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Riforma intercettazioni 2020: convertito il decreto legge

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Con la L. 7/2020 è stata approvata la conversione, con modificazioni, del D.L. 30 dicembre 2019, n. 161, recante “modifiche urgenti alla disciplina delle intercettazioni di conversazioni o comunicazioni”.

Le prescrizioni del decreto convertito si applicano alle iscrizioni delle notizie di reato successive al 1 maggio 2020, con slittamento della riforma quindi di ulteriori due mesi (la versione del decreto in attesa di conversione prevedeva che il termine fosse il 1 marzo 2020). Durante questo lasso di tempo, gli uffici si attrezzeranno per consentire l’adeguamento alla nuova normativa e, in particolare, ai nuovi strumenti previsti, come l’archivio digitale delle intercettazioni. Cosa prevede la riforma intercettazioni 2020?

 

Riforma intercettazioni: cosa prevede

La riforma interviene su numerose disposizioni contenute nel codice di procedura penale prevedendo il divieto di pubblicare, anche in parte, il contenuto delle intercettazioni non acquisite ai sensi degli articoli 268, 415-bis e 454 del codice di rito.

Inserisce, inoltre, nel catalogo dei reati per i quali sono ammesse le intercettazioni anche i delitti commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’articolo 416-bis c.p. (Associazione di tipo mafioso), ovvero al fine di agevolare l’attività delle associazioni di stampo mafioso.

 

La vicenda dei Trojan

Le disposizioni della riforma destinate a creare più clamore sono quelle relative all’utilizzo del captatore informatico su dispositivo elettronico portatile (Trojan). I Trojan riescono a captare conversazioni, immagini, messaggi, spostamenti. Quando vengono innestati, possono funzionare nonostante gli smartphone o altri dispositivi cui afferiscono risultano spenti. I metodi di inoculazione del captatore sono molteplici: dalla semplice installazione di una applicazione alla apertura di un file o di una immagine che si riceve per email.

L’utilizzo dei captatori informatici (ammesso dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite per reati di maggiore allarme sociale, fra i quali i reati di associazione di stampo mafioso e di terrorismo), è stato ora consentito per ulteriori fattispecie.

Cosa si prevedeva prima?

In particolare il D.Lgs. 216/2017 (noto anche come riforma Orlando), tramite una modifica dell’articolo 266 c.p.p., aveva ammesso l’utilizzo del captatore in tutti i casi in cui erano consentite le intercettazioni di comunicazioni fra presenti; nei casi di indagini per uno dei delitti considerati di grave allarme sociale (previsti dagli artt. 51, comma 3 bis e comma 3 quater) aveva previsto l’utilizzo di questa forma di intercettazione anche nei luoghi di privata dimora, indipendentemente dall’attualità della condotta criminosa.

Successivamente, la Legge n. 3 /2019 (Legge Spazza corrotti) integrava l’elenco dei delitti che consentono l’utilizzo del captatore per intercettazioni nel domicilio privato inserendo anche i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni.

Il D.L 161/2019 ha aggiunto ai delitti dei pubblici ufficiali contro la P.A., i delitti degli incaricati di un pubblico servizio, con gli stessi requisiti di pena edittale (reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni).

Le modifiche approvate in sede di conversione del D.L. 161/2019 hanno previsto che se si procede per uno dei delitti dei pubblici ufficiali o degli incaricati di un pubblico servizio contro la pubblica amministrazione puniti con pena edittale non inferiore nel massimo alla reclusione di anni 5, il decreto che autorizza l’intercettazione mediante il captatore informatico deve espressamente indicare le ragioni che ne giustifichino l’utilizzo anche nei luoghi indicati dall’art. 614 del codice penale (domicilio privato).

L’utilizzabilità dei risultati delle intercettazioni a mezzo captatore viene consentita anche per la prova dei reati diversi da quelli per i quali è stato emesso il decreto di autorizzazione, a condizione che si tratti di reati contro la pubblica amministrazione puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni o dei gravi delitti attribuiti alla competenza della procura distrettuale. I risultati delle intercettazioni dovranno essere indispensabili per l’accertamento di tali delitti.

La trascrizione delle intercettazioni

Ulteriore aspetto sul quale incide la riforma è volto al tentativo di conciliare esigenze investigative e tutela della privacy, e riguarda precisamente i meccanismi di trascrizione delle intercettazioni.

La selezione del materiale irrilevante ai fini delle indagini non viene più affidata alla polizia giudiziaria, come previsto dalla riforma Orlando, ma al PM procedente, sancendo sul punto un vero e proprio dovere di vigilanza.

Nello specifico il P.M. dovrà vigilare affinché nei verbali non siano riportate espressioni lesive del diritto alla riservatezza altrui, della reputazione delle persone, nonché informazioni riguardanti particolari categorie di dati personali, salvo che si tratti di intercettazioni rilevanti ai fini delle indagini.

La riforma prevede che tutte le intercettazioni siano conservate in un archivio digitalizzato che consenta da un lato, la segretezza dei dati e la regolamentazione della modalità dell’accesso, e, dall’altro, ai difensori di poter prendere visione ed ottenere copia delle registrazioni degli atti ivi custoditi.

Viene infatti previsto che l’avviso di conclusione delle indagini contenga anche l’avvertimento che l’indagato e il suo difensore hanno facoltà di esaminare in via telematica gli atti relativi ad intercettazioni ed ascoltare le registrazioni ovvero di prendere cognizione dei flussi di comunicazioni informatiche o telematiche e che hanno facoltà di estrarre copia delle registrazioni o dei flussi indicati come rilevanti nelle indagini. Il difensore può, inoltre, entro il termine di giorni 20 dalla ricezione dell’avviso, depositare l’elenco delle ulteriori registrazioni ritenute rilevanti e di essere chiedere copia.

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