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L’Unione europea dice basta alla violenza sulle donne

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Il 24 aprile 2024 il Parlamento europeo ha approvato il testo della prima direttiva dell’Unione che ha l’obiettivo di combattere la violenza sulle donne e la violenza domestica.

Per l’entrata in vigore del provvedimento, però, si deve ancora attendere l’approvazione del Consiglio, anche se a febbraio quest’ultimo aveva trovato con il Parlamento l’accordo sul testo.

Nella seduta plenaria che ha concluso la legislatura del Parlamento europeo, i parlamentari hanno votato per l’approvazione di 89 atti legislativi. Tra i provvedimenti approvati ci sono, ad esempio, anche quello sul diritto alla riparazione e il nuovo regolamento che vieta la vendita, l’importazione e l’esportazione di prodotti realizzato utilizzando lavoro forzato. In tale contesto, è stata approvata anche la direttiva contro la violenza di genere.

La nuova direttiva europea fornisce una serie di interessanti spunti. In questo articolo, prendendo dalla sua analisi, approfondiamo il tema delle fonti del diritto dell’Unione europea e del contrasto alla violenza di genere.

L’obiettivo del legislatore europeo e i dati della violenza di genere

L’obiettivo dichiarato dal Parlamento europeo, l’istituzione europea che rappresenta i cittadini dell’Unione, è quello fornire un quadro giuridico generale in grado di prevenire e combattere la violenza di genere in tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

La violenza contro le donne e la violenza domestica, infatti, minacciano alcuni valori considerati fondativi dell’UE, come il diritto alla parità e alla non discriminazione (art. 2 Trattato sull’UE, ma anche artt. 21 e 23 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE).

La necessità di contrastare in modo deciso la violenza di genere emerge chiaramente dai dati.

L’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali già nel 2014 aveva condotto un’indagine a livello europeo per analizzare i numeri della violenza di genere e domestica. L’indagine aveva evidenziato che una donna su dieci aveva subito una forma di violenza sessuale e una su venti era stata vittima di stupro. Attualmente, si stima che una donna su tre nell’UE ha subito violenza fisica e/o sessuale.

I dati relativi al ricorso alla giustizia dopo episodi di violenza sono impietosi: poco più del 10% delle donne che subiscono una violenza lo denunciano.

Per questo motivo, la direttiva si concentra in modo particolare sulla definizione precisa di reati e pene irrogabili, sulla protezione delle vittime e sull’accesso alla giustizia, nonché sull’assistenza alle vittime. Essa promuove, inoltre, modi per migliorare la raccolta dati, la prevenzione, il coordinamento e la cooperazione.

Vecchie e nuove violenze

Nel mirino del legislatore europeo ci sono atti di violenza e crimini radicati nella società, come le violenze fisiche, i matrimoni forzati o le mutilazioni genitali femminili, ma anche crimini di nuova generazione, perpetrati attraverso l’utilizzo di tecnologie dell’informazione e della comunicazione (TIC), frutto, quindi, dell’utilizzo del digitale.

Pensiamo, ad esempio, al cyberflashing, cioè la forma di intimidazione e molestie realizzata attraverso l’invio di immagini di nudo senza il consenso della persona destinataria, o ai deepfake, cioè foto o video falsi ma realistici con persone, oggetti o luoghi molto simili a quelli esistenti, che ritraggono una persona mentre compie atti sessuali e che sembrando autentici agli occhi di chi guarda, ma anche al cyberstalking, cioè della forma di controllo perpetrata su internet per rendere più pressante un comportamento coercitivo e controllante, la manipolazione e la sorveglianza, aumentando, così, la paura, l’ansia e il graduale isolamento della vittima da amici e familiari e dal contesto professionale, nonché al revenge porn.

