Parte
III

ELEMENTI DI DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA

Capitolo1 | L’integrazione europea: origine ed
evoluzione

L’ordinamento dell’Unione europea

Con la
ratifica dei Trattati comunitari (CECA, Parigi 1951 e CEE e Euratom, Roma 1957) è stata creata una
Comunità sovranazionale, di cui fanno parte 27 Stati: l’Unione europea, l’ordinamento, in grado di
imporsi ai singoli Stati membri. in quanto dotato di organi legittimati ad emanare provvedimenti di
carattere generale e di carattere individuale.

2 Nascita e sviluppo dell’ordinamento europeo

Per una sintesi del
paragrafo scrivi i titoli dei singoli sottoparagrafi”

Dal piano Schuman alla nascita della CEE

IL primo passo concreto verso l’integrazione
economica europea è rappresentato dalla dichiarazione Schuman (Ministro francese), che propose
di mettere l’intera produzione franco tedesca del carbone e dell’acciaio sotto una comune Alta
autorità. Fu firmato così il Trattato della Comunità europea del carbone e dell’acciaio CECA
inizialmente fra sei Paesi membri (Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo Paesi
Bassi).

Tale integrazione poi si ampliò con la firma
dei Trattati di Roma, che istituirono la Comunità economica europea (CEE) e la Comunità europea
dell’energia atomica (EURATOM) per creare un mercato comune che avrebbe facilitato la libera
circolazione di beni, servizi, capitali e persone tra gli Stati membri. Parallelamente ci fu il
progressivo aumento del
numero degli Stati membri.

Dal Trattato di Maastricht a
Nizza

Il Trattato di Maastricht (1992) ha segnato
la nascita dell’Unione europea, integrando le Comunità europee esistenti e avviando la
cooperazione tra gli Stati membri in settori non solo economici, come la politica estera di
difesa comune e la cooperazione in materia di giustizia e affari interni. Una delle innovazioni
più significative è stata l’introduzione dell’euro, la moneta unica
europea.

Nel 1996, i capi di Stato e di governo hanno
firmato il Trattato di Amsterdam (1997), che ha
modificato i Trattati comunitari soprattutto riguardo alla procedura decisionale
di alcuni settori.

Nel 2004, ulteriori modifiche sono state
apportate con il Trattato di Nizza (2001), in preparazione delle successive adesioni all’Unione
europea.

Dal Trattato di Lisbona alla
Brexit

Dopo il fallimento della Costituzione del 2002, si optò per il Trattato di
Lisbona, firmato nel 2007 ed entrato in vigore nel 2009, che ha istituito l’Unione europea, fondata
su due Trattati:
il Trattato sull’Unione europea e il Trattato sul funzionamento
dell’Unione europea
sostitutivo del Trattato CE.

Nel 2017 il Regno Unito aveva avviato il
processo di uscita dalla UE, criticata per la sua distanza dai problemi reali dei cittadini.
Tale processo completato nel 2020, ridusse il numero degli Stati membri a da 28 27 e fu avviato
un periodo transitorio per definire nuovi rapporti economici.

La cittadinanza europea

La cittadinanza europea è un concetto
introdotto con il Trattato di Maastricht nel 1993; questo concetto è stato ulteriormente
consolidato con il Trattato di Lisbona, che ha riordinato le disposizioni negli articoli da 20 a
25 TFUE.

Essa si aggiunge alla cittadinanza
nazionale, senza sostituirla, e viene riconosciuta a tutti i cittadini degli Stati membri
dell’Unione Europea. Ciò significa che chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro è
automaticamente cittadino dell’Unione Europea, come stabilito dall’articolo 20 del Trattato sul
Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE).

I cittadini europei godono di una serie di
diritti e privilegi. Tra questi, vi è il diritto di voto e di eleggibilità alle elezioni del
Parlamento europeo e alle elezioni comunali nello Stato membro di residenza, anche se diverso da
quello di origine, il diritto di circolare e soggiornare nel territorio degli Stati membri, il
diritto di rivolgersi al Mediatore europeo in caso di cattiva amministrazione da parte delle
istituzioni e degli organi dell’Unione, il diritto di presentare petizioni al Parlamento
europeo, il diritto alla tutela diplomatica e consolare dei cittadini nei Paesi
terzi.

Il procedimento di adesione e recesso

I Trattati CECA, CEE ed Euratom furono
concepiti come trattati aperti, consentendo agli Stati europei, diversi dagli originari  di
aderire successivamente, seguendo una procedura complessa. La stessa è stata riformulata nelle
varie revisioni dei Trattati.

Con il Trattato di Lisbona è stata
introdotta anche la possibilità per gli Stati membri di recedere dall’Unione senza
giustificazione specifica. Le procedure di adesione e recesso sono state inserite nel Titolo VI,
insieme alle norme sulla revisione dei trattati.

Il procedimento di adesione

L’articolo 49 del TUE stabilisce che uno
Stato europeo può richiedere di diventare membro dell’Unione se rispetta i valori fondamentali
dell’UE e si impegna a promuoverli. La procedura di adesione prevede che lo Stato richiedente
trasmetta la domanda al Consiglio, che decide all’unanimità dopo aver consultato la Commissione
e ottenuto l’approvazione del Parlamento europeo. E’ richiesto poi un accordo internazionale tra
gli Stati membri e il paese candidato, che deve essere ratificato da tutti i
partecipanti.

I criteri di ammissibilità, i cd. criteri
di Copenaghen, a cui gli Stati devono conformarsi sono: stabilità politica, economia di mercato
e capacità di rispettare gli impegni dell’UE.
L’adesione dello Stato, che si realizza una volta entrato in vigore l’accordo,
deve essere progressiva: è dunque necessario un periodo transitorio affinché i nuovi Stati, si inseriscano
gradualmente nella realtà dell’Unione.

Il diritto di recesso

Il Trattato di Lisbona ha introdotto la possibilità per gli Stati membri
di recedere dall’Unione Europea senza dover fornire una motivazione specifica, (art. 50 del
TUE). Lo Stato che intende recedere deve notificare la sua intenzione al Consiglio europeo, che
avvia negoziati per definire un accordo sulle modalità di recesso e i futuri rapporti con
l’Unione. Questo accordo deve essere approvato dal Parlamento europeo e concluso dal Consiglio a
maggioranza qualificata. A partire dall’entrata in vigore dell’accordo o in assenza, i Trattati
dell’Unione cessano di applicarsi allo Stato recente due anni dopo la notifica, salvo proroghe
concordate. Uno Stato che ha lasciato l’Unione può successivamente decidere di aderire
nuovamente seguendo la procedura dell’articolo 49 TUE
.

CAPITOLO 2 le istituzioni
europee e gli altri organi previsti dai trattati europei

Il
Parlamento europeo

Il Parlamento europeo è una delle istituzioni dell’UE, con un ruolo
centrale nel processo legislativo e di bilancio. I suoi membri sono eletti a suffragio universale
diretto e rappresentano i cittadini dell’Unione per un mandato di cinque anni, con una composizione
determinata da un atto del Consiglio. Con la decisione UE 2023/2061, la nuova legislatura 2024-2029
vede 720 rappresentanti.

