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Napoli: 2500 anni di cultura giuridica Un tributo alla nostra città per il suo compleanno
Non tutti sanno che Edizioni Simone è una Casa Editrice giuridica che nasce a Napoli, forse non a caso.
In questo articolo evidenziamo alcuni passaggi – poco conosciuti – della storia di Napoli che hanno contribuito anche alla nascita e alla crescita del Gruppo Editoriale Simone, che da più di mezzo secolo produce contenuti rivolti a studenti e professionisti.
L’humus creato dai tanti giuristi e pensatori che hanno camminato tra le strade di Napoli – e che in città hanno studiato e sviluppato il loro pensiero – ha dato la linfa anche alla nostra azienda.
La nascita della prima Università pubblica e laica
Prima ancora che altrove, a Napoli il diritto è diventato scienza grazie a Federico II di Svevia.
Se volessimo segnare un momento, un anno che ha posto le basi per il fiorire di secoli di cultura giuridica napoletana questo sarebbe il 1224, l’anno in cui Federico II, lo Stupor Mundi, scelse Napoli per fondare la prima Università laica e pubblica del mondo. Questo atto, in un mondo in cui l’insegnamento superiore apparteneva alla Chiesa, fu rivoluzionario.
Il primato è importante, certo, ma sarebbe solo un fotogramma nella storia se non fossero seguiti secoli di studio e sapere. Il 1224 è solo un istante in millenni di storia da cui abbiamo il dovere di partire, perché da qui è nata una fiorente cultura giuridica, che si è contaminata e sviluppata per secoli, fino ai giorni nostri.
Dal giorno della sua fondazione la Federico II è stata un laboratorio in cui i napoletani – e tutti gli studenti del meridione, visto che fino agli inizi del Novecento, l’Ateneo è stato l’unico del mezzogiorno – hanno elaborato la propria idea di libertà, modernità, di giustizia e di Stato.
La scelta di Napoli come sede universitaria non fu casuale. Federico voleva formare la classe dirigente del suo impero: giudici e amministratori, in primis, e, per farlo, scelse la città partenopea, anche se la sua corte si trovava a Palermo. Napoli, infatti, già all’epoca aveva forti tradizioni ed era avvantaggiata da una posizione geografica strategica, essendo un punto di scambi e trasporti.
Federico era profondamente convinto che la nobiltà derivasse dal sapere e non solo dal sangue. Ad scientiarum haustum et seminarium doctrinarum, cioè alla fonte della scienza e al vivaio dei saperi, sono le parole scolpite sulla facciata dell’Ateneo napoletano che ricordano ancora oggi agli studenti e ai docenti il monito federiciano. E la Federico II è stata effettivamente per secoli (ed è tuttora) un vivaio, in cui far crescere le più brillanti menti del territorio.
Nelle aule dell’università partenopea è nata la Scuola giuridica napoletana, corrente di pensiero che si sviluppò nell’Ateneo tra il 1400 e il 1600 particolarmente legata allo studio del diritto romano. A partire dal ‘600, poi, il Regno di Napoli è stato uno dei laboratori più originali e fecondi del pensiero giuridico moderno occidentale.
I primi passi dell’Intellighenzia napoletana
Abbiamo detto che la fondazione dell’Università di Napoli è solo il punto di partenza di un percorso lungo quasi impossibile da riassumere.
Ripercorriamo qui alcuni dei suoi passaggi, attraverso alcuni nomi illustri che hanno animato le aule dell’Ateneo.
Prima dell’Illuminismo: Gian Vincenzo Gravina e Giambattista Vico
Spesso oscurato dalla fama del contemporaneo Vico, Gian Vincenzo Gravina (1664-1718) è stato l’anello di congiunzione indispensabile tra la tradizione umanistica e la nuova scienza giuridica. Le sue Originum iuris civilis libri tres ebbero una grande influenza sul pensiero politico del Settecento e furono lette da Montesquieu.
Più noto di Gravina, Giambattista Vico è stato uno dei più brillanti filosofi e intellettuali di Napoli e d’Italia, senza dimenticare che la sua produzione è stata studiata in Germania. Le sue opere sono pietre miliari del pensiero occidentale moderno. In particolare, è ancora oggi di estrema attualità la concezione storicistica di Vico, che vedeva la storia come un susseguirsi di «corsi e ricorsi», cioè di avanzamenti e involuzioni, in aperta contrapposizione con il pensiero illuminista che voleva la storia umana come un progresso lineare illimitato.
