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Chiara Ferragni e la copertina de “L’espresso”: diffamazione o lesione del diritto d’immagine?

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Nei giorni scorsi si è imposta all’attenzione mediatica la copertina del settimanale “L’espresso” che vede protagonista Chiara Ferragni raffigurata con le fattezze dello storico nemico di Batman, Joker.

Con il chiaro intento provocatorio, la copertina ha raggiunto il suo obiettivo dividendo l’opinione pubblica, tra chi si è espresso a favore e chi contro. L’imprenditrice ha subito allertato i suoi avvocati per eventuali azioni legali, ritenendo la copertina lesiva del diritto all’immagine e gravemente diffamatoria.

Diritto all’immagine, abuso e consenso

Nel nostro ordinamento il diritto all’immagine rientra nel novero dei diritti della personalità garantiti dall’art. 2 della Costituzione, che si esplica nel divieto, da parte dei terzi, di pubblicare le immagini di una persona senza il consenso della stessa. Il diritto della persona alla propria immagine è tutelato dal codice civile all’art. 10 e dalla legge sul diritto d’autore (L. 633/1941) agli artt. 96 e 97.

In particolare, mentre l’art. 10 c.c. si occupa dell’abuso dell’immagine altrui, prevendendo la possibilità per l’interessato di ricorrere all’Autorità giudiziaria nei casi di sue immagini utilizzate fuori dai casi consentiti, l’art. 96, L. 633/1941 prevede che il ritratto di una persona non può essere esposto o riprodotto ovvero messo in commercio senza il consenso della stessa. Sebbene il codice civile utilizzi il termine «immagine» e la legge sul diritto d’autore faccia riferimento al «ritratto», è opinione ormai consolidata che il legislatore, in entrambi i casi, intendesse riferirsi a qualsiasi mezzo che permetta di riconoscere il soggetto raffigurato (es., disegno, fotografia, riproduzione cinematografica). Rientra in tale concetto anche la caricatura, ossia quel ritratto che accentua in maniera satirica o ridicola i tratti di una persona, consentendo la riconoscibilità della stessa.

In deroga alle disposizioni di cui sopra, l’art. 97, comma 1, L. 633/1941 prevede che «non occorre il consenso della persona ritratta quando la riproduzione dell’immagine è giustificata dalla notorietà o dall’ufficio pubblico, da necessità di giustizia o di polizia, da scopi scientifici, didattici o culturali, nonché quanto la riproduzione è collegata a fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico».

Tale compressione del diritto all’immagine non può avvenire per il solo fatto che oggetto della pubblicazione è una persona nota, ma deve rispondere ad una esigenza di pubblico interesse che, comunque, incontra un limite nella previsione di cui al comma 2 dell’art. 97, L. 633/1941 secondo la quale un’immagine non può essere esposta o messa in commercio quando rechi pregiudizio all’onore, alla reputazione o al decoro della persona interessata. La valutazione di tale aspetto è una questione di merito riservata al prudente apprezzamento del giudice.

Illecito civile e diffamazione

In ogni caso, si configura un illecito civile quando la pubblicazione leda anche solo il «decoro» della persona ritratta, dovendosi riferire il relativo concetto, in contrapposizione a quello di onore in senso stretto, a tutte le qualità diverse da quelle morali, come la dignità fisica o intellettuale o professionale di una persona. Mentre, se da tale pubblicazione deriva la lesione della reputazione della persona interessata, si configura il reato di diffamazione di cui all’art. 595 c.p. integrato, appunto, dalla lesione dell’altrui reputazione, dovendosi intendere per tale l’opinione sociale dell’onore di una persona (Cass., sent. 42643/2004). In particolare, costituisce circostanza aggravante del reato di diffamazione la lesione dell’altrui reputazione avvalendosi del mezzo della stampa (art. 595, comma 3, c.p.). La ratio di tale aggravante va rinvenuta nel fatto che l’utilizzo di un mezzo di comunicazione di massa aumenta il disvalore della condotta delittuosa, essendo idonea a una maggiore divulgazione del fatto diffamante, ampliando la portata del danno.