Il Parlamento condivide con il Consiglio la funzione legislativa e di
bilancio, esercita funzioni di controllo politico e consultive ed elegge anche il Presidente della
Commissione Europea
.

La
funzione legislativa e di bilancio

La funzione legislativa dell’Unione è
condivisa tra il Parlamento europeo e il Consiglio, e si esercita attraverso due procedure
principali: la procedura legislativa ordinaria e le procedure legislative speciali. La procedura
ordinaria è applicata nella maggior parte dei settori e prevede che entrambe le istituzioni
adottino gli atti congiuntamente. Le procedure speciali, invece, sono utilizzate in settori
limitati e prevedono che una delle due istituzioni adotti l’atto con la partecipazione
consultiva o il parere conforme dell’altra. Il parere conforme è essenziale per deliberare,
mentre la funzione consultiva, pur non vincolante, è considerata importante dalla
giurisprudenza.

L’articolo 225 del TFUE consente al
Parlamento di chiedere alla Commissione di proporre atti legislativi, su questioni che si
ritiene necessarie ai fini dell’attuazione dei Trattati (iniziativa dell’iniziativa). Il
Parlamento esercita la funzione di bilancio, che riguarda l’approvazione del quadro finanziario
pluriennale e la decisione sulle spese del bilancio dell’Unione.

Funzione di controllo

Il Parlamento europeo svolge un ruolo
fondamentale nel controllo politico e amministrativo dell’UE. Esercita la mozione di censura
sull’operato della Commissione, che obbliga i membri della stessa alle dimissioni e ne elegge il
Presidente.

Inoltre, garantisce la corretta applicazione
del diritto dell’Unione attraverso le commissioni temporanee d’inchiesta, l’istituzione del
mediatore europeo, che indaga su casi di cattiva amministrazione e il diritto di petizione, che
permette ai cittadini e alle entità giuridiche di partecipare attivamente, presentando denuncia
su questioni di interesse europeo, rafforzando così la democrazia e la trasparenza all’interno
dell’Unione.

Parlamento europeo e Parlamenti
nazionali

Il Trattato di Lisbona ha rafforzato il
ruolo dei Parlamenti nazionali nell’Unione Europea, riconoscendo il loro contributo al buon
funzionamento dell’Unione attraverso l’articolo 12 del TUE. I Parlamenti nazionali sono
informati sui progetti legislativi, vigilano sul principio di sussidiarietà e partecipano alla
revisione dei trattati. Il Protocollo n. 1 dei Trattati promuove una maggiore partecipazione dei
Parlamenti nazionali alle attività dell’Unione, e prevede a tal fine la Conferenza degli organi
parlamentari specializzati per gli affari dell’Unione, che facilita lo scambio di informazioni e
buone prassi.

Il Consiglio europeo

Il Consiglio europeo (art. 15 TUE) è l’istituzione dell’Unione europea
responsabile dell’indirizzo politico generale, in particolare per la politica estera e di sicurezza
comune. Composto dai capi di Stato o di governo degli Stati membri, dal suo presidente e dal
presidente della Commissione, si riunisce due volte a semestre. Non esercita funzioni legislative,
si pronuncia per consenso, salvo diversa disposizione dei trattati.

Il suo presidente, eletto a maggioranza qualificata per un mandato di due
anni e mezzo, presiede i lavori, facilita la coesione in seno a tale istituzione e rappresenta
esternamente l’Unione in materia di politica estera e di sicurezza.

Il Consiglio (dei Ministri UE)

Il Consiglio è l’istituzione che rappresenta i governi degli Stati membri.
È composto da ministri o sottosegretari dei vari Paesi e le sue decisioni sono per lo più adottate a
maggioranza qualificata (con la doppia maggioranza),

Il Consiglio esercita insieme al Parlamento europeo la funzione
legislativa (art. 16 TUE) che varia a seconda della procedura legislativa adottata: nella procedura
ordinaria, il Consiglio e il Parlamento deliberano insieme l’atto, mentre nella procedura speciale,
l’atto può essere deliberato dal Consiglio con la consultazione del Parlamento o
viceversa.

Il Consiglio, inoltre svolge diverse
funzioni chiave: l’adozione del bilancio dell’Unione, che condivide con il Parlamento europeo;
definisce e coordina le politiche economiche e le politiche sociali degli Stati membri; svolge
funzioni esecutive, come la definizione e l’attuazione della politica estera e di sicurezza
comune, sulla base degli orientamenti generali stabiliti dal Consiglio europeo.

Il Comitato dei rappresentanti permanenti
degli Stati

Il Comitato dei rappresentanti permanenti
degli Stati membri (COREPER) è un organo ausiliare dell’Unione europea, istituito per gestire
l’aumento del lavoro comunitario e mantenere un contatto costante tra il Consiglio e la
Commissione. Disciplinato dall’art. 240 TFUE, il COREPER prepara i lavori del Consiglio e può
adottare decisioni di procedura. Si riunione a due livelli: COREPER II, composto da ambasciatori
per affari politici e relazioni esterne, e COREPER I, formato da ministri plenipotenziari per
affari tecnici e procedurali.

La Commissione
europea

La Commissione è l’organo esecutivo dell’UE,
caratterizzato da un’indipendenza istituzionale che impedisce ai suoi membri di sollecitare o
accettare istruzioni da governi, istituzioni o organi, per garantire l’interesse generale
dell’Unione.

Nella composizione è previsto un cittadino
per ciascuno Stato membro, il Presidente e l’Alto rappresentante per gli Affari esteri e la
politica di sicurezza. I commissari sono scelti, per la durata di 5 anni, tra cittadini degli
Stati membri che offrono garanzie di indipendenza, in base al loro impegno e alla competenza.

Tra le sue funzioni principali: il potere
esclusivo di proporre atti legislativi al Consiglio e al Parlamento, (funzione di iniziativa
legislativa); emana atti di esecuzione e atti delegati, gestisce il bilancio dell’Unione e suoi
programmi; svolge funzioni di coordinamento; vigila sull’applicazione dei trattati e del diritto
dell’Unione, sotto il controllo della Corte di giustizia europea, assicura la rappresentanza
esterna dell’Unione.

La Corte di giustizia dell’Unione
europea

La Corte di giustizia dell’Unione Europea
(CGUE) è l’istituzione che comprende al suo interno la Corte di giustizia e il Tribunale;
garantisce il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati e
svolge un ruolo cruciale nel mantenere l’unità di giurisprudenza e interpretazione
dell’UE.

E’ composta da un giudice per ciascuno Stato
membro e da 11 avvocati generali, che restano in carica per sei anni, con un rinnovo parziale
ogni tre anni; il loro mandato è rinnovabile.

