Cos’è l’autonomia differenziata?
L’autonomia differenziata è un istituto introdotto nella Costituzione italiana con la riforma del Titolo V del 2001. In particolare, l’art. 116, terzo comma, prevede la possibilità per le Regioni ordinarie di ottenere forme e condizioni particolari di autonomia su specifiche materie legislative e amministrative, previa intesa con lo Stato. In sintesi, si tratta di un meccanismo attraverso il quale alcune Regioni possono richiedere competenze aggiuntive rispetto a quelle previste ordinariamente, assumendo un ruolo maggiore nella gestione di settori come l’istruzione, la sanità e l’ambiente.
La legge delega sull’autonomia differenziata, approvata nel 2024, conosciuta come legge Calderoli, ha l’obiettivo di disciplinare le modalità di trasferimento delle competenze alle regioni interessate. Si tratta di un complesso meccanismo normativo che coinvolge sia il governo centrale che le assemblee legislative regionali e statali per definire quali e quante competenze possono essere trasferite. La legge mira a definire, tra l’altro, i cosiddetti Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), al fine di garantire un’omogeneità nei diritti sociali e civili su tutto il territorio nazionale, nonostante le eventuali differenziazioni regionali.
Dei contenuti specifici della legge 86/2024 e della definizione dei LEP abbiamo già parlato in un un precedente articolo.
Il dibattito sull’autonomia differenziata e ricorso alla Consulta
Negli ultimi mesi, la legge sull’autonomia differenziata ha suscitato un acceso dibattito pubblico e istituzionale.
Le principali criticità sollevate riguardano il rischio di un aumento delle disuguaglianze territoriali e sociali tra le regioni. Una delle questioni più delicate è legata alla determinazione dei LEP: l’assenza di criteri chiari e definiti potrebbe minare l’uniformità dei diritti dei cittadini, creando potenziali disparità nell’accesso a servizi fondamentali. Alcuni osservatori temono che, senza adeguati meccanismi di solidarietà interregionale, le regioni più ricche possano ottenere vantaggi significativi rispetto a quelle meno sviluppate.
Altre perplessità derivano dal possibile impatto dell’autonomia differenziata sulla coesione nazionale e sui vincoli di bilancio. Si teme che le competenze differenziate possano comportare una frammentazione del sistema legislativo e amministrativo, creando conflitti di competenza e complicando l’efficienza dell’azione pubblica. Infine, il ruolo centrale del governo nella definizione dei LEP è stato criticato, in quanto potrebbe comprimere le prerogative del Parlamento.
I dubbi di costituzionalità emersi sono sfociati nel ricorso, da parte di alcune Regioni, alla Corte costituzionale per far dichiarare l’illegittimità costituzionale della legge in questione.
Il comunicato della Corte costituzionale
Il 14 novembre 2024, la Corte costituzionale ha emesso un importante comunicato, in attesa del deposito della sentenza, anticipando le sue considerazioni sulla legge n. 86/2024, che disciplina l’autonomia differenziata per le Regioni ordinarie. Il comunicato offre spunti rilevanti su vari aspetti di costituzionalità della legge.
La Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’intera legge, ma ha ritenuto illegittime alcune disposizioni specifiche.
La Corte ha sottolineato che l’autonomia differenziata deve rispettare i principi fondamentali dell’unità della Repubblica, della solidarietà tra le regioni e dell’uguaglianza dei diritti dei cittadini e, ancora, dell’equilibrio di bilancio. Il trasferimento delle competenze, secondo il Collegio, deve avvenire nel rispetto del principio di sussidiarietà, e non può essere inteso come una mera distribuzione di potere politico. Questo significa che l’attribuzione delle funzioni deve perseguire l’interesse generale e non esclusivamente i bisogni locali.
I profili di incostituzionalità della legge Calderoli
Tra gli aspetti ritenuti incostituzionali, la Corte ha evidenziato:
- la devoluzione delle competenze. L’intesa tra lo Stato e la regione non può trasferire intere materie, ma solo specifiche funzioni legislative e amministrative, e deve essere giustificata da un’adeguata motivazione legata al principio di sussidiarietà.
- la definizione dei LEP. Il conferimento di una delega legislativa per determinare i LEP, senza criteri direttivi precisi, è, per la Corte, problematico, in quanto dà al Governo un ampio potere decisorio a scapito del ruolo parlamentare.
- il ruolo del dPCM. La previsione che i LEP possano essere determinati e aggiornati con un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri è stata ritenuta lesiva delle prerogative parlamentari e potenzialmente rischiosa per l’unitarietà del sistema dei diritti.
- la gestione delle risorse finanziarie. La possibilità di modificare, tramite decreto interministeriale, le aliquote della compartecipazione al gettito dei tributi erariali è stata considerata incostituzionale perché rischia di premiare le regioni inefficienti, creando un sistema disomogeneo.
- l’estensione della legge alle Regioni a Statuto speciale. Le Regioni a statuto speciale, infatti, per ottenere maggiori forme di autonomia, possono ricorrere alle procedure previste dai loro statuti speciali.
Tra gli aspetti interpretati in modo costituzionalmente orientato, la Corte ha precisato che l’iniziativa legislativa relativa alla legge di differenziazione non deve intendersi come riservata esclusivamente al Governo. Nelle materie che verranno individuate in base alla legge come no LEP, i relativi trasferimenti non potranno riguardare funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. La legge di differenziazione deve prevedere il potere di emendamento del Parlamento e i trasferimenti non devono basarsi sulla spesa storica, bensì su costi standard ed efficienza.
Il comunicato conferma, quindi, il delicato equilibrio tra autonomie regionali e coesione nazionale.
Le conseguenze della decisione
Come evidenziato nel Comunicato, spetterà al Parlamento, nell’esercizio della sua discrezionalità, colmare i vuoti derivanti dall’accoglimento da parte della Consulta di alcune delle questioni sollevate dalle Regioni ricorrenti. Ciò dovrà avvenire nel rispetto dei principi costituzionali, in modo da assicurare la piena funzionalità della legge.
La Corte precisa, infine, la sua competenza a vagliare anche le singole leggi di differenziazione. Queste, infatti, una volta approvate, potranno essere attenzionate dalla Corte in caso di ricorso in via principale o incidentale.