Chiara Ferragni come Joker, diffamazione o diritto di stampa?

Tuttavia, deve tenersi conto che il diritto alla cronaca giornalistica rientra nel più ampio diritto alla manifestazione del pensiero e di stampa garantito dall’art. 21 Cost. e, pertanto, ai sensi dell’art. 51 c.p. (esercizio di un diritto), qualora un soggetto ponga in essere una condotta diffamatoria non può essere punito.

L’esercizio del diritto di cronaca giornalistica può essere esercitato in presenza di tre requisiti, ormai consolidati nella giurisprudenza della Suprema Corte, quali l’esposizione di un fatto vero, l’interesse pubblico alla conoscenza dei fatti e la correttezza del linguaggio, restando nei limiti di quanto strettamente necessario a soddisfare l’interesse pubblico. Rientra nell’ambito della libera manifestazione di pensiero e, quindi, scriminato dall’art. 51 c.p., il diritto di critica. Quest’ultimo si differenzia dal diritto di cronaca in quanto non si concretizza nella narrazione di fatti, bensì nell’espressione di un giudizio o, più in generale, di un’opinione che, come tale, non può essere obiettiva. Per cui, quando un discorso giornalistico consiste, prevalentemente, nella valutazione di un fatto, i limiti della scriminante sono costituiti dalla rilevanza sociale dell’argomento e dall’utilizzo di un linguaggio appropriato.

L’esercizio del diritto di critica, pertanto, richiede il bilanciamento dell’interesse individuale alla reputazione con quella della libera manifestazione di pensiero. Siffatto bilanciamento lo si può ravvisare nella pertinenza della critica all’interesse pubblico, cioè nell’interesse dell’opinione pubblica alla conoscenza non del fatto oggetto di critica, che costituisce il presupposto della stessa, ma della sua interpretazione, insieme alla correttezza formale della sua rappresentazione.

Tuttavia, in tal caso, avendo la copertina del settimanale un intento chiaramente provocatorio, è più corretto ricondurre la pubblicazione dell’immagine che ritrae Chiara Ferragni nelle vesti di Joker sotto il diritto di satira, che al pari del diritto di cronaca e del diritto di critica, trova il suo fondamento nell’art. 21 Cost.

Il diritto di satira costituisce «una modalità corrosiva e spesso impietosa del diritto di critica e può realizzarsi anche mediante l’immagine artistica, come accade per la vignetta o per la caricatura, consistenti nella consapevole ed accentuata alterazione dei tratti somatici, morali e comportamentali della persone ritratte» (Cass., sent., 10656/2008). Diversamente dal diritto di critica, la satira è sottratta al parametro della verità, poiché si esprime mediante il paradosso e la metafora surreale di un giudizio ironico su un fatto, allo scopo di ingenerare nel lettore un ragionamento critico.

Ciononostante, anche il diritto di satira è assoggettato ai limiti dell’adeguatezza e della funzionalità delle espressioni o delle immagini rispetto al messaggio di denuncia sociale o politica perseguito. Pertanto, potranno essere usate espressioni di qualsiasi tipo, anche lesive della reputazione altrui, purché siano «strumentalmente collegate alla manifestazione di un dissenso ragionato dall’opinione o comportamento preso di mira e non si risolvano in un’aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato» (Cass., Ord., 6919/2018).

Pertanto, mentre il contenuto dell’articolo dovrà essere valutato secondo i paramenti del diritto di cronaca, l’immagine deve essere esaminata secondo quelli meno stringenti della satira.
L’immagine di Chiara Ferragni evoca in maniera scherzosa e ironica le capacità ingannatorie, tipiche del personaggio di Joker, contestate all’influencer nella vicenda legata alla vendita del pandoro, per la quale è stata multata dall’Antitrust, e nella gestione delle sue società, come si intende dal titolo inserito in copertina.