I principali compiti includono l’esame dei
ricorsi per inadempimento degli Stati membri, il controllo sulla legittimità degli atti
dell’Unione, il controllo sul comportamento omissivo delle istituzioni e la competenza a
pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione dei trattati e sulla validità degli atti
dell’Unione (artt. 258-265 TFUE). Assicura che le norme dell’Unione siano applicate in modo
uniforme in tutti gli Stati membri.

La Banca centrale europea

La Banca centrale europea (BCE) è
l’istituzione con il compito principale di controllare la liquidità.

Esercita funzioni consultive e sorveglia la
base monetaria attraverso operazioni di mercato aperto, riserva minima obbligatoria e operazioni
di credito. Ha il diritto esclusivo di autorizzare l’emissione di banconote in
euro.

La BCE ha personalità giuridica e il suo
capitale è detenuto dalle banche centrali nazionali.

Gli organi decisionali includono il
Presidente, il Comitato esecutivo, il Consiglio direttivo e il Consiglio generale (organo a
carattere transitorio, destinato a essere sciolto quando tutti gli Stati avranno adottato
l’euro).

La Corte dei conti

La Corte dei conti, composta da un cittadino
per ciascuno Stato membro, controlla la gestione finanziaria dell’UE. I suoi membri, che restano
in carica per 6 anni, sono nominati dal Consiglio e devono avere esperienza nelle istituzioni di
controllo esterno o qualifiche specifiche.

La Corte esamina i conti di tutte le entrate
e le spese dell’Unione (art. 287 TFUE) e di ogni altro organismo creato dalla stessa. Il
controllo è principalmente formale, volto a verificare la correttezza e la regolarità della
gestione finanziaria, ma anche un controllo di merito per valutare l’efficacia, l’economicità e
l’efficienza delle operazioni.

Svolge un ruolo cruciale nel controllo del
bilancio dell’Unione, finanziato tramite risorse proprie, salvaguardando l’autonomia finanziaria
dell’Unione. Nonostante ciò, la riscossione delle entrate è prerogativa degli Stati membri.

La Corte ha un potere consultivo
obbligatorio nei casi previsti dal Trattato e facoltativo quando le viene
richiesto.

Gli altri organi previsti dai Trattai
europei

Per una sintesi del paragrafo scrivi i titoli dei singoli
sottoparagrafi”

Il Comitato economico e sociale
europeo

Il Comitato economico e sociale europeo
(CESE) rappresenta le organizzazioni della società civile, inclusi datori di lavoro, sindacati e
altri gruppi di interesse. Il numero dei suoi membri, nominati da Consiglio e con mandato di 5
anni, non può essere superiore di 350.

Il Comitato fornisce pareri tecnici alle
istituzioni dell’UE che non sono mai vincolanti.

Il Comitato europeo delle Regioni

Il Comitato delle Regioni è un organo
consultivo dell’Unione Europea che rappresenta le autorità regionali e locali. La sua funzione
principale è quella di fornire pareri e consulenze.

Il numero dei suoi componenti, nominati dal
Consiglio e con mandato di 5 anni, non può essere superiore ai 350.

La Banca europea degli
investimenti

La BEI è un organismo dell’Unione europea
con personalità giuridica propria, che opera come banca con finanziamenti e bilancio autonomi.
Il suo compito principale è sostenere lo sviluppo dell’Unione attraverso prestiti per iniziative
economiche che i governi nazionali non possono finanziare, contribuendo a ridurre gli squilibri
regionali e settoriali.

Gli altri comitati consultivi e le
agenzie

Il Trattato
prevede
vari comitati consultivi e
agenzie che forniscono supporto tecnico e scientifico alle istituzioni dell’UE.

Gli organi di vigilanza finanziaria

A partire dal 2010 sono stati creati organi di vigilanza finanziaria che
monitorano la stabilità del sistema finanziario europeo, contribuendo a prevenire crisi economiche e
finanziarie.

CAPITOLO
3 Le fonti del diritto dell’Unione

Il sistema giuridico dell’Unione

Il sistema giuridico dell’Unione europea è composto dalle norme che
regolano l’organizzazione e lo sviluppo dell’Unione stessa, nonché dai rapporti tra l’Unione e i
suoi Stati membri. Questo sistema si suddivide in due categorie: il diritto originario e il diritto
derivato.

Il primo (fonte di primo grado) include i trattati istitutivi delle
Comunità e gli atti successivi che li hanno modificati o completati, la Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione europea e i principi generali del diritto. Il secondo, (fonte di secondo
grado) comprende tutti gli atti emanati dalle istituzioni dell’Unione.

Fra il diritto originario e il diritto derivato si colloca una fonte
intermedia costituita dalle norme di diritto internazionale generale e dagli accordi internazionali
che l’Unione conclude con Stati terzi. 

L’autonomia dell’ordinamento giuridico

L’ordinamento giuridico europeo è autonomo rispetto a quello degli Stati
membri, come stabilito dalla Corte di giustizia dell’Unione europea nella sentenza Van Gend en Loos
del 1963. Questo principio di autonomia è fondamentale per garantire che le norme dell’Unione siano
applicate uniformemente su tutto il territorio, evitando che disposizioni nazionali ne limitino
l’efficacia.

La Corte di giustizia ha risolto i conflitti tra norme europee e nazionali
attraverso i principi della diretta applicabilità e della preminenza del diritto dell’Unione,
assicurando che le norme europee prevalgano su quelle statali, anche se
posteriori.

Trattati istitutivi e Trattati di modifica

Il nucleo principale dell’ordinamento giuridico dell’Unione europea è
costituito dagli atti che hanno istituito le Comunità europee e l’Unione e che oggi sono il Trattato
sul Funzionamento dell’Unione europea (TFUE) e il Trattato sull’Unione europea (TUE).

Le disposizioni originarie sono state nel tempo modificate e integrate,
oltre che dai vari Trattati, l’ultimo dei quali è il Trattato di Lisbona,
firmato il 13 dicembre 2007 ed
entrato in vigore il 1° dicembre 2009,
anche dai vari Accordi di
adesione degli Stati che a poco a poco hanno aderito alla UE.

I
principi generali del diritto dell’Unione

Per una sintesi del paragrafo scrivi i titoli dei singoli
sottoparagrafi”

Caratteristiche principali

 Con i
principi generali del diritto dell’Unione europea si vuole indicare sia i
principi comuni agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, sia quelli propri dell’ordinamento
dell’Unione, derivanti dall’interpretazione giurisprudenziale.

Tali principi svolgono una duplice funzione: integrativa, colmando le
lacune normative, e interpretativa, definendo l’ambito delle norme dell’Unione quando
l’interpretazione letterale non è sufficiente. Inoltre, fungono da parametri per valutare la
legittimità degli atti delle istituzioni o degli Stati membri.

