusione di alcune norme”.

Svolgimento del rapporto di lavoro e titolarità dei poteri datoriali”

Il rapporto di lavoro derivante dalla somministrazione prevede una singolare ripartizione dei poteri tipici del datore di lavoro tra agenzia di somministrazione e utilizzatore.

L’agenzia assume il ruolo formale di datore di lavoro, gestendo direttamente tutti gli aspetti connessi al rapporto di lavoro, quali ad esempio il pagamento della retribuzione e l’esercizio del potere disciplinare; l’utilizzatore esercita il potere organizzativo e direttivo, al fine di conformare la prestazione dei lavoratori alle concrete esigenze della propria organizzazione aziendale”.

Diritti del lavoratore”

La legge stabilisce l’importante principio della parità di trattamento dei lavoratori assunti dall’impresa di somministrazione che, per tutta la durata della missione, hanno diritto a condizioni di base di lavoro e d’occupazione complessivamente non inferiori a quelle dei dipendenti di pari livello dell’utilizzatore, a parità di mansioni svolte. Per quanto riguarda il trattamento economico, il lavoratore in regime di somministrazione ha diritto alla normale retribuzione spettante al lavoratore dell’utilizzatore e occupato in analoghe mansioni. Se il lavoratore è assunto dall’agenzia di somministrazione a tempo indeterminato, ha diritto ad un’apposita indennità di disponibilità per i periodi in cui non effettua alcuna missione presso un’impresa utilizzatrice”.