Tratto da “Diventare Magistrato – I ferri del mestiere”, n°1, marzo 2022
“Il diritto all’oblio è il diritto della persona a non vedere esposte sine die informazioni che la riguardano, anche se inizialmente diffuse legittimamente.
Precisamente, è il diritto a non rimanere esposti senza limiti di tempo a una rappresentazione non più attuale della propria persona con pregiudizio alla reputazione e alla riservatezza, a causa della ripubblicazione, a distanza di un importante intervallo temporale, di una notizia relativa a fatti del passato.
Strettamente connesso al diritto alla riservatezza e al rispetto della propria identità personale, il diritto all’oblio intende evitare che la propria persona resti cristallizzata e immutabile in un’identità legata ad avvenimenti o contesti del passato, che non sono più idonei a definirla in modo autentico o, quantomeno, in modo completo.
Le Sezioni unite n. 19681/2019 hanno individuato tre possibili declinazioni del diritto all’oblio:
1) “quella di chi desidera non vedere nuovamente pubblicate notizie relative a vicende, in passato legittimamente diffuse, quando è trascorso un certo lasso di tempo tra la prima e la seconda pubblicazione”; è la più “classica” delle concezioni del diritto all’oblio, inteso come diritto a non veder rievocare vicende passate delle quali si è stati protagonisti — o comunque nelle quali si è stati coinvolti — una volta decorso un certo lasso di tempo;
2) “quella, connessa all’uso di internet ed alla reperibilità delle notizie nella rete, consistente nell’esigenza di collocare la pubblicazione, avvenuta legittimamente molti anni prima, nel contesto attuale”; in questa accezione l’oblio si presenta quale diretta emanazione del diritto all’identità personale, per cui la pretesa dell’interessato può essere soddisfatta non tanto con la cancellazione di una notizia quanto con l’aggiornamento della stessa, aggiungendo — invece che eliminando — informazioni per assicurarne la completezza;
3) “quella, infine, trattata nella … sentenza Google Spain della Corte di giustizia dell’Unione Europea, nella quale l’interessato fa valere il diritto alla cancellazione dei dati”. Secondo la sentenza Google Spain (Corte giust. Ue 13-5-2014, n. 131/12), il gestore di un motore di ricerca è obbligato a rimuovere, dall’elenco dei risultati di una ricerca relativi a una persona, le informazioni che la riguardino, qualora siano lesive dei suoi diritti. Il diritto all’oblio, in questa terza declinazione, prende le sembianze della richiesta a un motore di ricerca di deindicizzare i dati dell’interessato rispetto a una determinata notizia, di modo che, scrivendo le parole chiave — che generalmente consistono in nome e cognome — nella barra di ricerca, non sia più riportato il link che collega a un determinato evento. Lo strumento della deindicizzazione dai motori di ricerca sul web è divenuto, nella prassi giurisprudenziale (oggi espressamente avallata dalla previsione dal “diritto alla cancellazione”, denominato nel titolo anche “diritto all’oblio”, previsto dall’art. 17 del Regolamento UE 2016/679), lo strumento applicabile quando l’interesse all’indiscriminata reperibilità della notizia mediante motore di ricerca sia recessivo rispetto all’esigenza di tutela dell’identità personale. In tal modo viene evitato il rischio di quella che è stata definita la “biografia ferita”, ossia il rischio della cristallizzazione della persona in un dato che la distorce o non la rappresenta più.”
Paragrafi successivi:
2 Restare nell’ombra;
3 Aggiornare i dati;
4 Deindicizzare;
5 Diritto all’oblio e diritto di cronaca;
6 Conclusioni.
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