I diritti umani dopo Lisbona

L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona ha segnato un passo cruciale
nella tutela dei diritti fondamentali nell’Unione Europea, attribuendo alla Carta dei diritti
fondamentali lo stesso valore giuridico dei trattati. Questo significa che gli atti legislativi
dell’Unione che violano i diritti sanciti dalla Carta possono essere annullati dalla Corte di
giustizia dell’Unione. L’articolo 6 del Trattato sull’Unione Europea (TUE) non solo riconosce questi
diritti, ma fornisce anche la base giuridica per l’adesione dell’Unione alla Convenzione europea per
la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU).

La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

La Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea, elaborata da una Convenzione composta da 62 membri, è stata
solennemente proclamata nel dicembre 2000 e nuovamente nel 2007 con alcune modifiche. Essa sancisce
il carattere fondamentale dei diritti umani per i cittadini dell’Unione, equiparandosi ai Trattati
con valore giuridico vincolante. Raccoglie i diritti civili, politici, economici e sociali,
derivanti dalle tradizioni costituzionali e dagli obblighi internazionali degli Stati membri, e
dalla giurisprudenza europea.

Gli atti legislativi

Gli atti dell’Unione si distinguono in atti legislativi e non legislativi.
Gli atti legislativi, adottati secondo la procedura legislativa ordinaria, comprendono regolamenti,
direttive e decisioni e sono vincolanti per i destinatari. Gli atti non legislativi, invece, sono
adottati dalla Commissione su delega di un atto legislativo per integrare o modificare elementi non
essenziali dell’atto.

Inoltre, sono previste due tipologie di atti non vincolanti che sono le
raccomandazioni e i pareri.

I regolamenti

I
regolamenti, atti che hanno portata generale, che sono obbligatori in tutti i loro elementi e
direttamente applicabili in ciascuno degli Stati membri. Ciò significa che i regolamenti producono
effetti su un numero indeterminato di destinatari, inclusi Stati membri e individui, devono contenere
gli elementi essenziali della materia, senza necessità di atti di recepimento
nazionali.

Le direttive

Le direttive
sono atti che vincolano lo Stato membro solo per il risultato da raggiungere
lasciandolo libero di scegliere le modalità e i mezzi per conseguirlo.
Esse possono essere indirizzate a tutti gli Stati membri o solo ad alcuni di essi. Non producono
diritti e obblighi diretti, ma la Corte di giustizia dell’UE ha riconosciuto che, a determinate
condizioni, in caso di mancato ricevimento entro il termine stabilito, possono avere efficacia
immediata, indicando, pertanto anche la norma interna che lo Stato è tenuto ad approvare.
L’’adozione di tali direttive (cd dettagliate) ha spinto però il legislatore europeo a preferire,
però, la scelta di adottare direttive quadro, quindi solo con lo scopo da perseguire, più consona
alla natura di tali atti.

Le decisioni

Le decisioni
sono atti vincolanti che possono indirizzarsi a uno Stato membro o a un altro soggetto.

Le raccomandazioni e i pareri

Le raccomandazioni e i pareri sono atti privi di efficacia vincolante non
obbligano gli Stati membri a conformarsi.

Le sentenze della Corte di giustizia
dell’Unione

Le pronunce interpretative della Corte di
giustizia dell’Unione Europea sono considerate una fonte normativa direttamente applicabile. Per
le sentenze di condanna, è necessario adottare atti per la loro esecuzione; la L. 234/2012
delega al Governo il compito di garantire la conformità dell’ordinamento nazionale alle sentenze
di condanna per inadempimento emesse dalla Corte di giustizia UE.

CAPITOLO 4 Procedure di adozione degli atti
dell’Unione

Il
ruolo delle istituzioni nella procedura di formazione degli
atti

In questo paragrafo si evidenzia come ogni
istituzione dell’Unione Europea svolga una funzione distinta nel procedimento di formazione degli
atti. La Commissione europea è incaricata di proporre l’adozione di un atto, esercitando la funzione
di iniziativa legislativa. Il Consiglio, invece, è l’istituzione decisionale a cui spetta l’adozione
dell’atto da sola o insieme al Parlamento. Quest’ultimo adotta l’atto o si limita all’emanazione di
pareri.

L’iniziativa

Per una sintesi del paragrafo scrivi i titoli dei singoli
sottoparagrafi”

 

La formulazione della richiesta

La
Commissione europea ha il potere di proporre l’adozione di atti legislativi dell’Unione, come
stabilito dall’articolo 17, paragrafo 2 del Trattato sull’Unione Europea (TUE). Questo potere
può essere esercitato su richiesta del Parlamento europeo, del Consiglio o di un milione di
cittadini dell’Unione.

L’approvazione della proposta della
Commissione

La proposta della Commissione viene sottoposta
all’approvazione del Consiglio. Quest’ultimo verifica la necessità di coinvolgere altre istituzioni
nel processo. La proposta, eventualmente modificata dai pareri delle istituzioni intervenute, viene
discussa da un gruppo di lavoro di esperti e dal COREPER. La Commissione, inoltre, può modificare la
propria proposta in ogni fase della procedura o ritirare, purché il Consiglio non abbia
deliberato.

 

La
procedura legislativa ordinaria

La procedura legislativa ordinaria, introdotta
con il Trattato di Lisbona, prevede l’adozione congiunta dell’atto da parte del Parlamento e del
Consiglio. Si articola in diverse fasi di lettura e nell’approvazione da parte del Parlamento
europeo e del Consiglio. In caso di disaccordo, può essere convocato un comitato di conciliazione
per raggiungere un compromesso. Se il comitato approva un progetto comune, il Parlamento e il
Consiglio dispongono di un termine per adottare l’atto in base al progetto comune. In mancanza di
una decisione, l’atto non viene adottato.

La
procedura legislativa speciale

Le procedure legislative speciali (art.289
TFUE) riguardano l’adozione di atti normativi in cui il Parlamento europeo e il Consiglio
collaborano secondo procedure specifiche, previste dai trattati, che variano a seconda del
contesto. In generale, i casi in cui il Parlamento europeo ha un ruolo decisionale con la
partecipazione del Consiglio sono limitati e riguardano principalmente questioni interne al
Parlamento, come l’adozione dello Statuto dei membri. Più comuni sono i casi in cui il Consiglio
decide dopo aver consultato o ottenuto l’approvazione del
Parlamento.

CAPITOLO 5 Il quadro delle competenze

Ripartizione di
competenze

Il Trattato FUE definisce, in vari settori,
le competenze dell’Unione rispetto agli Stati membri, suddividendole in tre categorie
principali: competenze esclusive, competenze concorrenti e competenze di supporto. Le competenze
esclusive sono quelle in cui solo l’Unione può legiferare e adottare atti giuridicamente
vincolanti, mentre le competenze concorrenti sono condivise tra l’Unione e gli Stati membri.
Infine, le competenze di supporto permettono all’Unione di intervenire per sostenere, coordinare
o completare l’azione degli Stati membri. Non rientrano in questa classificazione i settori
della PESC, della politica economica e dell’occupazione che sono oggetto di disposizioni
specifiche.

