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Il diritto al lavoro
Il diritto al lavoro è un diritto riconosciuto a tutti i cittadini, che non si concreta nella pretesa di ottenere un posto di lavoro, ma nell’invito rivolto ai poteri pubblici di creare le condizioni affinché tutti possano trovare occupazione.
Il lavoro si concreta, in primo luogo, in una libertà che consente di scegliere il tipo e le modalità di esercizio della propria attività lavorativa.
Le leggi che introducono ostacoli o limitazioni al libero esercizio dell’attività lavorativa sono, quindi, da considerarsi incostituzionali.
Il diritto al lavoro nella Costituzione italiana
Il carattere preminente del lavoro è immediatamente ravvisabile nell’art. 1 della Costituzione, in base al quale l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro.
La Costituzione riconosce, infatti, la centralità del lavoro, inteso come principio basilare della società, per cui nel nostro Paese, al contrario del passato, non hanno alcun peso politico e sociale il censo e i privilegi di nascita o di casta.
Tale dichiarazione enuncia il fondamento sociale e ideologico della Repubblica, cancellando la forma di Stato classista che caratterizzava il Regno d’Italia.
Altri principi fondamentali di ordine generale sono poi contenuti negli articoli 4, comma 1, e 3, comma 2.
In base all’articolo 4, comma 1, il diritto al lavoro è riconosciuto a tutti i cittadini: tale diritto non si concreta nella pretesa di ottenere un posto di lavoro, ma nell’invito rivolto ai poteri pubblici di creare le condizioni affinché tutti possano trovare occupazione.
In base all’art. 3, comma 2, poi, la Repubblica promuove tutte le condizioni opportune, eliminando anche gli ostacoli all’effettiva partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese: si tratta dell’impegno assunto dallo Stato a farsi carico di una serie di obiettivi (es. massima occupazione, sviluppo), in ossequio al dovere di solidarietà sociale, sancito all’art. 2.
I pubblici poteri sono cioè chiamati a intervenire per rendere effettivo tale diritto anche se i mezzi, le modalità e i tempi sono lasciati alla discrezionalità dei poteri stessi e al libero gioco delle parti sociali (rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro).
L’articolo 4, comma 2, fa invece riferimento al dovere di ogni cittadino di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale e spirituale della società: questo dovere è espressione del principio di solidarietà, che impone a coloro che ne abbiano la possibilità o i mezzi di apportare, con il proprio lavoro, una concreta utilità alla collettività e al suo progresso.
Nello stesso tempo, lo Stato deve consentire al singolo di decidere la propria attività lavorativa liberamente, in conformità alle attitudini e al titolo professionale.
Quali sono le norme della Costituzione italiana dedicate propriamente alla tutela del lavoro?
Le norme della Costituzione dedicate propriamente al lavoro sono contenute negli articoli 35-47, ove sono definiti i principi fondamentali che regolano l’assetto economico della società.
La finalità resta quella di tutelare, nell’ambito di tali relazioni, il soggetto più debole, cioè il lavoratore, e di conferire concretezza all’impegno dello Stato alla promozione di tutti gli strumenti di emancipazione delle classi storicamente subalterne.
Le richiamate norme costituzionali riguardano, ad esempio, la tutela del lavoro in tutte le sue forme; i criteri di determinazione della retribuzione; la durata massima della giornata lavorativa; la tutela della donna lavoratrice; il diritto del lavoratore ad adeguate forme di previdenza e assistenza sociale; l’attività sindacale.
Per l’approfondimento dello studio del diritto al lavoro, nonché della tutela del lavoro nell’ambito della legge italiana, si rinvia al Compendio di diritto del lavoro, al Manuale di diritto del lavoro e alla Costituzione esplicata delle Edizioni Simone.