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Novità sull’assegno di divorzio dalla Cassazione: l’ex coniuge che instaura una nuova convivenza può conservare l’assegno?

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Con la sentenza che pronuncia il divorzio, il giudice dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno di divorzio quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

L’obbligo di corresponsione dell’assegno di divorzio cessa automaticamente se il coniuge beneficiario passa a nuove nozze (art. 5, c. 10, L. 898/1970). Ciò in quanto, con il matrimonio, il beneficiario viene supportato materialmente ed economicamente dal nuovo coniuge, secondo quanto prescrive il codice civile (art. 143).

La giurisprudenza ha equiparato al nuovo matrimonio la convivenza more uxorio con caratteri di stabilità e serietà (Cass. 6855/2015) anticipando, attraverso il richiamo di tali caratteri, i contenuti della legge sulle convivenze (L. 76/2016) che definisce i conviventi di fatto come “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”.

Evoluzione normativa e giurisprudenziale

Invero, nonostante il richiamo alla reciproca assistenza morale e materiale contenuto nella L. 76/2016 cit., tra conviventi non sono previsti specifici obblighi di collaborazione o contribuzione (come per il matrimonio ex art. 143 c.c.) e la disciplina patrimoniale della convivenza è rimessa all’autonomia privata dei conviventi che possono regolare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza (prevedendo, ad es., le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo; scegliendo il regime patrimoniale della comunione dei beni).

La scelta effettuata dal legislatore nella distinta materia delle convivenze risponde a regole diverse da quelle proprie del matrimonio in relazione al contributo al mantenimento che si riverberano necessariamente sull’assegno di divorzio e sui suoi presupposti.

Diversamente dalle nuove nozze, il diritto all’assegno non cessa automaticamente, rappresentando la convivenza soltanto un elemento valutabile al fine di accertare se il coniuge beneficiario riceva un adeguato supporto materiale dal convivente e in che termini tale contributo sia effettivamente corrisposto. Seguendo tale linea di pensiero, la Cassazione (ord. 17-12-2020, n. 28995) ha rimesso la questione alle Sezioni unite per un ripensamento sulla cessazione automatica dell’assegno di divorzio, riguardo alla nuova convivenza dell’ex coniuge.

Ma vi è di più. L’automatismo relativo alla cessazione dell’assegno di divorzio, che secondo la lettera della legge andrebbe riferito al solo, e diverso, caso delle nuove nozze, va messo in discussione più in generale dall’indirizzo inaugurato dalle Sezioni unite della Cassazione (sent. 18287/2018) che hanno evidenziato la funzione compensativa dell’assegno divorzile, volta al riconoscimento dell’apporto dato dal coniuge beneficiario alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dell’altro coniuge (es., rinunce professionali per la crescita dei figli).

In sostanza, dopo una vita matrimoniale che si è protratta per un apprezzabile arco temporale, l’ex coniuge economicamente più debole, che abbia contribuito al tenore di vita della famiglia con personali sacrifici anche rispetto alle proprie aspettative professionali ed abbia in tal modo concorso, occupandosi dei figli e della casa, pure all’affermazione lavorativo-professionale dell’altro coniuge, acquista il diritto all’assegno divorzile, non solo perché soggetto economicamente più debole, ma anche per quanto da egli fatto e sacrificato nell’interesse della famiglia e dell’altro coniuge.

Tale diritto ben può ritenersi che permanga nella sua componente compensativa, indipendentemente dalle scelte di vita del beneficiario. 

Assegno di mantenimento

Un discorso a parte merita l’assegno di mantenimento che consegue alla separazione.

La separazione tra coniugi determina la nascita di una situazione transitoria che può evolvere nella riconciliazione o nel divorzio.

Riguardo agli effetti patrimoniali, il giudice può disporre a vantaggio del coniuge, cui non sia addebitabile la separazione, il diritto di ricevere dall’altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri.

L’obbligazione di mantenimento del coniuge separato sostituisce l’obbligo di contribuzione ex art. 143 c.c. vigente durante la convivenza matrimoniale. La permanenza di tale obbligo si giustifica a causa del carattere transitorio della separazione che allenta, ma non recide, i vincoli coniugali, in special modo riguardo agli effetti patrimoniali, potendo evolvere nella riconciliazione o nel divorzio.

L’assegno di mantenimento ha una funzione spiccatamente assistenziale e tale funzione attribuisce rilievo al pregresso tenore di vita matrimoniale come parametro cui rapportare l’assegno per giustificarne la permanenza anche in caso di nuova convivenza di fatto dell’avente diritto.

Diritto agli alimenti

La richiesta di alimenti costituisce un minus necessariamente ricompreso nella richiesta di nell’assegno divorzile o nell’assegno mantenimento. Gli alimenti, infatti, sono limitati a quanto è necessario per la vita dell’avente diritto.

Il fondamento dell’obbligo alimentare risiede nella solidarietà familiare ed è per questo che, ricorrendone i presupposti (stato di bisogno e impossibilità dell’avente diritto di provvedere al proprio mantenimento ex art. 438 c.c.)  gli alimenti possono essere attribuiti una platea più estesa di beneficiari come il coniuge escluso dall’assegno di mantenimento (coniuge al quale si addebitabile la separazione) o nei confronti del coniuge divorziato, beneficiario dell’assegno divorzile, dopo il decesso dell’obbligato. Oppure, ancora, in caso di cessazione della convivenza, nei confronti del convivente per un periodo proporzionale alla durata della convivenza (art. 1, c. 65, L. 76/2016).

E se l’ex coniuge instaura una unione civile?

Secondo quanto detta la L. 76/2016 con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni (art. 1, c. 11, l. cit.).

Il legislatore ha sostanzialmente equiparato la parte dell’unione civile al coniuge e, per quanto qui interessa, sono richiamati gli obblighi di contribuzione ex art. 143 c.c.

Di conseguenza l’instaurazione di una unione civile ha gli stessi effetti delle nuove nozze e, dunque, l’assegno di divorzio cessa automaticamente.

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