Principio di sussidiarietà e
prossimità

Il principio di sussidiarietà è strettamente
connesso al principio di prossimità. Entrambi sanciti nel Trattato, tali principi stabiliscono
che l’Unione interviene solo quando gli obiettivi delle azioni previste non possono essere
sufficientemente realizzati dagli Stati membri, garantendo che le decisioni devono essere prese
il più vicino possibile ai cittadini.

 

Clausola di
flessibilità

La clausola di flessibilità, prevista
dall’articolo 352 del TFUE, consente all’Unione europea di adottare misure necessarie per
raggiungere uno degli obiettivi stabiliti dai trattati, anche quando questi non prevedono i
poteri specifici per farlo. Questa clausola è fondamentale per affrontare situazioni impreviste
o nuove sfide che richiedono un intervento a livello europeo.

Cooperazione
rafforzata

La
cooperazione rafforzata è uno strumento che permette a un gruppo di Stati membri di avanzare
in determinate aree politiche, anche se non tutti gli Stati membri sono pronti a
partecipare. Questo meccanismo, disciplinato dall’art. 20 TUE e dagli artt.326-334 del TFUE,
consente a un minimo di nove Stati membri di instaurare una cooperazione più stretta in
settori specifici, promuovendo così l’integrazione differenziata all’interno dell’Unione. La
cooperazione rafforzata può essere attivata solo in quei settori dove l’Unione non ha una
competenza esclusiva, non deve pregiudicare il mercato interno, la coesione economica,
sociale e territoriale, né costituire un ostacolo agli scambi tra gli Stati membri neanche
distorsioni della concorrenza.

CAPITOLO 6 Il sistema giurisdizionale

I ricorsi diretti e
indiretti

Il sistema giurisdizionale dell’Unione
Europea si articola in due principali categorie di ricorsi: diretti e indiretti, ciascuno con
specifiche caratteristiche e finalità. I
ricorsi diretti
che
permettono ai soggetti interessati di agire direttamente davanti alla
Corte di giustizia dell’Unione europea, al Tribunale o al Tribunale specializzato. Tra i ricorsi
diretti troviamo il
ricorso per inadempimento, il ricorso di annullamento il ricorso
per carenza
.

I ricorsi
indiretti
sono proposti dinanzi ai giudici nazionali e successivamente portati
all’esame della Corte di giustizia dell’Unione europea come il procedimento di rinvio
pregiudiziale.

Il
ricorso per inadempimento

Il ricorso per inadempimento è uno strumento
giuridico utilizzato per garantire che gli Stati membri dell’Unione rispettino gli obblighi
derivanti dai trattati e dagli atti vincolanti delle istituzioni; può essere promosso dalla
Commissione o da uno Stato membro e si basa sulla violazione di tali obblighi, attraverso
un’azione (condotta commissiva) o un’omissione (condotta omissiva).

La
procedura promossa dalla Commissione

Ai sensi dell’articolo 258 del TFUE, la
procedura si articola in due fasi: una fase precontenziosa e una fase contenziosa. Nella fase
precontenziosa, la Commissione emette un parere motivato dopo aver posto lo Stato in condizione,
attraverso la lettera di messa in mora, di presentare le sue osservazioni in merito alle
violazioni degli obblighi derivanti dai trattati e indicando una scadenza entro cui presentarle.
Se lo Stato non si adegua al parere motivato si avvia la fase contenziosa, che prevede il
ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea.

LA PROCEDURA PROMOSSA DA UNO STATO MEMBRO

Il ricorso per inadempimento, ai sensi
dell’art. 259 TFUE, può essere promosso da uno Stato membro contro un altro per violazione degli
obblighi dei trattati, previa consultazione della Commissione. La Commissione può esprimere un
parere che è non vincolante, ad eccezione del caso in cui condivide la tesi dello Stato che ha
presentato ricorso. L’assenza di tale parere non impedisce il ricorso alla Corte di giustizia
dell’Unione.

LA SENTENZA DICHIATRATIVA DELLA CORTE

La sentenza della Corte di giustizia
dell’Unione, ai sensi dell’articolo 260 TFUE, accerta se uno Stato membro ha violato gli
obblighi derivanti dai trattati. Tuttavia, tale sentenza non specifica le misure necessarie per
porre fine all’inadempimento né per escludere risarcimenti per eventuali danni. Lo Stato è
obbligato a riparare l’illecito, scegliendo liberamente i mezzi per farlo. Se lo Stato non si
conforma a questo obbligo, può essere avviato un nuovo procedimento per constatare un’ulteriore
violazione dei trattati.

Il ricorso di annullamento e il ricorso per carenza

Il ricorso di annullamento e il ricorso per
carenza riguardano il comportamento delle istituzioni dell’Unione sia attraverso l’emanazione di
atti illegittimi (profilo attivo) sia attraverso l’omissione nell’emanazione di atti dovuti
(profilo omissivo).

Il
controllo di legittimità degli atti e il ricorso di annullamento

L’articolo 263 del TFUE disciplina il controllo di legittimità degli
atti con effetti vincolanti. La legittimazione a proporre ricorso alla Corte di giustizia
dell’Unione è riconosciuta al Parlamento europeo, al Consiglio, alla Commissione e agli Stati
membri. Anche le persone fisiche e giuridiche possono proporre ricorso, ma solo al Tribunale
specializzato e se gli atti le riguardano direttamente e individualmente.

Una volta constata l’illegittimità dell’atto
la Corte ha il potere di annullarlo e ciò comporta l’obbligo di ripristinare la situazione
precedente e gli eventuali danni se il comportamento è stato illecito.

 

IL
RICORSO PER CARENZA

Il ricorso per carenza consente alla Corte
di giustizia dell’Unione di constatare l’omissione di atti che le istituzioni, gli organi o gli
organismi dell’Unione hanno l’obbligo di adottare (265 del TFUE). Gli Stati membri e le
istituzioni diverse da quella imputata sono i soggetti legittimati a proporre tale ricorso. In
pratica, tale ricorso viene utilizzato quando un’istituzione dell’UE non adotta un atto che
avrebbe dovuto adottare, e tale omissione viene considerata una violazione dei doveri
istituzionali.

LE
CONTROVERSIE IN MATERIA DI RESPONSABILITA’EXTRACONTRATTUALE

Le controversie in materia di responsabilità
extracontrattuale, disciplinate dall’articolo 340 del TFUE, riguardano i ricorsi inerenti al
risarcimento dei danni causati dalle istituzioni o dagli agenti dell’Unione nell’esercizio delle
loro funzioni. Perché si possa configurare una tale responsabilità, devono essere soddisfatte
alcune condizioni fondamentali: l’illiceità del comportamento attribuito alle istituzioni,
l’esistenza reale di un danno e un nesso di causalità tra il comportamento e il danno lamentato.

