Leggi&Diritto

Assegno divorzile, novità della Cassazione

leggi-diritto-diritto-civile

Assegno divorzile novità 2021: le Sezioni Unite della Cassazione (sent. 5-11-2021, n. 32198) hanno risolto una questione controversa e affermato che l’ex coniuge può conservare l’assegno di divorzio anche se instaura una nuova convivenza.

Vediamo perché.

Assegno divorzile quando spetta e quando cessa l’obbligo di corresponsione

Con la sentenza che pronuncia il divorzio, il giudice dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.

L’obbligo di corresponsione dell’assegno di divorzio cessa automaticamente se il coniuge beneficiario passa a nuove nozze (art. 5, c. 10, L. 898/1970). Ciò in quanto, con il matrimonio, il beneficiario viene supportato materialmente ed economicamente dal nuovo coniuge, secondo quanto prescrive il codice civile (art. 143).

La giurisprudenza ha equiparato al nuovo matrimonio la convivenza more uxorio con caratteri di stabilità e serietà, anticipando, attraverso il richiamo di tali caratteri, i contenuti della legge sulle convivenze (L. 76/2016) che definisce i conviventi di fatto come “due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale”. Dunque, in caso di convivenza l’assegno di divorzio dovrebbe decadere automaticamente.

Ma non è così.

Matrimonio e convivenza sono istituti diversi

Nonostante il richiamo alla reciproca assistenza morale e materiale contenuto nella L. 76/2016, tra conviventi non sono previsti specifici obblighi di collaborazione o contribuzione (come per il matrimonio ex art. 143 c.c.) e la disciplina patrimoniale della convivenza è rimessa all’autonomia privata dei conviventi che possono regolare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza (prevedendo, ad es., le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo; scegliendo il regime patrimoniale della comunione dei beni).

La scelta effettuata dal legislatore nella distinta materia delle convivenze risponde a regole diverse da quelle proprie del matrimonio in relazione al contributo al mantenimento che si riverberano necessariamente sull’assegno di divorzio e sui suoi presupposti.

Diversamente dalle nuove nozze, il diritto all’assegno non cessa automaticamente, rappresentando la convivenza soltanto un elemento valutabile al fine di accertare se il coniuge beneficiario riceva un adeguato supporto materiale dal convivente e in che termini tale contributo sia effettivamente corrisposto.

Ma vi è di più.

Funzione dell’assegno divorzile

L’automatismo relativo alla cessazione dell’assegno di divorzio è stato messo in discussione dall’indirizzo inaugurato dalle Sezioni Unite della Cassazione (sent. 18287/2018) che hanno evidenziato la funzione compensativa dell’assegno divorzile, volta al riconoscimento dell’apporto dato dal coniuge beneficiario alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale dell’altro coniuge (es., rinunce professionali per la crescita dei figli).

In sostanza, dopo una vita matrimoniale che si è protratta per un apprezzabile arco temporale, l’ex coniuge economicamente più debole, che abbia contribuito al tenore di vita della famiglia con personali sacrifici anche rispetto alle proprie aspettative professionali ed abbia in tal modo concorso, occupandosi dei figli e della casa, pure all’affermazione lavorativo-professionale dell’altro coniuge, acquista il diritto all’assegno divorzile, non solo perché soggetto economicamente più debole, ma anche per quanto da egli fatto e sacrificato nell’interesse della famiglia e dell’altro coniuge.

Tale diritto ben può ritenersi che permanga nella sua componente compensativa, indipendentemente dalle scelte di vita del beneficiario, se questi decide di convivere.

I principi delle Sezioni Unite 2021 sul mantenimento dell’assegno divorzile

L’instaurazione da parte dell’ex coniuge di una stabile convivenza di fatto,  che sia giudizialmente accertata, incide sul diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio o alla sua revisione nonché sulla quantificazione del suo ammontare, in virtù del progetto di vita intrapreso con il terzo e dei reciproci doveri di assistenza morale e materiale che ne derivano, ma non determina, necessariamente, la perdita automatica ed integrale del diritto all’assegno.

Qualora sia giudizialmente accertata l’instaurazione di una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche all’attualità di mezzi adeguati o impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, mantiene il diritto al riconoscimento di un assegno di divorzio a carico dell’ex coniuge, in funzione esclusivamente compensativa.

Il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare; della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio; dell’apporto alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge.

La componente compensativa dell’assegno di divorzio, volta appunto a compensare l’ex coniuge per le rinunce fatte a favore della famiglia, non è ancorata alla nuova condizione di vita dell’ex coniuge e, dunque, deve continuare ad essere corrisposta e quantificata anche in relazione alla  durata del matrimonio.

Assegno divorzile quando non spetta: unione civile tra persone dello stesso sesso

Secondo quanto detta la L. 76/2016 con la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso le parti acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri; dall’unione civile deriva l’obbligo reciproco all’assistenza morale e materiale e alla coabitazione. Entrambe le parti sono tenute, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni comuni (art. 1, c. 11, l. cit.).

Il legislatore ha sostanzialmente equiparato la parte dell’unione civile al coniuge e, per quanto qui interessa, sono richiamati gli obblighi di contribuzione ex art. 143 c.c.

Di conseguenza l’instaurazione di una unione civile ha gli stessi effetti delle nuove nozze e, dunque, l’assegno di divorzio cessa automaticamente.

La perdita dell’assegno di divorzio è sempre automatica se il beneficiario si risposa?

Per la legge, come si è detto, sì. Tuttavia la funzione compensativa dell’assegno di divorzio, evidenziata dalla Cassazione con il nuovo orientamento espresso, mette in discussione anche questo automatismo, se è vero che l’ex coniuge beneficiario dell’assegno deve conservare il diritto  nella sua componente compensativa, dei sacrifici e rinunce fatte durante il matrimonio, qualunque sia la sua scelta di vita dopo il divorzio.