I primi passi dell’Illuminismo: Antonio Genovesi
È con Antonio Genovesi che si inizia ad entrare nel vivo dell’Illuminismo napoletano.
Proprio alla Federico II, Genovesi entra in contatto con Vico (di cui erediterà anche la cattedra di etica). La sua nomina, nel 1754, all’insegnamento di “Commercio e Meccanica” (cioè la prima cattedra di economia politica) segna l’inizio ufficiale dell’Illuminismo riformatore napoletano.
Genovesi aveva il merito di essere un grandissimo divulgatore. Al centro della sua ricerca c’era l’idea dell’economia come uno strumento fornito ai governi per alimentare la ricchezza e la potenza delle Nazioni. Il benessere, secondo Genovesi, poteva aumentare solo promuovendo cultura e civiltà e proprio per questo motivo iniziò a tenere le sue lezioni in italiano e non in latino (non sembrano estremamente attuali questi concetti?).
In un’epoca in cui gli uomini erano gli unici fruitori della cultura, Genovesi sostenne che anche le donne ne avevano diritto, proprio perché è la cultura lo strumento fondamentale per l’economia dell’intera società. Oggi può sembrare un pensiero estraneo all’economia, ma secondo Genovesi la felicità o è pubblica o non è. Ma, come vedremo, non sarà l’unico intellettuale napoletano a concentrarsi sul concetto di felicità.
Il diritto alla felicità di Gaetano Filangieri, l’uomo che ha influenzato la Costituzione americana (e non solo)
Filangieri è uno dei più importanti intellettuali d’Europa della seconda metà del Settecento, forse però senza Vico e Genovesi, il suo percorso sarebbe stato più tortuoso.
Filangieri ha letteralmente costruito l’architettura giuridica dei diritti umani. Il suo obiettivo era trasformare la legislazione da un ammasso caotico di consuetudini arbitrarie in una scienza razionale, capace di guidare le nazioni verso la felicità. Proprio la felicità diventa uno dei fulcri della sua ricerca, fino a teorizzare un vero e proprio diritto alla felicità dei popoli.
Operoso e fine pensatore, ha avuto il pregio di saper creare intense relazioni umane. Egli ha costruito in Europa e in America una fitta rete di relazioni che hanno arricchito la sua produzione.
Poco più che ventenne sostenne apertamente che le sentenze dovessero essere scritte e motivate (un pensiero di estrema civiltà giuridica per l’epoca).
Uno dei capitoli più affascinanti della storia di Filangieri è però il rapporto epistolare con Benjamin Franklin, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti. Franklin, che ricevette i volumi di Filangieri mentre era a Parigi, ne rimase entusiasta, ordinandone diverse copie. Tra i due si stabilì una profonda consonanza intellettuale. Sebbene la Dichiarazione d’Indipendenza (1776) preceda la pubblicazione dell’opera principale di Filangieri (cioè de La Scienza della Legislazione), il concetto di perseguimento della felicità era nell’aria dell’Illuminismo e a questo Filangieri fornì una struttura costituzionale positiva. Egli teorizzò il diritto alla felicità non come una vaga aspirazione morale, bensì come un diritto che lo Stato deve garantire attraverso leggi che rimuovano gli ostacoli alla realizzazione umana (povertà, ignoranza, ingiustizia).
La Scienza della Legislazione, che oggi definiremmo un bestseller globale, fu letta in tutte le corti europee e in America. Questo libro ha poi ispirato anche la Rivoluzione francese e ha dato una spinta decisiva per la nascita del costituzionalismo moderno.
Con Filangieri l’Illuminismo napoletano diventa globale.
Verso il costituzionalismo contemporaneo: Mario Pagano
Con Mario Pagano, che fu allievo di Genovesi e amico di Filangieri, il pensiero giuridico napoletano affronta la prova del fuoco della rivoluzione.
Pagano ebbe cariche ufficiali nella Repubblica Napoletana del 1799, cioè il primo esperimento di costruzione di un’entità statale con i valori della Rivoluzione francese in Italia, e un ruolo di primo piano nella stesura della sua Costituzione, che istituiva tra le altre cose l’Eforato, una Corte costituzionale a livello embrionale, ossia un organo chiamato a valutare la bontà delle leggi.