 L’INTERPRETAZIONE
IN VIA PREGIUDIZIALE

L’interpretazione in via pregiudiziale si
concentra sul ruolo della Corte di giustizia dell’Unione nell’interpretazione delle norme
europee. La Corte ha la competenza esclusiva nel fornire le pronunce interpretative, richieste
dai giudici nazionali, quando vi è incertezza sull’attuazione del diritto dell’UE al fine di
garantire uniformità di applicazione delle norme europee in tutti gli Stati membri. Il rinvio
pregiudiziale può riguardare sia la corretta interpretazione delle disposizioni dei trattati e
degli atti di diritto derivato, sia la validità di tali atti. Le decisioni della Corte in questo
contesto hanno effetti vincolanti e retroattivi (etunc).

CAPITOLO 7 Adattamento del diritto interno al diritto
dell’UE

RAPPORTI TRA DIRITTO DELL’UNIONE E DIRITTO INTERNO

Per una sintesi del paragrafo scrivi i titoli dei singoli
sottoparagrafi”

LA
DOTTRINA E LA GIURISPRUDENZA

Il paragrafo affronta il complesso rapporto
tra il diritto dell’Unione e il diritto interno degli Stati membri. Questo tema ha generato
numerose discussioni sia in ambito dottrinale che giurisprudenziale, in particolare per quanto
riguarda l’interazione tra i due ordinamenti giuridici. La relazione tra il diritto dell’Unione
e il diritto interno non può essere semplicemente ricondotta al tradizionale rapporto tra
ordinamenti giuridici. Questo perché il diritto dell’Unione Europea possiede una natura
specifica che lo distingue dal diritto interno, influenzando il modo in cui le norme europee si
integrano e si applicano all’interno degli ordinamenti nazionali
.

 

I
DUE PRINCIPI

La stretta integrazione tra il diritto
dell’Unione e quello degli Stati membri può generare conflitti tra le disposizioni dei due
ordinamenti. Per risolvere tali contrasti, la Corte di giustizia ha elaborato due principi
fondamentali: la diretta efficacia e il primato del diritto
dell’Unione.

Il principio della diretta efficacia
consente alle disposizioni dei trattati europei, se dotati di determinate caratteristiche, di
creare diritti e obblighi direttamente per i privati, che possono esigerne la tutela dalle
giurisdizioni nazionali.

Il principio del primato del diritto
dell’Unione, secondo cui le norme europee prevalgono su quelle nazionali in caso di conflitto,
non previsto dai trattati istitutivi, è stato sancito dalla Corte di giustizia nella sentenza
Costa c. Enel del 1964, e ribadito nella dichiarazione n. 17 allegata ai Trattati dopo la
riforma di Lisbona. Il giudice nazionale ha tenuto a garantire la piena efficacia delle norme
europee, disapplicando le disposizioni nazionali contrastanti, anche se successive, senza
necessità di rimozione legislativa.

La
posizione della Corte

In Italia, il recepimento del diritto
europeo ha visto un’evoluzione giurisprudenziale significativa. La Corte costituzionale ha
riconosciuto, sulla base dell’art. 11 Cost, la competenza riservata alle fonti comunitarie,
stabilendo che le norme europee prevalgono su quelle nazionali, sia precedenti che successive.
Questo ha portato al principio della disapplicazione delle leggi nazionali contrastanti e al
riconoscimento del giudizio di legittimità costituzionale per leggi in violazione degli obblighi
comunitari. La tesi prevalente è quella di un’integrazione tra diritto europeo e interno, con
ordinamenti coordinati e comunicanti.

L’esecuzione degli obblighi dell’Unione: la legge di delegazione e
la legge europea

Le direttive dell’Unione europea devono
essere recepite dagli Stati membri entro i termini stabiliti garantendo il raggiungimento degli
obiettivi prefissati. In Italia, la L. 234/2012 ha introdotto la legge di delegazione europea e
la legge europea per migliorare l’adeguamento normativo, rispondendo a esigenze di aggiornamento
procedurale post-Trattato di Lisbona e di coinvolgimento
parlamentare.

L’ADATTAMENTO DELL’ORDINAMENTO ITALIANO AL DIRITTO ORIGINARIO
DELL’UNIONE

Per una sintesi del paragrafo scrivi i titoli dei singoli
sottoparagrafi”

L’adesione
dell’Italia alle Comunità europee

All’epoca della ratifica dei trattati
istitutivi delle Comunità europee, l’Italia affrontò il problema del fondamento costituzionale
per l’adesione alla UE, poiché i trattati comportavano un trasferimento di funzioni a livello
comunitario. La dottrina prevalente ha ritenuto sufficiente una legge ordinaria, trovando il
fondamento nell’art. 11 della Costituzione, che menziona le «limitazioni di sovranità». Questo
articolo, sebbene originariamente riferito all’ONU, fu utilizzato per giustificare le
limitazioni introdotte dai trattati comunitari. Solo con la riforma del titolo V nel 2001,
l’espressione «Unione europea» fu inserita nel testo costituzionale
italiano.

IL
PROBLEMA DEI CONTROLIMITI

L’articolo 11 della Cost. consente le
limitazioni di sovranità, ma non una cessione totale, proteggendo i valori fondamentali
dell’ordinamento interno. Attraverso la teoria dei “controlimiti”, il rispetto dei diritti
inviolabili della persona costituisce un limite al recepimento delle disposizioni
europee.

LE
REGIONI E IL DIRITTO DELL’UNIONE

Per una sintesi del paragrafo scrivi i titoli dei singoli
sottoparagrafi”

Il
ruolo
delle Regioni

Il ruolo delle Regioni italiane nel contesto del
diritto dell’Unione europea è stato formalmente riconosciuto e disciplinato a livello
costituzionale con l’approvazione della Legge cost. del 18 ottobre 2001, n. 3. Questa normativa
ha permesso alle Regioni, alle Province autonome e alle autonomie locali di partecipare
attivamente sia nella fase di produzione normativa dell’Unione (fase ascendente) sia nella fase
di attuazione ed esecuzione delle norme (fase discendente). Tale partecipazione è stata
ulteriormente disciplinata dalla Legge 234/2012.

IL
RUOLO SOSTITUTIVO DELLO STATO

Sebbene la legge attribuisca alle Regioni il
compito di attuare il diritto dell’UE nelle materie di loro competenza, la responsabilità
internazionale per eventuali inadempimenti ricade comunque sullo Stato. Per questo motivo, il
legislatore ha previsto un potere sostitutivo per gli organi statali, che consente loro di
adempiere direttamente agli obblighi che le Regioni non rispettano. Questo potere trova il suo
fondamento nell’articolo 120 Cost.

CAPITOLO 8 Le politiche dell’Unione

I
SETTORI DI INTERVENTO DELL’UNIONE

Questo paragrafo descrive come le politiche
dell’Unione europea siano costituite da interventi diretti delle istituzioni europee e da azioni
che integrano quelle degli Stati membri. Questi interventi si svolgono nei settori individuati
dai Trattati.
 

