In questo articolo parliamo di separazione delle carriere dei magistrati e della riforma del Consiglio Superiore della Magistratura (CSM).
Il ministro della giustizia, Carlo Nordio, il 22 giugno è intervenuto al Taobuk festival, il festival dei libri di Taormina, per parlare, tra le altre cose, anche della seconda riforma costituzionale presentata dal Governo.
In questi mesi il Parlamento sta discutendo la riforma del premierato (ne abbiamo parlato qui), ma è stato presentato anche un altro disegno di legge costituzionale, che riguarda anch’esso un tema molto dibattuto in Italia negli ultimi decenni: quello della separazione della carriera dei magistrati tra magistratura requirente (pubblici ministeri) e giudicante (giudici). Il ministro Nordio ha sottolineato come il disegno di legge costituzionale rimarca l’indipendenza e l’autonomia della magistratura.
La magistratura e il CSM
Prima di spiegare punto per punto tutte le modifiche proposte dal Governo, proviamo a fare un po’di chiarezza.
Ad oggi la magistratura è un corpo unitario, al cui interno si distinguono giudici (civili, penali e amministrativi) e pubblici ministeri. Insieme, giudici e P.M. esercitano la funzione giurisdizionale, applicano, cioè, il diritto dello Stato. Più precisamente:
- i pubblici ministeri esercitano la funzione requirente. Essi, cioè avanzano richieste ed esprimono pareri in vista delle decisioni dei giudici;
- i giudici, invece, esercitano la funzione giudicante e decidono le controversie di solo competenza.
La magistratura nel suo complesso è un ordine autonomo e indipendente. Per tale motivo, è dotata di un proprio organo di autogoverno: il Consiglio superiore della magistratura. Il Consiglio si occupa di tutti gli aspetti relativi alla carriera dei giudici (promozioni, procedimenti disciplinari, trasferimenti ecc.).
Tenendo ben presenti queste distinzioni, è ora possibile analizzare nel merito la riforma proposta dal Governo.
La riforma spiegata punto per punto
Il 29 maggio 2024 è iniziato l’iter per l’approvazione del disegno di legge costituzionale contenente «Norme in materia di ordinamento giurisdizionale e di istituzione della Corte disciplinare». Il disegno è stato presentato il 13 giugno alla Camera dei deputati .
Vediamo brevemente i punti essenziali della riforma con un breve commento. Per dare risalto a tutte le modifiche, qui trovate il testo a fronte.
Le funzioni del Presidente della Repubblica (art. 87 Cost.).
In base all’art. 87 Cost., il Presidente della Repubblica presiede il Consiglio superiore della magistratura.
La riforma, come effetto della separazione delle carriere tra pubblici ministeri e giudici, propone la modifica dell’art. 87, comma 10, e propone la sostituzione del CSM, attualmente organo unico di autogoverno dell’intera magistratura, con un Consiglio superiore della magistratura giudicante e Consiglio superiore della magistratura requirente. Il Presidente della Repubblica li presiederebbe entrambi.
Verrebbero quindi a crearsi due Consigli superiori, uno per i pubblici ministeri e uno per i giudici.
La separazione delle carriere (art. 102 Cost.).
L’art. 102 Cost., nella sua attuale formulazione, stabilisce che la funzione giurisdizionale è esercitata da magistrati ordinari istituiti e regolati dalle norme sull’ordinamento giudiziario.
L’art. 2 del disegno di legge costituzionale, aggiungendo il riferimento alle distinte carriere dei magistrati giudicanti e requirenti, darebbe concretezza al principio della separazione delle carriere.
In caso di approvazione, dovrà, dunque, essere modificata anche la legge dell’ordinamento giudiziario, che disciplinerà separatamente le carriere dei magistrati requirenti e giudicanti.
L’indipendenza della magistratura (art. 104 Cost.)
Il cuore della riforma è contenuto negli articoli 3 e 4 del disegno di legge.
