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La nozione si ricava dalle norme del codice civile che disciplinano i diritti nascenti dall’usufrutto (artt. 981-1000). L’usufrutto si concretizza nel diritto riconosciuto all’usufruttuario di godere ed usare della cosa altrui, traendo da essa tutte le utilità che può dare (compresi i frutti che essa produce), con l’obbligo di non mutarne la destinazione economica.
L’usufrutto è un diritto reale, in quanto si esercita in relazione ad un bene (mobile o immobile).
Il proprietario, non disponendo del diritto di godimento, è titolare di un diritto il cui contenuto è praticamente «svuotato», ed è detto, pertanto, nuda proprietà.
La disciplina generale dell’usufrutto è contenuta negli artt. 978-1020 del codice civile, i quali però non esauriscono il quadro normativo del diritto in esame, essendo integrati da altre norme del codice quali, ad es., l’art. 796 (donazione con riserva di usufrutto), l’art. 833 (divieto degli atti di emulazione), l’art. 844 (immissioni), l’art. 1998 (usufrutto di titoli di credito), l’art. 2561 (usufrutto di azienda), gli artt. 2810, co. 1, n. 2 e 2814 (ipoteca sull’usufrutto).
Caratteri principali dell’usufrutto nel diritto privato
L’usufrutto comporta la facoltà di godimento del bene, ossia utilizzo del bene secondo la destinazione data dal proprietario e in tutte le forme che non siano escluse dall’atto di costituzione (l’usufruttuario può, ad es., locare il bene); i frutti naturali e civili (es., interessi) spettano all’usufruttuario per tutta la durata del suo diritto.
All’usufruttuario spetta anche la facoltà di disposizione del bene, come si ricava dall’art. 980 c.c., che consente all’usufruttuario di cedere il proprio diritto per un certo tempo o per tutta la sua durata, se ciò non è vietato dal titolo costitutivo.
L’usufruttuario deve sostenere le spese e gli oneri relativi alla custodia, all’amministrazione ed alla manutenzione ordinaria del bene. L’usufruttuario ha diritto ad una indennità per i miglioramenti apportati.
A differenza degli altri diritti reali su cosa altrui l’usufrutto è necessariamente temporaneo. La sua durata non può eccedere la vita dell’usufruttuario, se persona fisica, o i 30 anni se persona giuridica, poiché l’usufrutto priva il proprietario della facoltà di godimento del bene, che è un aspetto fondamentale del diritto di proprietà e, quindi, una protrazione in perpetuo di esso svuoterebbe di contenuto il diritto di proprietà.
Il quasi usufrutto
Ricorre qualora oggetto dell’usufrutto siano beni consumabili, ossia quelle il cui uso consiste nella loro distruzione (combustibili, alimentari), trasformazione (materie prime) o consumazione giuridica, attraverso il passaggio nel patrimonio di un altro soggetto (denaro).
Il quasi usufrutto comporta l’acquisto della proprietà delle cose consumabili da parte dell’usufruttuario, che può disporre in modo pieno delle stesse; al termine dell’usufrutto dovrà a scelta, corrispondere il valore che le cose hanno al tempo in cui finisce l’usufrutto o restituirne altre in eguale qualità e quantità (tantundem).
Costituzione dell’usufrutto
L’usufrutto si può costituire per legge (es., usufrutto legale dei genitori sui beni del figlio minore, art. 324); per contratto a titolo oneroso o gratuito; per testamento; per usucapione (art. 1158) o per sentenza (es., in caso di divisione dei beni in comunione legale tra i coniugi, art. 194, co. 2).
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