I
principi comuni

In ragione
della varietà ed eterogeneità delle politiche, quando si fa riferimento ai principi comuni si parla
anzitutto del principio di coerenza fra le stesse, di cui l’Unione deve avere attenzione avendo riguardo
all’insieme dei suoi obiettivi.

Molti altri
sono i principi cui le istituzioni devono attenersi al fine di realizzare le varie politiche. Tra
questi: l’eliminazione delle ineguaglianze tra uomini e donne e la promozione della parità di
trattamento; l’incoraggiamento all’occupazione e la garanzia di un’adeguata protezione sociale cosi come
la lotta contro l’esclusione sociale. Un principio fondamentale, che assume un rilievo particolare in
tutte le politiche europee e che viene enunciato in ogni campo e quello che si fonda sul divieto delle
discriminazioni in base alla nazionalità.

CAPITOLO 9 La politica economica dell’Unione
europea

L’Unione Economica e Monetaria
(UEM)

Per una sintesi del
paragrafo scrivi i titoli dei singoli sottoparagrafi”

Dai Trattati di Roma al Trattato di Lisbona

Il paragrafo delinea l’evoluzione delle
politiche economiche e monetarie europee a partire dal Trattato di Roma. Inizialmente, il
trattato non prevedeva la cessione di competenze economiche e monetarie alle istituzioni
comunitarie, ma promuoveva solo il coordinamento delle politiche
nazionali.

L’Atto unico europeo ha rappresentato un
passo fondamentale verso la cooperazione economica e monetaria, gettando le basi per l’Unione
economica e monetaria (UEM). Il Rapporto Delors del 1988 ha delineato le tappe per la sua
realizzazione, culminando nel Trattato di Maastricht, che ha istituito l’UEM (20 Paesi ne fanno
parte) e introdotto l’euro come moneta unica.

L’articolo 119 del TFUE sottolinea
l’importanza di un coordinamento stretto delle politiche economiche nazionali per uno sviluppo
sostenibile dell’Europa. L’azione congiunta degli Stati membri e dell’UE include l’adozione di
una moneta unica e una politica monetaria e del cambio unica.

La disciplina vigente

Gli articoli 120-126 TFUE, che si
concentrano sulla politica economica e monetaria dell’Unione, si occupano del coordinamento
delle politiche economiche nazionali con l’obiettivo di controllare le finanze pubbliche degli
Stati membri. In questo contesto, la politica economica si riferisce principalmente alla
politica di bilancio, che rimane sotto la giurisdizione dei singoli Stati membri, mentre
l’Unione europea svolge un ruolo di coordinamento e indirizzo.

La politica monetaria (artt. 127-133 TFUE) è
una competenza esclusiva dell’Unione, affidata al Sistema europeo delle Banche Centrali (SEBC) e
alla Banca Centrale Europea (BCE), che gestiscono la moneta unica, l’euro.

Gli articoli da 134 e 138 TFUE si
riferiscono agli organi responsabili delle politiche economiche e monetarie, e stabiliscono un
regime di cooperazione speciale per quegli Stati che adottano l’euro, mentre gli articoli
139-144 TFUE riguardano gli Stati membri con deroga, ossia quelli che non soddisfano ancora le
condizioni per adottare l’euro.

Il
coordinamento della politica economica: il meccanismo di sorveglianza multilaterale il semestre
europeo

La definizione della politica economica è
una competenza degli Stati membri dell’Unione, che devono considerare le loro politiche
economiche come una questione di interesse comune, soggetta al coordinamento delle istituzioni
dell’UE. Il Consiglio, con il coinvolgimento del Consiglio europeo e della Commissione, può
adottare raccomandazioni, note come grandi orientamenti di politica economica (GOPE). Per
migliorare il coordinamento delle politiche economiche nazionali e garantire una convergenza
duratura dei risultati economici, l’UE ha istituito un meccanismo di sorveglianza multilaterale.
Questo meccanismo prevede un monitoraggio costante da parte del Consiglio, che l’UE ha reso più
rigido nel 2011 con il semestre europeo: un processo, suddiviso in varie fasi, che sincronizza
gli interventi di politica economica degli Stati membri con gli orientamenti generali dell’UE.
Durante il semestre europeo, la Commissione e il Consiglio esaminano e approvano raccomandazioni
economiche, mentre gli Stati membri presentano piani strategici e programmi di riforma. Infine,
gli Stati elaborano i propri progetti di bilancio, da presentare alla Commissione entro ottobre
e da approvare entro la fine dell’anno.

Il Patto di stabilità e di crescita (PSC)

Per una sintesi del paragrafo scrivi i titoli dei singoli
sottoparagrafi”

I criteri di
convergenza

Il
Patto di Stabilità e Crescita (PSC), approvato durante il Consiglio europeo di Amsterdam nel
1997, è stato concepito per garantire la stabilità dell’Unione Economica e Monetaria,
specialmente in vista dell’adozione dell’euro. Uno dei presupposti fondamentali per
l’introduzione dell’euro era il coordinamento delle politiche economiche tra gli Stati membri,
che dovevano rispettare i criteri di convergenza stabiliti dal Trattato di Maastricht. In
particolare, due criteri riguardano le finanze pubbliche: il deficit di bilancio non deve
superare il 3% del PIL, mentre il debito pubblico non deve eccedere il 60% del
PIL.

 

LE MISURE PREVENTIVE E
CORRETTIVE

Il PSC include misure preventive e
correttive per garantire la stabilità della moneta unica. Queste misure sono essenziali per
mantenere la disciplina fiscale e garantire la sostenibilità economica all’interno dell’Unione
europea.

Le prime mirano a mettere in allerta gli
Stati che si stanno allontanando dai criteri stabiliti e definiscono le modalità di
presentazione e gli obiettivi dei Programmi di stabilità e di convergenza. Le misure correttive
sono destinate a sanzionare gli Stati che superano i limiti fissati, imponendo un percorso di
graduale rientro. Fra queste ultime ha rilevanza la procedura per i disavanzi eccessivi,
disciplinata dall’art. 126 del TFUE, si attiva quando uno Stato non rispetta i limiti di
deficit/PIL o debito pubblico/PIL.

La riforma del Patto di stabilità e di crescita: la nuova governance economica
europea

Nel marzo 2020, a causa della pandemia di
Covid-19, l’Unione Europea ha sospeso temporaneamente i vincoli del Patto di Stabilità e
Crescita (PSC) per permettere agli Stati membri di affrontare le conseguenze economiche. Questa
situazione ha evidenziato la necessità di una revisione strutturale del Patto. Nell’aprile 2023,
la Commissione europea ha proposto una riforma del PSC, mirata a stabilire obiettivi più
realistici e flessibili, permettendo agli Stati non conformi ai parametri di Maastricht di
seguire un percorso di rientro graduale e sostenibile
.

