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Il riesame

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Sei alle prese con l’esame di procedura penale? Cerchi una spiegazione semplice dei fondamentali istituti della materia? Allora sei nel posto giusto.

Qui troverai la spiegazione di uno degli argomenti più richiesti all’esame: il riesame.

L’impugnazione delle misure cautelari

Il riesame è un mezzo di impugnazione, ossia un rimedio concesso a un soggetto per rimuovere uno svantaggio prodotto da un provvedimento. Nello specifico il riesame è utilizzabile avverso i provvedimenti cautelari adottati dal giudice con ordinanza o decreto.

Le misure cautelari (personali o reali) sono quei provvedimenti che vanno a comprimere, anche prima della definizione del giudizio, le libertà personali (misure cautelari personali) e patrimoniali (misure cautelari reali) del soggetto.

Tali provvedimenti, dunque, sono in grado di incidere sui diritti e sulle libertà dei destinatari, ecco perché il legislatore ha previsto la possibilità della loro immediata impugnazione, fornendo, a tal fine, vari strumenti cioè il riesame, l’appello e il ricorso per Cassazione.

La ragione per la quale i provvedimenti cautelari sono dotati di mezzi di impugnazione autonomi rispetto alle sentenze che definiscono il giudizio è data dal fatto che essi necessitano di una verifica immediata e anticipata rispetto ai ritmi lenti che connotano i giudici tradizionali: il controllo deve essere celere ed efficace.

Quanto ai mezzi di impugnazione, essi si articolano in due gradi, uno di merito e uno di legittimità. Tra i mezzi che consentono un controllo sul merito rientrano il riesame e l’appello, mentre il controllo di legittimità è garantito dal ricorso per Cassazione.

In questo articolo ci dedicheremo in modo specifico al riesame, delineando gli aspetti fondamentali della sua disciplina.

Caratteri del riesame avverso i provvedimenti coercitivi (art. 309)

Occorre precisare che il riesame è un mezzo di impugnazione proponibile avverso le ordinanze applicative di una misura coercitiva (art. 309) o reale (art. 324), ma non avverso un’ordinanza applicativa di una misura personale interdittiva. Inoltre, il riesame è utilizzato per impugnare i provvedimenti che impongono per la prima volta la misura (cd. genetici) – non sono infatti riesaminabili, ma solo appellabili, quelli che modificano, sostituiscono, estinguono o ripristinano una misura applicata in precedenza – ed esclusivamente dal destinatario del provvedimento o dal suo difensore. Al P.M. è preclusa l’utilizzazione di questo mezzo di impugnazione, egli potrà proporre solo appello o ricorso per Cassazione.

Anche al riesame si applica il divieto di reformatio in peius, cioè il fondamentale principio delle impugnazioni in base al quale non si può decidere in senso più sfavorevole per il ricorrente. La ragione dell’applicazione di tale principio sta proprio nel fatto che il P.M. non potrà utilizzarlo e, dunque, unico soggetto richiedente sarà l’indagato/imputato. Ciò comporta che, ad esempio, se l’ordinanza impugnata ha accolto la misura dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria (art. 282 c.p.p.), il tribunale del riesame non potrà riformare l’ordinanza applicando la custodia cautelare in carcere (art. 285 c.p.p.).

Il riesame, poi, è un mezzo di impugnazione totalmente devolutivo, ciò vuol dire che il giudice competente avrà piena cognizione del giudice che ha emesso il provvedimento, e l’istanza, per essere valida, non necessita di motivi a sostegno. Il tribunale potrà, infatti, decidere anche su ragioni diverse rispetto a quelle proposte a sostegno della richiesta e anche sulla base di elementi emersi solo successivamente alla sua adozione.

Procedimento del riesame

Il procedimento di riesame avverso i provvedimenti che impongono una misura coercitiva è connotato dalla celerità. Il legislatore ne ha infatti scandito i tempi con termini molto brevi, dalla cui violazione derivano gravi conseguenze, quali la perdita di efficacia del provvedimento e l’impossibilità della sua successiva reiterazione.

In particolare, il procedimento relativo al riesame del provvedimento che dispone una misura coercitiva è disciplinato dall’art. 309 del codice di rito.

Come abbiamo anticipato, la richiesta può essere presentata dal soggetto (indagato o imputato) che viene raggiunto da un’ordinanza contenente una misura coercitiva o dal suo difensore.

