Sei alle prese con l’esame di diritto commerciale? Stai studiando diritto commerciale per un concorso? Sei nel posto giusto! In questo articolo troverai una spiegazione chiara e semplice delle scritture contabili.
Le scritture contabili: definizione
Le scritture contabili sono i documenti che contengono la rappresentazione della situazione monetaria dell’impresa, con riferimento a singoli atti o a determinati periodi di esercizio dell’attività. Esse contribuiscono a rendere efficiente l’organizzazione e la gestione dell’impresa.
Funzione e obblighi
Lo statuto dell’imprenditore commerciale comporta anche l’obbligo di tenere la contabilità, ossia di compilare e conservare tutti i documenti necessari per poter, in ogni momento, rendere possibile il controllo delle operazioni compiute e dei risultati (positivi o negativi) delle stesse.
Ogni imprenditore, di regola, tiene spontaneamente la contabilità delle proprie attività economiche attraverso un articolato sistema di registrazioni e scritture che rappresentano un indispensabile strumento di gestione dell’impresa e di controllo sul lavoro dei dipendenti.
Le scritture contabili hanno rilievo, tuttavia, anche perché consentono la ricostruzione delle vicende economiche relative alla vita dell’impresa ponendosi, in tal modo, come mezzo di garanzia dell’economia creditizia: in tale funzione risiede, prevalentemente, la ratio dell’obbligo della loro tenuta posto dal legislatore (art. 2214 c.c.) a carico dell’imprenditore commerciale, di quell’imprenditore, cioè, che per la particolare natura della sua attività, entra normalmente in affari con una molteplicità di soggetti meritevoli di tutela giuridica.
Soggetti esonerati e sanzioni
La tenuta delle scritture contabili è dunque elemento indispensabile per ogni impresa commerciale, essendo esonerati dal relativo obbligo solo il piccolo imprenditore e l’imprenditore agricolo.
L’omessa tenuta o la tenuta irregolare o incompleta delle scritture contabili non è, comunque, sanzionata direttamente dall’art. 2214 c.c., ma da leggi speciali: ad esempio, artt. 216 e 217 L.F., nonché artt. 322 e 323, D.Lgs. 14/2019, riguardo alle procedure concorsuali per insolvenza.
Scritture contabili obbligatorie per tutti gli imprenditori commerciali
L’imprenditore commerciale deve tenere obbligatoriamente (art. 2214 c.c.):
- il libro giornale, nel quale vanno annotate (giorno per giorno) tutte le operazioni nell’ordine in cui sono compiute, secondo i criteri di cronologicità (ogni «affare» va iscritto in ordine cronologico) e di immediatezza (ogni «affare» va iscritto appena compiuto);
- il libro degli inventari, che comprende l’inventario redatto all’inizio dell’esercizio dell’impresa (inventario di apertura) e poi quelli redatti successivamente (inventari annuali), per indicare lo stato patrimoniale dell’impresa. L’inventario elenca e valuta le attività e le passività relative all’impresa, nonché le attività e le passività dell’imprenditore estranee alla stessa (ad esempio, alloggi civili, case rurali, debiti personali etc.).
L’inventario si chiude con il bilancio, che è un conto patrimoniale costituito dalla contrapposizione tra il complesso delle attività ed il complesso delle passività, e con il conto dei profitti e delle perdite, che è, invece, un conto economico indicante le fonti dei ricavi e delle spese pertinenti ad ogni esercizio (art. 2217 c.c.).
L’imprenditore deve, inoltre, conservare tutta la corrispondenza, i contratti e le fatture, per la durata di dieci anni. Anche i libri contabili devono essere conservati per 10 anni eventualmente anche su supporto informatico.
Scritture contabili obbligatorie solo per alcuni tipi di imprenditori
Accanto alle scritture contabili (obbligatorie per ogni imprenditore commerciale), la legge impone poi la tenuta degli altri libri e registri richiesti dalla natura (ad esempio, per le imprese assicurative o bancarie) e dalle dimensioni dell’impresa (ad esempio, il libro mastro, il libro magazzino etc.).
La scelta in concreto di tali «altre scritture» da tenere è rimessa, in sostanza, alla discrezionalità dell’imprenditore, sia pure nei limiti segnati dalle norme tecniche e dalla prassi di un’ordinata contabilità.
Tenuta della contabilità
Le scritture contabili sono sottoposte ad un regime di formalità estrinseche ed intrinseche a garanzia, data la funzione di documentazione svolta dalle stesse, della loro inalterabilità e corretta compilazione.
Le formalità estrinseche sono costituite essenzialmente dagli adempimenti della numerazione iniziale.
Le formalità intrinseche, invece, riguardano le regole di stesura: pertanto le scritture contabili devono essere tenute secondo le norme di una ordinata contabilità, senza spazi in bianco, interlinee e trasporti al margine. Eventuali cancellazioni devono eseguirsi in modo che le parole cancellate siano leggibili.
Efficacia probatoria delle scritture contabili
Il codice civile, all’articolo 2709, attribuisce efficacia probatoria a tutte le scritture contabili delle imprese soggette a registrazione. In particolare la norma stabilisce che tali scritture fanno prova contro l’imprenditore, anche qualora non siano correttamente annotate.
Le scritture contabili possono costituire prova, a favore dell’imprenditore, soltanto nei rapporti fra imprenditori inerenti all’esercizio dell’impresa (art. 2710 c.c.).
Condizione per l’utilizzazione delle scritture contabili è che siano regolarmente tenute; deve trattarsi, cioè, di libri bollati e numerati nelle forme di legge, nonché tenuti secondo le norme prescritte dalla legge.
In mancanza anche di uno soltanto dei requisiti prescritti dalla norma (art. 2710 c.c.), tornerà in pieno vigore la regola generale contenuta nell’art. 2709 c.c., in base alla quale le scritture contabili hanno valore di prova solo a sfavore dell’imprenditore. Il riconoscimento del valore probatorio spetta, in ogni caso, al giudice.
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