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La Consulta: “Cognome solo del padre è un retaggio patriarcale”

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Tra le novità diritto civile 2021, la Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 18, depositata l’11 febbraio 2021, ha espresso i suoi dubbi sulla disciplina in materia di attribuzione del cognome ai figli, riguardo, in particolare, alla legittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, del Codice civile, nella parte in cui, in mancanza di diverso accordo dei genitori, impone l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori. La Consulta afferma che “il cognome solo del padre è un retaggio di una concezione patriarcale della famiglia e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna”. Vediamo il punto di una delle ultime sentenze della Corte costituzionale.

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Cognome del padre: cosa dice il Codice civile

Dal sistema normativo del Codice civile si ricava il principio secondo il quale prevale il cognome paterno (cd. patronimico).

Questo principio è stato “mitigato” dalla Corte Costituzionale (sent. n. 21-12-2016, n. 286) che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma, desumibile dagli artt. 237, 262 e 299 del Codice, nella parte in cui non consente genitori, di comune accordo, di trasmettere ai figli, al momento della nascita, anche il cognome materno.

Come è stato chiarito da successiva Circolare ministeriale del 2017, dopo tale intervento è consentito ai genitori del nuovo nato – tra loro coniugati o meno – di attribuire, di comune accordo, il doppio cognome, paterno e materno, al momento della nascita, negli atti dello stato civile formati dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza (avvenuta nella G.U. 28-12-2016, n. 52).

La Circolare, considerato che la pronuncia ha riguardo alla trasmissione «anche» del cognome materno, precisa che “deve ritenersi che le relative novità ordinamentali riguardino unicamente la posposizione di questo al cognome paterno, e non l’anteposizione”.

Gli interessi da tutelare

“L’attuale sistema di attribuzione del cognome risente ancora della concezione patriarcale della famiglia … non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna” (Corte Cost. ord. 61/2006).

“La previsione dell’inderogabile prevalenza del cognome paterno sacrifica il diritto all’identità del minore, negandogli la possibilità di essere identificato, sin dalla nascita, anche con il cognome materno» (Corte Cost. sent. 286/2016).

La prevalenza del cognome paterno, ovunque permanga è, dunque, in contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il profilo dell’uguaglianza tra donna e uomo, e con l’art. 2 Cost., sotto il profilo della tutela dell’identità personale del figlio.

I dubbi di legittimità

Come si può osservare, nonostante l’intervento della Corte Costituzionale, la disciplina sul cognome dei figli resta ancora fortemente condizionata dal principio della prevalenza del cognome paterno, a discapito del principio di parità tra i genitori.

Tanto si evince dalla necessità di un accordo e, ancor più, dalla mancata previsione di poter attribuire al figlio il cognome materno in via esclusiva (a meno che la madre non sia il genitore che lo riconosce per primo).

In sostanza, con la pronuncia del 2016, si è fatto un primo passo nella direzione della effettiva parità dei genitori in attesa di un indifferibile intervento legislativo, destinato a disciplinare organicamente la materia, che sinora non ha avuto seguito.

E per questo motivo che la Corte Costituzionale, con il nuovo intervento (ord. 18/2021), riapre la questione con riferimento all’art. 262, comma 1, del Codice civile nella parte in cui, in mancanza di accordo dei genitori, impone l’acquisizione alla nascita del cognome paterno, anziché dei cognomi di entrambi i genitori.

Il dubbio sollevato dalla Corte riguarda la necessità dell’accordo come condizione indispensabile per l’attribuzione del cognome materno: l’accordo tra i genitori, come strumento per dare rilevo alla volontà della madre, non sembra garantire la piena parità dei genitori, se in assenza dell’accordo, prevale la volontà del padre.

Da qui la questione sollevata dalla Corte Costituzionale con la nuova ordinanza, alla quale la stessa Corte dovrà dare risposta.

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