Ancora una volta, con la L. 18-6-2009, n. 69 (G.U. 19-6-2009, n. 140, s.o. n. 95/L), recante Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, nonché in materia di processo civile, il legislatore è intervenuto a modificare il rito civile, strumento indispensabile al servizio dei diritti dei cittadini e dello sviluppo del Paese.
La riforma appare ispirata dalla volontà di ridurre il tempo dei processi e di deflazionare il carico pendente presso i tribunali; tutto ciò si è cercato di farlo favorendo la conciliazione stragiudiziale delle parti; inserendo il nuovo processo sommario di cognizione; introducendo un filtro ai giudizi in Cassazione; prevedendo un nuovo strumento di coercizione per l’attuazione degli obblighi infungibili di fare e non fare; valorizzando il principio di lealtà processuale; riducendo molti termini processuali; semplificando, infine, la fase di decisione delle controversie.
L’art. 54 della riforma reca, poi, una delega al Governo per la riduzione e semplificazione dei procedimenti civili, con l’indicazione che le numerose tipologie di procedimento civile devono ricondursi ai tre modelli processuali previsti dal codice, ossia rito ordinario di cognizione, rito del lavoro, nuovo rito sommario di cognizione.
Sarebbe auspicabile, tuttavia, che si procedesse ad una riforma organica e complessiva del sistema giudiziario, piuttosto che con interventi contingenti.
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