Eleonora Pimentel Fonseca: la donna illuminista
L’Illuminismo napoletano ebbe una voce femminile, quella di Eleonora Pimentel Fonseca. Napoletana d’adozione, passò dall’essere poetessa di corte a rivoluzionaria repubblicana, dirigendo il Monitore Napoletano, pubblicazione periodica della Repubblica Napoletana.
Fonseca intuì un principio che oggi è alla base di tutte le democrazie: quello dell’importanza di un’opinione pubblica informata. I diritti civili rimangono infatti lettera morta se manca l’informazione. Il suo costituì un’opera di pedagogia politica.
Capì che la Repubblica napoletana rischiava di fallire, come poi fu, perché parlava un linguaggio incomprensibile al popolo (i “lazzari”). Propose per questo l’uso del dialetto napoletano per spiegare i concetti di libertà e uguaglianza, anticipando le moderne teorie sulla comunicazione politica e l’inclusione democratica: insomma fu precorritrice dei divulgatori moderni.
Oltre l’Illuminismo: Benedetto Croce
A raccogliere l’eredità di Vico nell’Ottocento e nel primo Novecento è Benedetto Croce. Pur non essendo napoletano, Croce, uno dei protagonisti della cultura italiana, scelse di studiare e stabilirsi a Napoli.
Nel momento più buio dell’Europa (il fascismo), Croce parlerà di diritti e di libertà, oltre a scrivere il manifesto degli intellettuali antifascisti, ricollocando Napoli al centro della resistenza morale europea.
La libertà per Croce non è un dono di natura, ma una conquista continua.
Influenzò profondamente il pensiero politico liberale europeo e americano del dopoguerra, offrendo una base filosofica per la ricostruzione democratica e per la Costituzione italiana del 1948, alla cui Assemblea Costituente partecipò.
Il contributo di Napoli alla Repubblica
Tra le aule della Federico II hanno studiato anche le persone che hanno posto i primi mattoni della nostra Repubblica. Tantissimi sono stati i federiciani e napoletani che hanno preso parte al primo momento della vita repubblicana: l’Assemblea costituente.
Tra questi c’erano nomi noti, come Angelo Raffaele Jervolino, Arturo Labriola, Giovanni Leone (che sarà poi Presidente della Repubblica), e il già citato Croce, ma anche tanti altri studiosi come Raffaele Pio Petrelli, Giambattista Bosco Lucarelli, Giuseppe Buonocore, che sarà poi anche docente di diritto ecclesiastico, e molti altri.
Non si deve dimenticare che federiciana fu anche la persona scelta per traghettare l’Italia dall’età monarchica a quella repubblicana. Enrico De Nicola, infatti, è stato il primo Presidente della Repubblica ed è colui che ha promulgato la Costituzione.
Questo viaggio fatto di nomi e storie è stato lungo, ma sicuramente non esaustivo. Basti pensare che alcuni dei giuristi che sono stati tenuti fuori da questo racconto prestano i loro nomi alle aule della facoltà di Giurisprudenza dell’Ateneo napoletano: Pessina, De Sanctis, Arcoleo, Coviello, Guarino, solo per citarne alcune.
È in questo solco millenario di sapere che si inserisce la storia del nostro Gruppo Editoriale, che oggi con orgoglio include anche ima delle più antiche riviste giuridiche italiane, fondata nel 1876: il Foro italiano (https://foroitaliano.it/ ), la più antica rivista giuridica italiana. La storia della Casa Editrice Simone, quindi, si intreccia a quella di Napoli, culla del diritto moderno e contemporaneo.
Attraverso il racconto di questa cultura giuridica, abbiamo voluto festeggiare i 2500 anni di Napoli a modo nostro e ora vogliamo concludere con una citazione che per noi la rappresenta:
“Napoli è la più misteriosa città d’Europa, è la sola città del mondo antico che non sia perita come Ilio, come Ninive, come Babilonia. È la sola città del mondo che non è affondata nell’immane naufragio della civiltà antica. Napoli è una Pompei che non è stata mai sepolta. Non è una città: è un mondo.” (Curzio Malaparte, La pelle, 1949)






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