Trascorsi ormai alcuni anni dalla pubblicazione del D.Lgs. 7-9-2005, n. 209 (Codice delle Assicurazioni Private), i cittadini non hanno riscontrato benefici apprezzabili in termini di diminuzione dei premi assicurativi o di celerità nell’erogazione dei risarcimenti e gli operatori del diritto hanno cominciato, seppur con molteplici difficoltà interpretative, a farsi un’idea del quadro normativo delineatosi.
È ormai evidente che il Codice delle assicurazioni è simile ad un collage di norme non troppo riuscito, o meglio, ad un puzzle con molti pezzi mancanti ed altri evidentemente fuori posto.
Operando una ricostruzione storica della genesi normativa, si nota immediatamente che il provvedimento nasce viziato dall’eccesso di delega, ex articolo 76 della Costituzione, in cui è caduto il legislatore delegato.
La riforma delegante (art. 4 L. 229/2003, lett. e) ed f) si limitava a porre, quali principi e criteri direttivi, «la garanzia di una corretta gestione patrimoniale e finanziaria delle imprese autorizzate all’esercizio dell’attività assicurativa», nonché «l’armonizzazione della disciplina delle diverse figure di intermediari nell’attività di distribuzione dei servizi assicurativi».
Da ciò si è invece giunti ad ampliare significativamente il sistema di risarcimento dei danni da circolazione dei veicoli, moltiplicando le procedure risarcitorie e con esse le difficoltà nell’ottenere il giusto risarcimento.
Si è posto poi, il problema di come inserire la nuova disciplina nel sistema organico dei princìpi di responsabilità civile, in ragione dell’evidente «svista» del legislatore che ha usato in maniera impropria il termine «indennizzo» invece di «risarcimento» – come invece correttamente fece il legislatore delegato.
Dalla «svista legislativa» si genera il sospetto d’un maldestro tentativo operato dal legislatore e finalizzato a scardinare, per tale via, il principio di risarcibilità del danno ingiusto dalla necessaria corrispondenza fra l’evento sinistroso e la conseguente obbligazione di ricostituzione per equivalente del patrimonio leso, principio sancito dall’articolo 2043 c.c. e che rappresenta autentica clausola generale dell’ordinamento in materia.
Fin dall’entrata in vigore del Codice delle assicurazioni e proprio in virtù della imprescindibilità dal principio risarcitorio imposto dall’art. 2043 c.c., l’opinione pressoché unanime degli operatori del diritto è stata che il termine «indennizzo» fosse stato impropriamente usato e che, nella realtà, l’istituto di riferimento restasse quello del «risarcimento».
Tale orientamento risulta ormai definitivamente confermato dal Decreto d’attuazione del Codice delle assicurazioni.
Ancora, va denunciata la difficoltà di raccordare le condizioni introdotte ai fini della procedibilità dell’azione, con quelle previste dall’abrogata legge 990/1969.
È prevedibile che il disagio ermeneutico continuerà ad affaticare non poco gli operatori, specie per la previsione di sospensione del corso del termine per la proponibilità dell’azione giudiziaria, in caso di richiesta di integrazione istruttoria da parte dell’assicuratore che, in quanto rimessa all’iniziativa delle parti, può facilmente condurre a contrasti interpretativi sul suo assolvimento o meno.
Non minori perplessità genera l’incomprensibile compressione del diritto di difesa nei casi di danni alla persona, per i quali (nella maggior parte dei casi) bisogna attendere l’avvenuta guarigione clinica, che può intervenire nei casi più gravi anche a distanza di mesi dall’evento, senza potere nel contempo intraprendere l’azione risarcitoria, con evidente frustrazione del principio d’accelerazione dei tempi del risarcimento.
Magra consolazione potremmo trarla dal fatto che tale maggiore attesa non è necessaria per le ipotesi d’intervento risarcitorio del Fondo di Garanzia per le Vittime della Strada.
D’altronde, che la semplificazione auspicata dal legislatore si sia tramutata in un appesantimento delle incombenze richieste a fini risarcitori e, quindi, in un’ulteriore spinta alle lungaggini nella liquidazione dei sinistri ed addirittura in un aumento del contenzioso giudiziario, non ha sorpreso la maggior parte dei professionisti del diritto, i quali tale situazione avevano preannunciato, muovendo dall’elementare considerazione che tutto il castello normativo del risarcimento diretto poggia sulla auspicata compilazione congiunta del modello C.A.I. e, soprattutto, sul riconoscimento di responsabilità del conducente di uno dei veicoli coinvolti nel sinistro.
In assenza dei predetti elementi, il celere risarcimento da operarsi a cura dell’assicuratore del danneggiato svanisce, lasciando spazio alle reciproche contestazioni sulla ripartizione del torto.
Ulteriori complicazioni nei rapporti tra assicuratore e danneggiato saranno verosimilmente generate dalle modifiche al Codice delle assicurazioni, apportate dal D.L. 24-1-2012, n. 1, (cd. Decreto Liberalizzazioni) conv., con modif., dalla L. 24-3-2012, n. 27.
Il primo approccio con la struttura delle procedure di liquidazione dei danni introdotte dal Codice delle assicurazioni può basarsi su «criteri interpretativi di massima», tali da semplificare la scelta procedurale da operare nelle varie ipotesi di sinistro.
I criteri ermeneutici sui quali appare opportuno focalizzare l’attenzione dell’operatore sono:
1) intendere la codificazione delle leggi sull’esercizio dell’attività assicurativa, come finalizzata a semplificare i rapporti tra il cittadino e la compagnia assicuratrice, in conformità all’interpretazione costituzionalmente orientata fornita dalla Corte Costituzionale con la sentenza 180/2009;
2) tener conto del rafforzamento della matrice contrattuale nei rapporti tra assicuratore e danneggiato, continuando però a considerare extracontrattuale l’obbligazione di risarcimento da sinistro stradale.
Tutto ciò che seguirà sarà improntato a detti criteri.
Cominciamo con il dire che il Codice delle assicurazioni, emanato in esecuzione della delega disposta dalla L. 29-7-2003, n. 229, ha previsto un rinnovato sistema di risarcimento dei danni da circolazione stradale, ma non ha introdotto l’istituto del risarcimento diretto per i danni ai veicoli coinvolti ovvero ai loro conducenti, purché non responsabili del sinistro, in quanto tale procedura era già prevista in maniera identica, seppur su base volontaria, dal primo giugno 2004, in attuazione dell’art. 23 della L. 12-12-2002, n. 273.
L’intento del legislatore, naufragato a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale, consisteva invece nel considerare la procedura di risarcimento diretto come volta a rendere obbligatorio ciò che prima avveniva solo su base volontaria e cioè l’intervento risarcitorio operato dalla compagnia assicuratrice del danneggiato.
Dal 1° giugno 2004 risultava introdotta anche una disposizione sostanzialmente identica alla previsione contenuta all’art. 141 del Codice delle assicurazioni, in quanto anche i passeggeri che avessero subito danni alla persona, potevano rivolgersi direttamente all’assicuratore del veicolo su cui viaggiavano.
Ma allora cosa è cambiato?
A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale è rimasta soltanto la moltiplicazione delle procedure risarcitorie, caratterizzate da un livello di complessità tale da renderle incomprensibili alla maggior parte dei cittadini e spesso anche agli operatori del diritto, se non esperti della materia.
A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale è rimasta soltanto la moltiplicazione delle procedure risarcitorie, caratterizzate da un livello di complessità tale da renderle incomprensibili alla maggior parte dei cittadini e spesso anche agli operatori del diritto, se non esperti della materia.
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