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Il buon padre di famiglia nel diritto privato

buon padre di famiglia nel diritto privato

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Il concetto del “buon padre di famiglia” nel diritto privato

In diverse norme del codice civile ricorre l’espressione “buon padre di famiglia”: così, ad es., il tutore deve amministrare il patrimonio del minore con la diligenza del buon padre di famiglia (art. 382); l’esecutore testamentario deve amministrare come un buon padre di famiglia (art. 703); nel godimento della cosa l’usufruttuario deve usare la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1003); il conduttore deve prendere in consegna la cosa e osservare la diligenza del buon padre di famiglia (art. 1587).

Le norme usano l’espressione richiamando il criterio al quale fa riferimento l’art. 11

76, comma 1, c.c. in materia di adempimento delle obbligazioni: nell’adempiere l’obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia. 

Debitore comune e diligenza del buon padre di famiglia nel diritto privato

La diligenza indica l’attenzione e la cura che  il debitore deve impiegare per eseguire esattamente la prestazione.

Buon padre di famiglia è colui che, tendendo alla realizzazione di interessi altrui, è guidato da una particolare sollecitudine, anche se non eccezionale. È la persona di normale avvedutezza, formazione e scolarità.

Il buon padre di famiglia è un modello di riferimento per misurare la qualità e la quantità della diligenza dovuta dal debitore comune nell’adempimento della prestazione, secondo i criteri di normalità.

Il criterio vale per l’adempimento delle obbligazioni comuni, cioè le obbligazioni contratte nello svolgimento di attività non professionali.

La diligenza del buon padre di famiglia è la diligenza media, intesa come impegno adeguato di energie e di mezzi per il soddisfacimento dell’interesse del creditore, che è legittimo attendersi da qualunque soggetto di media avvedutezza e accortezza.

Debitore professionale

Qualora il debitore svolga un’attività professionale, la diligenza va misurata con riferimento alle nozioni e strumenti tecnici impiegati. Nel caso di inadempimento di obbligazioni professionali, ovvero di danni causati nell’esercizio d’una attività professionale, il comma 2 dell’art. 1176 c.c. prescrive un criterio più rigoroso di accertamento responsabilità.

Il professionista, infatti, è responsabile quando abbia tenuto una condotta difforme da quella che avrebbe tenuto, al suo posto, un ideale professionista medio (il cd. homo eiusdem generis et condicionis) ovvero serio, preparato, zelante, efficiente, non «mediocre» ma «bravo». Tale diligenza viene indicata come «diligenza qualificata», che non è quella ordinaria del buon padre di famiglia bensì quella ordinaria del buon professionista.

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