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I contratti commerciali: il conto corrente ordinario

conto corrente ordinario

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Definizione e funzione

Ai sensi dell’art. 1823 c.c. “il conto corrente è il contratto col quale le parti si obbligano ad annotare in un conto i crediti derivanti da reciproche rimesse, considerandoli inesigibili e indisponibili fino alla chiusura del conto”

La figura del conto corrente ordinario, in questo contesto, si spiega in relazione all’ipotesi in cui due imprenditori, in virtù di un costante rapporto di affari, sono legati da reciproci debiti e crediti, sicché invece di procedere al pagamento di volta in volta, rinviano ad un unico momento la definizione di tali rapporti.

In questo modo, assicurandosi di mantenere liquidità a disposizione, si evita di movimentare denaro, per cui le parti del contratto decidono di astenersi dal pagamento e provvedere alla liquidazione per differenza dei rispettivi crediti, entro scadenze predeterminate.

Ai sensi del secondo comma dell’art. 1823 c.c., il saldo del conto è esigibile alla scadenza stabilita. Se non è richiesto il pagamento, il saldo si considerare quale prima rimessa di un nuovo conto e il contratto s’intende rinnovato a tempo indeterminato.

Crediti oggetto del conto corrente ordinario

Sul piano sostanziale, l’esistenza di un conto corrente non obbliga gli imprenditori parti del contratto a stipulare nuovi rapporti d’affari.  Oggetto del contratto sono tutti i crediti reciproci sussistenti tra i due imprenditori nell’ambito delle rispettive attività di impresa, con esclusione dei crediti non suscettibili di compensazione (art. 1243 c.c.).

Infatti, qualora il contratto intervenga tra imprenditori, si intendono esclusi dal conto i crediti estranei alle rispettive imprese.

È possibile includere nella vicenda anche crediti che uno degli imprenditori vanti nei confronti di terzi: in particolare si possono annotare crediti che una delle parti vanta verso terzi e che con l’inclusione nel conto vengono ceduti a titoli oneroso alla controparte.

In questo caso ai sensi dell’art. 1829 c.c., salvo diversa volontà delle parti, l’inclusione nel conto di un credito verso un terzo si presume fatta con la clausola “salvo incasso”.

Effetti e disciplina

L’inserimento nel conto dei crediti fa in modo che questi divengano inesigibili e indisponibili, non potendo essere riscossi né essere ceduti a terzi.

Tuttavia:

  • Ogni credito inserito continua a produrre interessi nella misura stabilita dal contratto o dagli usi ovvero, in mancanza, in quella legale;
  • L’esistenza del conto corrente non esclude i diritti di commissione e il rimborso delle spese per le operazioni che danno luogo alle rimesse.
  • L’inclusione di un credito nel conto corrente non esclude l’esercizio dele azioni ed eccezioni relative all’atto da cu il credito deriva; infatti se l’atto è dichiarato è nullo, annullato, rescisso o risolto, la relativa partita si elimina dal conto.
  • Se il credito incluso nel conto è assistito da una garanzia reale o personale, il correntista ha diritto di valersi della garanzia per il saldo esistente a suo favore alla chiusura e fino alla concorrenza del credito garantito.

La chiusura del conto con la liquidazione del saldo è fatta alle scadenze stabilite dal contratto o dagli usi, in mancanza, al termine di ogni semestre, computabile dalla data del contratto.

In questo contesto gioca un ruolo fondamentale l’estratto conto, nel quale sono riportate tutte le annotazioni del periodo con conseguente determinazione del saldo.

Una volta inviato l’estratto conto al correntista, il documento si intende approvato se non è contestato nel termine pattuito o in quello usuale, o altrimenti nel termine che può ritenersi congruo secondo le circostanze.

L’approvazione del conto non preclude il diritto di impugnarlo per errori di scritturazione o di calcolo, per omissioni o per duplicazione.

L’impugnazione deve essere proposta, sotto pena di decadenza, entro sei mesi dalla data di ricezione dell’estratto conto relativo alla liquidazione di chiusura, che deve essere spedito per mezzo di raccomandata.

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