Le novità in tema di misure preventive: la programmazione pluriennale e
il

Piano strutturale
di bilancio

Il Regolamento (UE) 1263/2024 ha sostituito
il Regolamento (CE) 1466/1997, introducendo nuove procedure per il coordinamento delle politiche
di bilancio nell’ambito del semestre europeo. Un elemento chiave della riforma è il Piano
nazionale strutturale di bilancio di medio termine, che sostituisce i precedenti Programmi di
stabilità e di riforma.

L’attuazione e il
monitoraggio del Piano strutturale di bilancio

Il paragrafo definisce l’attuazione e il monitoraggio del piano
strutturale di bilancio. Entro il 30 aprile di ogni anno, ciascuno Stato membro dell’Unione è tenuto
a presentare alla Commissione una relazione annuale che deve indicare i progressi compiuti
nell’attuazione del percorso della spesa netta, nonché delle riforme e degli investimenti previsti
dal Piano strutturale di bilancio. Sulla base delle informazioni fornite, il Consiglio, seguendo una
raccomandazione della Commissione, può rivolgere raccomandazioni agli Stati membri. La Commissione,
inoltre, monitora costantemente l’attuazione dei Piani strutturali, con particolare attenzione al
rispetto del percorso della spesa netta stabilito dal Consiglio
.

La disciplina
transitoria per il 2024

Nel 2024 sono state avviate nuove procedure
per il coordinamento preventivo delle politiche di bilancio degli Stati membri dell’Unione
Europea, che sono entrati a regime nel 2025
.

Le novità in tema
di misure correttive

Le novità in tema di misure correttive
riguardano il Regolamento (UE) 1264/2024 che ha apportato modifiche al Regolamento (CE)
1467/1997, introducendo maggiore flessibilità nella procedura per i disavanzi eccessivi e
attribuendo un peso maggiore alle circostanze attenuanti
.

Le principali
novità in tema di quadri di bilancio degli Stati membri

Y. Il paragrafo si sofferma sulle
principali modifiche alla Direttiva (UE) 85/2011 che riguarda i requisiti per i quadri di bilancio
nazionali e fissa alcune regole minime perché sia garantita l’osservanza da parte degli Stati membri
dell’obbligo di evitare disavanzi pubblici eccessivi.

Le principali
modifiche al suddetto provvedimento pongono l’accento sulla necessita di impostare una programmazione di
bilancio
pluriennale (almeno tre anni); sottoporre
le previsioni macroeconomiche e di bilancio a una valutazione epost da parte di un
organismo indipendente
diverso da quello che elabora le previsioni.

Il Fiscal compact

Il paragrafo definisce il Fiscal Compact, o
Patto di bilancio: un trattato firmato da tutti i Paesi dell’Unione Europea, eccetto Regno Unito
e Repubblica Ceca, come parte del rafforzamento delle procedure di sorveglianza economica
multilaterale dopo la crisi economica del 2008. Entrato in vigore il 1° gennaio 2013, il
trattato impone vincoli più stringenti rispetto al Patto di stabilità e crescita, obbligando gli
Stati aderenti a perseguire un bilancio in pareggio o in avanzo, salvo circostanze
eccezionali.

Gli Stati devono introdurre questo obiettivo
nei loro ordinamenti tramite disposizioni vincolanti e permanenti, preferibilmente di natura
costituzionale.

Il Meccanismo europeo di stabilità
(MES)

Il paragrafo definisce il Meccanismo europeo
di stabilità (MES) che, istituito con un trattato intergovernativo firmato il 2 febbraio 2012,
rappresenta una nuova governance per la gestione delle crisi nella zona euro. Il MES guidato da
un Consiglio direttivo composto dai Ministri delle finanze dei Paesi dell’area euro, si basa
sull’attivazione di un fondo permanente, noto come “fondo salva-Stati” che offre assistenza
finanziaria ai Paesi in difficoltà economiche attraverso prestiti, acquisto di titoli di Stato e
linee di credito precauzionali.

La riforma, conclusa nel giugno 2019, ha
portato alla formalizzazione di un nuovo Trattato firmato il 27 gennaio 2021 che, entrerà in
vigore una volta completato l’iter delle ratifiche nazionali.

La politica monetaria

La politica
monetaria è divenuta una competenza esclusiva dell’Unione, gestita dal
Sistema Europeo delle Banche
Centrali
(SEBC) e dalla Banca Centrale Europea
(BCE).

I criteri di convergenza per adottare
l’euro, inseriti nel Trattato di Maastricht, includono la stabilità dei prezzi; il bilancio
pubblico; la stabilità del cambio e i tassi d’interesse.

Il Sistema Europeo
delle Banche Centrali (SEBC)

La politica monetaria dei Paesi che adottano
l’euro è gestita dal Sistema europeo delle banche centrali (SEBC) e dalla Banca centrale europea
(BCE). Queste istituzioni sono supportate dal Consiglio dei Ministri economici e finanziari
dell’Unione europea (ECOFIN) e dall’Eurogruppo, che è una versione ristretta dell’ECOFIN per i
Paesi dell’eurozona.

Il SEBC, composto dalla BCE e dalle Banche
centrali nazionali dei Paesi dell’Unione, ha l’obiettivo principale di mantenere la stabilità
dei prezzi. I compiti fondamentali includono la definizione e l’attuazione della politica
monetaria dell’Unione, la gestione delle operazioni sui cambi, la detenzione e gestione delle
riserve ufficiali in valuta estera degli Stati membri e la promozione del regolare funzionamento
dei sistemi di pagamento.

La
Banca Centrale Europea (BCE)

La BCE è il fulcro del Sistema europeo delle
banche centrali (SEBC) e svolge un ruolo centrale nella gestione della politica monetaria
dell’Unione con importanti funzioni di controllo della liquidità. E’ una vera e propria banca
centrale con funzioni operative. E’ governata da tre organi principali: il Comitato esecutivo,
il Consiglio direttivo e il Consiglio generale.

Gli obiettivi della
politica monetaria del SEBC

L’obiettivo principale del Sistema europeo delle banche centrali
(SEBC) è mantenere la stabilità dei prezzi. definita come un aumento dell’indice armonizzato
dei prezzi al consumo (IAPC) per l’area dell’euro inferiore al 2% su base
annua. 

Gli strumenti della
politica monetaria

La politica monetaria del SEBC si basa su tre principali strumenti per
garantire la stabilità dei prezzi: operazioni di mercato aperto, operazioni su iniziativa delle
controparti e riserva obbligatoria. Le operazioni di mercato aperto sono fondamentali per
influenzare i tassi d’interesse e gestire la liquidità nel mercato monetario, le operazioni su
iniziativa delle controparti offrono alle istituzioni creditizie una maggiore autonomia nel gestire
le loro esigenze di liquidità, infine
la manovra della riserva
obbligatoria è uno
strumento che impone a
tutte le istituzioni creditizie operanti nell’area dell’euro di mantenere una riserva minima presso
le Banche centrali nazionali
.