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La preterintenzione nel diritto penale

Preterintenzione

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Cenni generali

Ai sensi dell’art. 43 c.p. il delitto è preterintenzionale, o oltre l’intenzione, quando dall’azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso più grave di quello voluto dall’agente.

Previsto come criterio generale di imputazione del fatto-reato, tale elemento soggettivo trova applicazione solo in relazione alla figura dell’omicidio preterintenzionale di cui all’art. 584 c.p., a mente del quale chiunque, con atti diretti a commettere il delitto di percosse o di lesioni, cagiona la morte di un uomo, e con riguardo all’aborto preterintenzionale di cui alla L. 194/1978

Struttura

Gli elementi strutturali del delitto preterintenzionale sono:

– la volontà dell’evento minore (le percosse o le lesioni);

– la non volontà dell’evento più grave (la morte);

– il nesso di causalità tra l’azione diretta a cagionare il primo evento e quello più grave in concreto verificatosi.

Analizzando la struttura della figura, occorre in primo luogo accertare che vi sia stata la volontà di realizzare il reato meno grave.

La norma, come visto, richiede la commissione di atti diretti a percuotere o ledere: al riguardo, ci si è chiesti se sia necessario un dolo intenzionale o se il dolo del reato meno grave possa essere integrata anche da quello eventuale.

Al quesito si è risposto in passato negativamente, ma più di recente si è sostenuto che il delitto di omicidio preterintenzionale può configurarsi anche quando gli atti diretti a commettere uno dei delitti previsti dagli artt. 581 e 582 c.p. siano stati posti in essere con dolo eventuale e non diretto.

Sempre a proposito di tale figura di reato, si è poi affermato che esso, in quanto caratterizzato dal verificarsi di un evento non voluto (omicidio) più grave di quello cui gli atti erano diretti (percosse o lesioni), è strutturalmente incompatibile con il tentativo, che presuppone, invece, un evento voluto e non verificatosi soltanto per circostanze indipendenti dall’agente.

Natura della responsabilità

Il punctum dolens della figura del delitto preterintenzionale risiede nell’individuazione del criterio di imputazione al soggetto agente dell’evento più grave.

In proposito sono state elaborate quattro teorie:

1) per una prima teoria, l’evento più grave dovrebbe essere imputato al soggetto a titolo di responsabilità oggettiva e quindi sulla base del solo rapporto di causalità materiale, prescindendosi da ogni indagine di volontarietà, colpa o prevedibilità dell’evento maggiore. Tale tesi, tuttavia, rende difficilmente compatibile la figura in esame con i precetti costituzionali;

2) per una seconda teoria, l’evento più grave andrebbe imputato all’agente a titolo di colpa, per mancanza di attenzione nell’attività esecutiva del reato e per avere disatteso il precetto di non porre in essere atti diretti a percuotere o a ledere. È evidente che tale tesi finisce in realtà per configurare un caso di responsabilità oggettiva, poiché ciò che caratterizza la colpa è la violazione di regole cautelari mentre le norme penali non hanno tale natura;

3) secondo una terza teoria, il delitto preterintenzionale sarebbe un’ipotesi di dolo misto a colpa: dolo per l’evento voluto meno grave e colpa per quello più grave, che però può essere imputato al soggetto solo sulla base di un’effettiva verifica della sua prevedibilità ed evitabilità in concreto quale conseguenza ulteriore della condotta diretta a ledere o percuotere. Questa interpretazione è conforme al dettato costituzionale;

4) una quarta teoria ritiene che il rischio dell’evento più grave debba essere assorbito nel danno (o pericolo di danno) che si arreca alla vittima con la condotta base, così che in tal modo non rivelerebbe la possibile violazione dei parametri di prudenza, diligenza e perizia. Così, in tema di omicidio preterintenzionale la prevedibilità dell’evento morte verrebbe assorbita nell’intenzione di risultato della condotta base. Tale tesi è pacificamente accolta dalla giurisprudenza della Cassazione.

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