Il burnout – dall’espressione inglese “incendiarsi” – è un disturbo associato alle cd. professioni d’aiuto, che prevedono cioè un contatto stretto e continuativo con persone che vivono stati di disagio e sofferenza: si pensi, ad esempio, agli infermieri, ai medici, agli psicologi, ai poliziotti, a coloro che lavorano con i detenuti o nei centri di igiene mentale ecc. Esistono, infatti, alcune professioni “high-touch“, ossia ad alto contatto, nelle quali predomina il rapporto diretto con persone in difficoltà, con conseguente coinvolgimento sia emotivo che fisico, tale da comportare un rischio elevato di disagio nel lavoratore.
Il burnout: una sindrome “occupazionale”
Sebbene sia conosciuto da tempo sui luoghi di lavoro, solo di recente l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto ufficialmente il burnout come “sindrome occupazionale”, inserendola nella classificazione internazionale delle malattie: vi sono varie definizioni di burnout offerte dagli studiosi, ma praticamente tutte evidenziano l’esaurirsi delle risorse dell’operatore, che lentamente “si brucia” nel tentativo di adattarsi alle difficoltà del confronto quotidiano con la propria attività e che finisce per identificarsi nei problemi dell’assistito.
Le conseguenze del burnout
Il burnout è strettamente legato a situazioni di stress cronico, a tensioni eccessive e prolungate in ambito lavorativo e al rapporto interpersonale con dirigenti e colleghi, oltre che a fattori strettamente caratteriali del singolo dipendente. Da questa sindrome discendono poi ulteriori problemi, di salute mentale (ansia, depressione, rabbia etc.), malattie fisiche vere e proprie o sintomi comportamentali (assenza per malattia, minore impegno, assenteismo etc.). Le conseguenze del burnout sono, dunque, piuttosto rilevanti, sia a livello individuale che organizzativo.
Stress lavoro correlato e burnout: quali differenze?
Da quanto detto potrebbe sembrare che il burnout sia semplicemente un aspetto della più conosciuta sindrome da stress lavoro correlato, che le normative in tema di sicurezza sui luoghi di lavoro identificano come condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale e che discende da un senso di inadeguatezza di alcuni individui, i quali non si sentono in grado di corrispondere alle richieste o alle aspettative di cui sono destinatari. In effetti, il burnout è sì una forma di tale stress, ma presenta una maggiore gravità, essendo una condizione “patologica” che lo stress medesimo ha contribuito ad originare; ulteriore differenza è che il burnout colpisce esclusivamente le professioni di aiuto/contatto.
Burnout e pubblico impiego: il ruolo dei nuovi CCNL
Nessun settore lavorativo ne è oggi immune, ed anzi, spesso, sono proprio i lavoratori pubblici a soffrirne maggiormente nelle loro relazioni con l’utenza: si pensi, tra tutti, come emerge da recenti fatti di cronaca, al personale sanitario sottoposto a turni massacranti e che viene aggredito al pronto soccorso oppure agli insegnanti che devono spesso confrontarsi con alunni problematici e/o violenti.
Per tutelare i lavoratori pubblici ed evitare le conseguenze di tali problematiche sul buon andamento degli uffici pubblici, con i rinnovi dei CCNL per i comparti del pubblico impiego è stato espressamente previsto un organismo paritetico per l’innovazione, quale sede in cui i rappresentanti delle organizzazioni sindacali vengono coinvolti su progetti di organizzazione e innovazione, miglioramento dei servizi, promozione della legalità, della qualità del lavoro e del benessere organizzativo al fine di formulare proposte all’amministrazione o alle parti negoziali della contrattazione integrativa, anche in riferimento alle politiche formative, al lavoro agile, alla conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, alle misure di prevenzione dello stress lavoro-correlato e di fenomeni di burnout.
Alessandra Pedaci