La competenza per i giudizi di riesame spetta al Tribunale del riesame (anche detto Tribunale delle libertà).

I termini essenziali

Il procedimento del riesame è connotato dalla celerità e l’articolo 309 del codice ne scandisce i termini.

  • Il primo termine da considerare è quello di presentazione della richiesta di riesame.

La richiesta deve essere presentata dall’interessato entro 10 giorni dall’esecuzione o notificazione del provvedimento. Se l’imputato è latitante, il termine decorre dalla notificazione eseguita tramite consegna di copia al difensore. Il difensore può proporre richiesta di riesame entro lo stesso termine decorrente dalla notificazione dell’avviso di deposito dell’ordinanza che dispone la misura.

  • Ricevuta la richiesta di riesame, il Presidente del tribunale del riesame cura che sia dato immediato avviso all’autorità giudiziaria che ha adottato l’ordinanza. Quest’ultima, entro il giorno successivo, e comunque entro 5 giorni, trasmette gli atti sui quali si fondava la richiesta del P.M., nonché tutti gli elementi sopravvenuti a favore della persona indagata. Gli atti, dunque, devono essere trasmessi e devono pervenire alla cancelleria del tribunale del riesame entro 5 giorni dalla richiesta di riesame (e non da quando il giudice che ha disposto la misura ha ricevuto la richiesta di trasmissione degli atti da parte del Tribunale del riesame). Se gli atti non pervengono nei tempi previsti, la misura perde efficacia.
  • Almeno 3 giorni prima dell’udienza deve essere data comunicazione della data di quest’ultima al P.M. presso il tribunale di sorveglianza e a quello che ha richiesto la misura, all’imputato e al suo difensore.
  • Entro 10 giorni dalla ricezione degli atti il tribunale, se non dichiara l’inammissibilità della richiesta, deve decidere il merito. In particolare, il tribunale può: annullare, riformare o confermare l’ordinanza. Se la decisione non viene assunta entro tale termine, la misura perde efficacia.
  • L’ordinanza completa di motivazione deve essere depositata entro 30 giorni dalla decisione, salvi i casi di motivazione particolarmente complessa per i quali tale termine è prorogabile fino a 45 giorni dalla decisione.

Unica ipotesi di differimento dell’udienza è prevista dall’art. 309, comma 9bis, del codice, in base al quale su richiesta formulata personalmente dall’imputato entro 5 giorni dalla notificazione dell’avviso, il tribunale differisce la data dell’udienza da un minimo di 5 a un massimo di 10 giorni se vi sono gravi motivi. In tal caso, anche il termine per la decisione e quello per il deposito slittano della stessa misura.

La violazione dei termini comporta nei casi descritti la perdita di efficacia della misura e l’impossibilità della sua reiterazione, fatta eccezione che per le ipotesi eccezionali.

Il riesame delle misure cautelari reali (art. 324)

Sia l’ordinanza che dispone il sequestro conservativo che il decreto che dispone quello preventivo possono essere riesaminati.

Il procedimento, che a tratti ricalca quello descritto per il riesame delle misure coercitive, presenta dei profili di difformità coerenti con la natura diversa dei beni giuridici tutelati. In particolare, il termine di dieci giorni imposto a pena di decadenza per la decisione non decorre dalla ricezione dell’istanza di riesame, bensì dal giorno della ricezione degli atti processuali da parte del Tribunale del riesame.

Per quel che riguarda la legittimazione a proporre il riesame, questa spetta ad una platea più ambia rispetto al riesame relativo alle misure coercitive (proponibili sono dall’indagato/imputato o dal suo difensore) e si diversifica a seconda che si impugni un’ordinanza disponente il sequestro conservativo o un decreto di sequestro preventivo. In particolare:

  • Il sequestro conservativo è proponibile da chiunque vi abbia interesse
  • Il sequestro preventivo, invece, può essere proposto dall’indagato/imputato o dal suo difensore, dalla persona a cui la cosa è stata sequestrata e a quella che ha diritto alla restituzione.

Infine, è bene precisare che un’altra differenza relativa alle impugnazioni delle misure cautelari reali rispetto a quelle coercitive consiste nel fatto che l’appello è proponibile solo in caso di sequestro preventivo, non anche per quello conservativo.

Se vuoi approfondire il riesame e gli altri argomenti di procedura penale, qui puoi trovare il nostro compendio e il Codice esplicato che ti saranno utili nell’inquadramento degli istituti e nella fase di ripetizione.