Cerchi una spiegazione semplice e completa dell’autotutela nel diritto amministrativo? Vuoi conoscere gli elementi che lo compongono e le loro caratteristiche? Sei nel posto giusto!
Che cosa è l’autotutela della P.A.?
Visto che l’atto amministrativo è destinato alla realizzazione di interessi pubblici e che tale funzione deve sussistere non solo al momento della sua emanazione, ma anche durante la sua vigenza, si spiega la cd. autotutela della P.A., consistente cioè nel potere di tutelare da sé, unilateralmente, la propria sfera d’azione.
I provvedimenti di secondo grado
Come può essere eliminato un atto amministrativo viziato?
- a) mediante una sentenza dell’autorità giurisdizionale amministrativa (T.A.R., Consiglio di Stato);
- b) attraverso una decisione amministrativa provocata da un ricorso dell’interessato;
- c) attraverso un atto amministrativo «spontaneo» della Pubblica Amministrazione, diretto a ritirare l’atto viziato, e perciò detto «atto di ritiro»;
- d) con un atto o un procedimento che anziché eliminare l’atto viziato, lo «sani» o ne provochi la conservazione.
Gli atti di ritiro, in particolare, sono provvedimenti amministrativi, cd. di secondo grado, a contenuto negativo, emanati in base ad un riesame dell’atto, compiuto nell’esercizio del medesimo potere amministrativo esercitato con l’emanazione dell’atto, al fine di eliminare l’atto viziato (es.: revoca e annullamento). Sono questi ultimi ad essere la principale manifestazione, come detto, dell’autotutela della P.A., consistente cioè nella facoltà, riconosciuta alle amministrazioni, di procedere ex se, cioè unilateralmente e d’ufficio, alla caducazione dei propri atti, illegittimi e/o inopportuni sin dall’inizio o divenuti in seguito inopportuni.
Annullamento d’ufficio e revoca
Tra i più importanti atti di ritiro, si ricordano l’annullamento d’ufficio e la revoca.
L’annullamento d’ufficio è un provvedimento amministrativo di 2° grado, con il quale viene ritirato, con efficacia retroattiva (ex tunc), ossia dalla data della sua emanazione, un atto amministrativo illegittimo, per la presenza di vizi di legittimità originari dell’atto (invalidità originaria).
L’art. 21nonies L. 241/1990 (come mod. dal D.L. 77/2021, conv. in L. 108/2021, cd. decreto semplificazioni), dispone che il provvedimento amministrativo illegittimo (perché adottato in violazione di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza) può essere annullato d’ufficio, sussistendone le ragioni di pubblico interesse, entro un termine ragionevole, comunque non superiore a 12 mesi dal momento dell’adozione dei provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici (inclusi i casi in cui si sia formato ai sensi dell’art. 20 L. 241/1990) e tenendo conto degli interessi dei destinatari e dei controinteressati, dall’organo che lo ha emanato, ovvero da altro organo previsto dalla legge.
La revoca, invece, è un provvedimento motivato di secondo grado, con cui la P.A. ritira, con efficacia non retroattiva (ex nunc) un atto inficiato da vizi di merito (inopportuno, non conveniente, inadeguato), in base ad una nuova valutazione degli interessi.
L’art. 21quinquies, co. 1, L. 241/1990 stabilisce che per sopravvenuti motivi di interesse pubblico ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o, salvo che per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici, di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, il provvedimento amministrativo ad efficacia durevole può essere revocato da parte dell’organo che lo ha emanato ovvero da altro organo previsto dalla legge.
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