DPCM Covid e Regione: a chi spetta la competenza. La pandemia da COVID-19 rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, a titolo di «profilassi internazionale». Così si espressa la Corte costituzionale, con sent. 37/2021, affermando il divieto per le Regioni, anche ad autonomia speciale, di interferire legislativamente con la disciplina fissata in materia dal competente legislatore statale.
Vediamo, in sintesi, il ragionamento del Giudice costituzionale sul Covid per Regione.
Il caso
L’emergenza Covid 19 avvenuta in Italia a partire dal mese di gennaio 2020, ha fatto emergere con prepotenza il problema del riparto di competenze tra i diversi livelli di governo nella gestione dello stato di emergenza.
La Corte costituzionale, con sentenza 12 marzo 2021, n. 37, è intervenuta a dirimere finalmente il clima di incertezza venutosi a creare, in merito al rispetto dei limiti posti all’attività legislativa regionale, accogliendo in parte il ricorso del Governo contro la legge della Regione Valle d’Aosta 9 dicembre 2020, n. 11 (Misure di contenimento della diffusione del virus SARS-COV-2 nelle attività sociali ed economiche della Regione autonoma Valle d’Aosta in relazione allo stato di emergenza).
Nel ricorso veniva evidenziato che le norme contenute nella legge regionale impugnata andavano a disciplinare le misure di contenimento della diffusione del contagio da Covid-19 con regole diverse da quelle statali, discostandosene in senso ampliativo e in assenza dei presupposti.
La legge regionale impugnata, a parere del ricorrente, avrebbe dato luogo ad un meccanismo autonomo ed alternativo di gestione dell’emergenza sanitaria, cristallizzando una situazione che la normativa statale consente alle Regioni di gestire «esclusivamente in via amministrativa».
La profilassi internazionale
La Corte costituzionale, pronunciandosi nel merito del ricorso e ribadendo quanto già deciso in sede cautelare, ha ritenuto che il legislatore regionale, anche se dotato di autonomia speciale, non può invadere con una propria disciplina una materia avente ad oggetto la pandemia da COVID-19, diffusa a livello globale e perciò affidata interamente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, a titolo di «profilassi internazionale» (art. 117, secondo comma, lettera q, Cost.), che è comprensiva di ogni misura atta a contrastare una pandemia sanitaria in corso, ovvero a prevenirla.
La malattia da COVID-19, infatti, è notoriamente presente in tutto il mondo, al punto che fin dal 30 gennaio 2020 l’Organizzazione mondiale della sanità ha dichiarato l’emergenza di sanità pubblica di rilievo internazionale, profondendo in seguito raccomandazioni dirette alle autorità politiche e sanitarie degli Stati.
È pacifico che la competenza statale esclusiva in materia di «profilassi internazionale» si imponga anche alla Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste, atteso che essa non può vantare alcuna attribuzione statutaria avente simile oggetto.
Le altre sentenze della Corte in tema di competenza
Si ricorda che già in altre occasioni la Consulta aveva ritenuto che la profilassi internazionale concerne norme che garantiscano «uniformità anche nell’attuazione, in ambito nazionale, di programmi elaborati in sede internazionale e sovranazionale» (sent. 5/2018; sent. 270/2016; sent. 173/2014 ecc.).
È evidente, infatti, che ogni decisione di aggravamento o allentamento delle misure di restrizione ricade sulla capacità di trasmissione della malattia oltre le frontiere nazionali, coinvolgendo così profili di collaborazione e confronto tra Stati.
L’art. 117, secondo comma, lett. q) Cost. fa, quindi, rientrare nella sfera della competenza legislativa esclusiva dello Stato la cura degli interessi che emergono innanzi ad una malattia pandemica di larga distribuzione geografica, ovvero tale da dover essere reputata “internazionale”, sulla base della diffusività che la connota.
La Corte precisa, inoltre, che non si tratta di una competenza trasversale in quanto la materia della profilassi internazionale ha un oggetto ben distinto, che comprende la prevenzione o il contrasto delle malattie pandemiche, tale da assorbire ogni profilo della disciplina.
L’esigenza di una disciplina unitaria nazionale
Dinanzi a malattie altamente contagiose in grado di diffondersi a livello globale, «ragioni logiche, prima che giuridiche» (sentenza n. 5 del 2018) radicano nell’ordinamento costituzionale l’esigenza di una disciplina unitaria, di carattere nazionale….
La Corte continua affermando che ogni decisione presa a livello locale, nonostante abbia efficacia circoscritta a tale ambito, produce un effetto a cascata sulla trasmissibilità internazionale della malattia e sulla capacità di contenerla.
Se, in particolare, non si spezza la catena del contagio su scala territoriale minore, perché non vengono adottate le misure a ciò necessarie, si permette che la malattia dilaghi ben oltre i confini locali e nazionali.
