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Diritto amministrativo e legislazione sanitaria

diritto sanitario

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L’art. 32 della Costituzione

La tutela della salute rappresenta uno dei compiti fondamentali che la Costituzione italiana attribuisce alla Repubblica. L’articolo 32, al comma 1, Cost. infatti recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti”.
La norma, dunque, da un lato riconosce ai singoli il diritto soggettivo alla salute, inteso come diritto a non subire lesioni, causate dalla condotta di terzi, nella propria integrità psico-fisica e, in tale accezione, il diritto individuale alla salute è primario, assoluto, valido erga omnes e immediatamente operativo.
D’altro canto, il diritto alla salute, inteso come diritto ad essere curati, cioè a ricevere trattamenti sanitari, è soggetto alla determinazione dei tempi e dei modi degli interventi pubblici che mirano a garantire alla collettività adeguate condizioni di vita dal punto di vista igienico-sanitario nonché un’erogazione organizzata del servizio pubblico di assistenza sanitaria.
Inoltre, la tutela del diritto alla salute si fonda sulla manifestazione di volontà del singolo che si autodetermina a riceverla sulla base del consenso informato, l’adesione al trattamento sanitario quale diritto della persona, fondato sull’art. 13 e sull’art. 32, comma 2, della Costituzione, che stabiliscono rispettivamente che la “libertà personale è inviolabile” e che “nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge”.
Il soddisfacimento di entrambe le concezioni del diritto alla salute comporta l’imprescindibile intervento del legislatore che deve disciplinare presupposti, contenuti e modalità dell’azione pubblica in campo sanitario, così da assicurare i fini prefissati dal precetto costituzionale.

L’evoluzione dell’assistenza sanitaria

L’assistenza sanitaria della collettività è divenuta funzione di pertinenza pubblica solo in epoca contemporanea, con la trasformazione dello Stato in senso sociale. Infatti, se in precedenza alla cura e al ricovero degli ammalati provvedevano istituzioni private, spesso religiose o con finalità filantropiche (si pensi agli ospedali religiosi, cd. classificati), con l’avvento dello Stato unitario, dette istituzioni furono sottoposte a controllo e regolazione statale. Per oltre un secolo, l’azione pubblica nella prestazione dell’assistenza ospedaliera ha avuto luogo attraverso ospedali nati e gestiti per volontà delle predette istituzioni, anche se assoggettati ad una disciplina statuale che diventava sempre più intensa.
Solo per gli indigenti e per i casi di malattie particolari, l’intervento statale in campo sanitario assunse forma obbligatoria. Per la maggioranza della popolazione, non sottoposta a tale forma di assistenza, si affermarono sistemi di assicurazione obbligatoria contro le malattie, gestiti da appositi enti pubblici (cd. enti mutualistici).
Il sistema appena descritto, vigente fino agli anni Sessanta del secolo scorso, è stato oggetto di notevoli riforme le cui tappe essenziali sono state tracciate con molteplici provvedimenti che hanno portato alla creazione dell’ente ospedaliero (L. 132/1968), dotato di personalità giuridica di diritto pubblico, col quale si intendeva realizzare un primo decentramento istituzionale degli enti ospedalieri alle Regioni, e all’istituzione del Servizio sanitario nazionale (SSN) (L. 833/1978) garantito a tutti i cittadini, con modalità tali da assicurare l’uguaglianza nell’accesso.
Con il D.Lgs. 502/1992 si procede al primo vero riordino dell’organizzazione del sistema sanitario che ha determinato l’“aziendalizzazione” delle Unità sanitarie locali trasformandole in Aziende (ASL) regionali che restano pubbliche ma vengono gestite con criteri imprenditoriali.
Infine, con il D.Lgs. 229/1999 (riforma sanitaria ter) si dà attuazione al sistema integrato delle prestazioni di servizi sanitari e sociali (cd. integrazione socio-sanitaria) che vede anche la partecipazione dei Comuni, competenti per i servizi sociali.
La riforma federale dello Stato, varata con la L. cost. 18-10-2001, n. 3, ha poi confermato l’assistenza sanitaria come materia di legislazione concorrente, ridenominandola “tutela della salute” (art. 117, comma 3, Cost.) e ricomprendendovi anche gli interventi in materia di igiene e sanità pubblica.
La legge costituzionale ha attribuito alle Regioni il compito di definire le linee di politica sanitaria, sia pure nel rispetto dei principi enucleati dalle leggi cornice. Alla competenza esclusiva dello Stato resta affidata la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni relative ai diritti civili e sociali, in quanto garante dell’uniformità e della qualità dell’erogazione del servizio sanitario per tutti i cittadini e dei suoi contenuti essenziali a tutela del diritto alla salute.

Le funzioni di competenza regionale

I provvedimenti che si sono susseguiti nei decenni nel settore sanitario, dalla nascita del SSN fino ad oggi, hanno attribuito alle Regioni importanti funzioni nell’ambito sanitario, in particolare nella programmazione dei Piani sanitari regionali (PSR) che esse predispongono tenendo conto degli obiettivi contenuti nel Piano sanitario nazionale (PSN). Ad esempio, le Regioni determinano i principi generali in materia di organizzazione dei servizi e delle attività di tutela della salute, fissando i criteri di finanziamento delle aziende. Alle Regioni inoltre spetta l’attività di indirizzo tecnico, di promozione e di supporto delle aziende, il controllo della gestione e della valutazione della qualità delle prestazioni erogate. Esse disciplinano l’articolazione delle strutture sanitarie sul territorio e fissano i principi e criteri per l’adozione da parte del Direttore generale dell’atto aziendale, per l’organizzazione e funzionamento di ogni azienda. L’articolazione delle aziende in distretti sanitari e la ripartizione del finanziamento del Servizio sanitario regionale, in base alla popolazione, sono competenze regionali.
Questa impostazione ha condotto ad una sanità molto diversificata sul territorio nazionale.

Il distretto sanitario tra Covid 19 e PNRR

In considerazione delle molte criticità del sistema sanitario, manifestatesi a maggior ragione durante l’emergenza pandemica, è emersa tra le altre l’esigenza di potenziare il Servizio sanitario nazionale per allinearlo ai bisogni delle comunità e dei pazienti, rafforzando le strutture e i servizi sanitari di prossimità e i servizi domiciliari.
Anche in attuazione degli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (component 1: “Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale”), nei nuovi “Standard per lo sviluppo dell’Assistenza Territoriale nel Servizio Sanitario Nazionale”, a fare da perno alla nuova assistenza territoriale sarà proprio il distretto sanitario, luogo privilegiato di gestione e di coordinamento funzionale e organizzativo della rete dei servizi socio-sanitari e sanitari territoriali, nonché riferimento per il primo accesso a tutti i servizi dell’offerta sanitaria.
Inoltre, il Distretto sanitario viene deputato al perseguimento dell’integrazione tra le diverse strutture sanitarie, socio-sanitarie, nonché dei servizi socio-assistenziali in un’ottica di collaborazione con le istituzioni locali presenti sul territorio, in modo da assicurare una risposta coordinata e continua ai bisogni della popolazione, nonché di uniformità dei livelli di assistenza e di pluralità dell’offerta.

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