L’art. 3 propone l’integrale sostituzione dell’art. 104 Cost., che rimarca l’indipendenza dei giudici e dei P.M. e realizza un nuovo assetto organizzativo dell’autogoverno della magistratura ordinaria.
Il primo comma ribadisce i princìpi dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura, nel suo insieme, da ogni altro potere.
Il secondo comma dell’art. 104 come riformulato conferma che la presidenza di entrambi i consigli spetta al Presidente della Repubblica, in modo conforme a quanto già stabilito dall’art. 87 Cost.
Quanto alla composizione, il terzo comma contiene una prima novità. In base alla proposta del Governo, fanno parte di diritto dei Consigli, rispettivamente, il primo presidente e il procuratore generale della Corte di Cassazione. Ciò vuol dire che il primo presidente della Corte di Cassazione farà parte solo del Consiglio superiore della magistratura giudicante, mentre il procuratore generale della Corte di Cassazione farà parte esclusivamente del Consiglio superiore della magistratura requirente. Attualmente, invece, entrambi sono membri di diritto del CSM.
Si tratta di una modifica obbligata, poiché i vertici delle due magistrature dovranno essere membri di diritto soltanto del rispettivo organo, come espressione della separazione delle carriere e dell’autonomia dei rispettivi organi di autogoverno.
Con riferimento agli altri membri che compongono i Consigli, il disegno di legge propone un passaggio dal meccanismo dell’elezione a quello dell’estrazione a sorte. Ed è proprio questo uno dei punti più controversi della riforma: il Governo, infatti, lo ritiene fondamentale per superare le correnti interne alla magistratura, eliminando le campagne elettorali per le elezioni, mentre la magistratura (in particolare l’Associazione Nazionale dei Magistrati) denuncia che il meccanismo del sorteggio minerebbe l’autogoverno.
L’innovazione maggiore della riforma riguarda, dunque, le modalità di selezione sia dei componenti cosiddetti «laici» sia dei componenti «togati», cioè di quelli provenienti dalle magistrature giudicante e requirente.
Per i componenti laici, il Parlamento in seduta comune dovrebbe redigere un elenco di professori universitari e avvocati e, da tale elenco, dovrebbero essere estratti a sorte i membri laici.
I componenti togati, invece, verrebbero designati (e non più eletti) mediante sorteggio fra tutti i magistrati appartenenti alle rispettive categorie (cioè quelle dei pubblici ministeri e dei giudici).
Secondo il Governo, il passaggio dal meccanismo dell’elezione a quello del sorteggio dovrebbe garantire, tramite il superamento della competizione elettorale, una maggiore affidabilità dell’organo di autogoverno.
Il Vicepresidente, anche in caso di approvazione, continuerebbe ad essere eletto (non a sorteggio) tra i componenti non togati.
Quanto alla durata, i membri non di diritto durano in carica per quattro anni e non possono partecipare alla procedura di sorteggio successiva.
A garanzia dell’indipendenza dei Consigli superiori della magistratura, l’ultimo comma dell’art. 104 Cost. vieterebbe ai componenti in carica l’iscrizione agli albi professionali e stabilisce l’incompatibilità con le funzioni di membro del Parlamento o di un Consiglio regionale, come già nel sistema in vigore.
Le competenze dei CSM e l’alta Corte disciplinare (art. 105)
Altra novità di rilievo è contenuta nell’art. 4, che propone di sostituire integralmente l’art. 105 Cost. Tale articolo dovrebbe disciplinare i compiti dei Consigli superiori della magistratura e creare un nuovo organo, cioè l’Alta Corte disciplinare.
A ciascun CSM spetterebbero le assunzioni, le assegnazioni, i trasferimenti, le valutazioni di professionalità e i conferimenti di funzioni nei riguardi dei magistrati. Nell’attuale formulazione dell’art. 105, anche i procedimenti disciplinari sono di competenza del CSM.
La novità del progetto di riforma riguarda la giurisdizione disciplinare dei giudici e dei P.M. La competenza, in caso di approvazione della riforma, passerebbe dal CSM ad un organo creato appositamente per questo: l’Alta Corte disciplinare.