Il Giudice delle leggi, d’altro canto, ricorda che le autonomie regionali, ordinarie e speciali, non sono estranee alla gestione delle crisi emergenziali in materia sanitaria, per le attribuzioni loro spettanti nelle materie “concorrenti” della tutela della salute e della protezione civile.
In particolare, spetta anche alle strutture sanitarie regionali operare a fini di igiene e profilassi, ma nei limiti in cui esse si inseriscono armonicamente nel quadro delle misure straordinarie adottate a livello nazionale, stante il grave pericolo per l’incolumità pubblica.
Il riscontro nella legislazione ordinaria
Quanto detto con riferimento alla distribuzione delle competenze a livello costituzionale, per i casi in cui si manifesti un’emergenza pandemica, ha trovato tradizionalmente riscontro nella legislazione ordinaria.
La Consulta, nella pronuncia in commento, ricorda che fin dall’art. 32 della legge n. 833 del 1978 (legge istitutiva del servizio sanitario nazionale), si è stabilito che il potere di adottare ordinanze contingibili e urgenti in materia di igiene e sanità pubblica spetti a Regioni ed enti locali.
Ciò vale esclusivamente laddove l’efficacia di tali atti possa essere garantita da questo livello di governo, posto che compete invece al Ministro della salute provvedere quando sia necessario disciplinare l’emergenza sull’intero territorio nazionale o su parti di esso comprendenti più Regioni.
Che con tale previsione il legislatore abbia inteso riferirsi alla natura della crisi sanitaria da risolvere risulta confermato dall’art. 117 del D.Lgs. 112/1998 (sul conferimento di compiti e funzioni amministrative dello Stato alle Regioni e agli enti locali), che modula tra Comune, Regione e Stato gli interventi emergenziali nella materia qui coinvolta, a seconda «della dimensione dell’emergenza e dell’eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali». Tale disciplina ha poi trovato conferma nell’art. 50, comma 5, del D.Lgs. 267/2000 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali).
Infine, l’indirizzo volto ad adattare il governo dell’emergenza, anche sanitaria, al carattere locale o nazionale di essa, ha trovato ulteriore sviluppo con il D.Lgs. 1/2018 (Codice della protezione civile).
Gli ultimi decreti legge Covid
La sentenza richiama i recenti decreti legge adottati dal Governo per fronteggiare l’emergenza Covid, che costituiscono il fondamento giuridico dei poteri esercitati da Stato, Regioni ed enti locali per rispondere alla pandemia.
Ci si riferisce, in particolare, al D.L. 19/2020 che ha previsto una serie di misure precauzionali e limitative, la cui applicazione è affidata a D.P.C.M., assunti, dopo aver acquisito il parere dei Presidenti delle Regioni interessate, o, nel caso in cui riguardino l’intero territorio nazionale, del Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.
Nelle more dell’approvazione di tali decreti, per contenere un aggravamento della crisi, il Ministro della salute può intervenire mediante il citato potere di ordinanza attribuito dall’art. 32, L. 833/1978.
Quindi, il successivo D.L. 33/2020 ha attribuito il potere di intervenire d’urgenza a Sindaci e, soprattutto alle Regioni che, nelle more dell’adozione dei D.P.C.M., possono introdurre «misure derogatorie restrittive rispetto a quelle disposte» dal D.P.C.M., o anche “ampliative”. Queste ultime devono avvenire d’intesa con il Ministro della salute, e nei soli casi e nelle forme previsti dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri.
Lo scopo è quello di assicurare che, nel tempo necessario ad aggiornare le previsioni statali alla curva epidemiologica (ovvero dopo l’adozione di un D.P.C.M., e prima che sia assunto quello successivo) non sorgano vuoti di tutela, quando si manifestano circostanze sopravvenute e non ancora prese in carico dall’amministrazione statale (è il caso, ad esempio, della sospensione delle attività didattiche prescritta con ordinanze regionali). Ciò, tuttavia, in base al quadro normativo statale, può avvenire per mezzo di atti amministrativi, in ragione della loro flessibilità, e non attraverso leggi regionali.
Conclusioni: Covid e Regione
In conclusione, la Corte afferma il divieto per le Regioni, anche ad autonomia speciale, di interferire legislativamente con la disciplina fissata dal competente legislatore statale. Considera, pertanto, fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Governo sulla legge regionale valdostana per violazione dell’art. 117, secondo comma, lett. q) Cost. per invasione della sfera di competenza statale e, conseguentemente, dichiara l’illegittimità degli artt. 1, 2, e 4, commi 1, 2, e 3 della legge regionale valdostana impugnata.
Questo articolo “DPCM Covid e Regione: a chi spetta la competenza” e altri approfondimenti sono presenti nella rubrica Leggi&Diritto del Blog Simone.
Consulta il testo della sentenza DPCM Covid e Regione Valle d’Aosta.