 

L’episodio più noto di deepfake, legato alla cantante Taylor Swift, diventata suo malgrado protagonista di alcune foto create con l’AI poi diffuse in rete, ha destato l’attenzione addirittura della Casa Bianca che, attraverso la sua portavoce, di fronte ad un uso tanto distorto dell’intelligenza artificiale generativa, ha auspicato anche negli Stati Uniti l’approvazione di una legge per contrastare l’uso improprio dell’Intelligenza Artificiale. L’Unione europea, invece, sulla protezione dei cittadini dai rischi connessi all’utilizzo dell’intelligenza artificiale si è mossa con l’approvazione dell’AI Act.

 

Il testo approvato dal Parlamento, dunque, contiene la definizione di alcuni nuovi reati e delle relative pene, di molte circostanze aggravanti e disposizioni specifiche per creare percorsi di sostegno per le donne vittime di violenza, sia durante i processi sia dopo.

Grande assente della direttiva è il reato di stupro. Gli Stati membri non hanno infatti trovato un accordo sulla sua definizione e, in particolare, sul concetto di «consenso».

Questi gli aspetti essenziali della nuova direttiva europea, ma, come abbiamo anticipato, le disposizioni in essa contenute non saranno immediatamente applicabili. Per comprendere il motivo dell’attesa necessaria per applicare in tutti gli ordinamenti europei le prescrizioni della direttiva, cerchiamo di spiegare in modo chiaro cosa sono le direttive e quali effetti esse hanno negli Stati membri dell’Unione europea.

Le fonti del diritto in Italia

L’ordinamento italiano accoglie una pluralità di fonti (interne ed esterne), anche a causa del moltiplicarsi in questi anni dei centri di produzione di tali atti (fonti multilivello).

In Italia, sono fonti del diritto:

  • le fonti costituzionali, come la Costituzione, le leggi costituzionali e di revisione costituzionale
  • le fonti dell’Unione europea, cioè i trattati istitutivi e le fonti legislative (regolamenti, direttive, decisioni). Le fonti UE prevalgono rispetto alla legislazione ordinaria statale
  • le fonti internazionali
  • le fonti nazionali, come, ad esempio, le leggi, i decreti legge e i decreti legislativi
  • le fonti regionali, come gli Statuti, le leggi regionali e i regolamenti regionali;
  • le fonti locali, vale a dire gli Statuti locali e i regolamenti approvati dagli enti.

Come abbiamo visto, con l’adesione dell’Italia all’Unione europea le nostre fonti primarie si sono arricchite con gli atti adottati dalle istituzioni europee.

Per la realizzazione dei principi stabiliti dai Trattati, infatti, l’Unione adotta atti legislativi che possono essere vincolanti (regolamenti, direttive o decisioni) o non vincolanti (raccomandazioni e pareri).

Le direttive (come quella di cui ci stiamo occupando) sono, con i regolamenti e le decisioni, atti giuridici vincolanti dell’Unione europea. In particolare, la direttiva è l’atto legislativo che vincola gli Stati membri al raggiungimento di un risultato, lasciandoli liberi in relazione alla forma e, entro certi limiti, al contenuto dell’atto di recepimento (art. 288 TFUE).

L’atto di recepimento può essere una legge, un regolamento o un atto amministrativo. Sempre più di frequente, tuttavia, la direttiva presenta, come nel caso appena esposto, carattere contenutisticamente dettagliato, che finisce per limitare la discrezionalità degli Stati membri alla sola scelta della forma giuridica (legislativa o amministrativa) dell’atto di recepimento (cd. direttiva dettagliata).

In genere, gli Stati membri hanno due anni per recepire il contenuto della direttiva nel proprio ordinamento.

Dunque, una volta approvata anche dal Consiglio e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea, la direttiva potrà entrare in vigore e partiranno i due anni per il suo recepimento in Italia e in tutti gli altri Stati membri.

Per approfondire il sistema delle fonti italiano si consiglia/consigliamo la lettura del Compendio di diritto costituzionale  e della Costituzione esplicata.