La Corte è composta da quindici giudici:
- tre nominati dal Presidente della Repubblica, tra professori ordinari di università in materie giuridiche e avvocati con almeno venti anni di esercizio;
- tre estratti a sorte da un elenco di soggetti in possesso dei medesimi requisiti, che il Parlamento in seduta comune, entro sei mesi dall’insediamento, compila mediante elezione;
- sei magistrati giudicanti e tre requirenti, estratti a sorte tra gli appartenenti alle rispettive categorie con almeno venti anni di esercizio delle funzioni giudiziarie e che svolgono o hanno svolto funzioni di legittimità.
Nel disegno del Governo, nella Corte è prevalente la componente togata (sei giudici e tre pubblici ministeri, a fronte di sei membri laici).
Il Presidente dovrebbe essere tra i giudici nominati dal Presidente della Repubblica o tra quelli estratti a sorte dall’elenco compilato dal Parlamento in seduta comune.
La durata in carica dei giudici dovrebbe essere pari a quattro anni e l’incarico non potrà essere rinnovato.
Anche per i giudici dell’Alta Corte è prevista l’incompatibilità con la carica di parlamentare (sia italiano che europeo), di Consigliere regionale e di membro del Governo, con l’esercizio della professione di avvocato e con ogni altra carica e ufficio indicati dalla legge.
In sintesi, in caso di approvazione della riforma non esisterà più un unico organo di autogoverno della magistratura, bensì due distinti Consigli, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri. Anche le procedure concorsuali saranno di conseguenza distinte.
Il procedimento disciplinare sarà, invece, affidato ad un organo ad hoc, l’Alta Corte disciplinare.
Le opinioni contrastanti
Mentre gli avvocati sembrano favorevoli alla riforma, l’Associazione Nazionale dei Magistrati (ANM) ha mostrato una posizione avversa al testo, soprattutto relativamente alla modalità del sorteggio per la scelta dei membri togati dei Consigli che rischierebbe di compromettere l’autogoverno della magistratura.
In una recente intervista, la Vicepresidente dell’ANM, «[la riforma] che riguarda la magistratura mira a indebolire il suo organo di governo autonomo, relegandolo a struttura con funzioni meramente burocratiche. In questo modo si mina l’indipendenza della magistratura sancita dalla Costituzione a tutela non delle prerogative dei magistrati, bensì dei diritti dei cittadini».
Perché è importante capire la riforma?
Nel suo intervento al festival di Taormina, il ministro della giustizia non ha escluso che si possa arrivare ad un referendum costituzionale (anche detto confermativo o sospensivo).
Infatti, qualora la riforma non dovesse essere approvata con la maggioranza dei due terzi del Parlamento, un quinto dei membri di una Camera, cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali potrebbero presentare una richiesta di referendum.
In questo caso, i cittadini avrebbero la parola finale sulla riforma.
Per la seconda volta in pochi anni, quindi, gli elettori italiani potrebbero essere chiamati ad esprimere il loro parere su argomenti, molto tecnici, riguardanti la magistratura italiana e, più in generale, la giustizia.
Già nel 2022, infatti, attraverso un referendum abrogativo, era stato coinvolto l’elettorato su temi quali la separazione delle carriere e la riforma del CSM. In quell’occasione nessun quesito raggiunse il quorum, complice anche l’elevato tecnicismo dei quesiti (ricordiamo che mentre per la validità del referendum abrogativo è richiesta la partecipazione della maggioranza degli aventi diritto, per il referendum costituzionale non è richiesto alcun quorum).
Proprio perché potremmo essere chiamati ad esprimere un parere sulla riforma, anche se siamo in una fase embrionale della discussione, abbiamo provato a spiegare di cosa si tratta.
Per approfondire i temi accennati in questo articolo, come l’autonomia della magistratura e le riforme costituzionali, consigliamo la lettura della Costituzione esplicata e del Manuale di diritto costituzionale.