La legislazione in tema di spettacolo è praticamente ferma. Nonostante le numerose proposte di legge in discussione in Parlamento, infatti, non esiste una cornice legislativa che indichi in modo chiaro competenze e responsabilità dei diversi soggetti, pubblici e privati, coinvolti nel settore. Da anni, invece, si attende un segnale di cambiamento con la predisposizione di un quadro normativo che valorizzi la strategicità del settore e la sua funzione sociale.
A complicare la situazione, nel 2001, è intervenuto il Titolo V cost., che ha modificato il riparto di competenze legislative e l’articolazione delle funzioni amministrative. La Corte costituzionale, poi, con le sentt. nn. 255/04 e 256/04, ha chiarito che lo spettacolo costituisce una ‘materia’ rientrante nelle competenze concorrenti di cui all’art. 117, co. 3 cost. Proprio per questo, oggi si parla di regionalizzazione del FUS, con il graduale passaggio dallo Stato alle regioni delle competenze in materia di assegnazione delle risorse agli operatori dello spettacolo. Difficile, tuttavia, pensare che le sorti dello spettacolo possano dipendere da leggi finanziarie annuali regionali, differenziando in tal modo, regione per regione, le opportunità di sviluppare sul territorio le attività legate allo spettacolo dal vivo. Forse, sarebbe più opportuno mantenere in capo allo Stato almeno le funzioni di regolazione e di garanzia sull’erogazione dei fondi e sul loro utilizzo attraverso l’applicazione di sicuri indici qualitativi.
I problemi che affliggono il settore, peraltro, difficilmente verranno risolti se si continua a pensare solo in termini di finanziamento pubblico. Andrebbero, invece, disposte misure fiscali che incentivino i privati ad investire in questo settore e introdotti nuovi strumenti di partenariato pubblico-privato per la gestione del servizio.
Rimangono aperti e irrisolti, dunque, alcuni nodi fondamentali, sia per l’assenza di un quadro generale di riforma, ma anche per alcune lacune nelle normative di settore. L’attuale disegno di legge predisposto dal Governo, ad esempio, distingue tra i diversi settori (danza, teatro, musica), senza valorizzare aspetti comuni di fondamentale importanza a tutte le discipline, quali la contemporaneità, la multidisciplinareità, l’innovazione e la sperimentazione nel mondo dello spettacolo. Manca, inoltre, un richiamo ai giovani e alla loro produzione artistica che andrebbe favorita e valorizzata attraverso la creazione di laboratori sperimentali e strumenti di avviamento al lavoro professionale. Altrimenti, ne resterà penalizzata la qualità della produzione artistica che stenterà a trovare nuovi stimoli e punti di riferimento. Riteniamo comunque fondamentale portare avanti l’iter di riforma avviato, per incoraggiare e dare certezza ad un processo di rilancio delle attività artistiche nel nostro Paese.
Eppure la domanda cresce e il sistema di offerta si riorganizza e si diversifica. Le attività di spettacolo, teatrali, concertistiche e di danza e spettacoli viaggianti, hanno generato nel 2006 un volume d’affari di 3.025.130.090,46 euro con un aumento del 3,81% rispetto all’anno precedente. A fronte di un totale di 2.361.214 spettacoli realizzati nel corso dell’anno (+1%) si sono avute 181.949.556 presenze, pari ad un 2% in più rispetto al 2005. I settori che maggiormente hanno beneficiato di questi incrementi sono quelli dello spettacolo viaggiante (+13,94%) e del teatro i cui spettatori sono aumentati del 6%.
Proprio perché l’offerta aumenta, in termini quantitativi e qualitativi, sollecitata da una crescita continua della domanda dei cittadini, siamo convinti che sia necessario intervenire quanto prima con l’introduzione di una normativa di settore in grado di garantire la fruizione e il pluralismo espressivo di tutte le forme di arte e di spettacolo e di coinvolgere maggiormente il settore privato – anche no profit – e le autonomie locali.
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