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La definizione di famiglia nel diritto italiano

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La famiglia è una comunità che si basa su vincoli di sesso, sangue ed affetto. Essa costituisce il luogo in cui si realizza la solidarietà tra i suoi componenti, in cui trovano soddisfacimento bisogni morali e materiali, in cui crescono le nuove generazioni alle quali trasmettere cultura, valori morali e beni materiali.

Nel diritto vigente la nozione di famiglia consente di individuare una pluralità di modelli familiari socialmente tipizzati e giuridicamente tutelati.

La Costituzione riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio (art. 29) e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo anche nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità (art. 30). Ciò significa che la famiglia prevista dalla Costituzione deve essere «formalizzata» nell’atto solenne del matrimonio con il quale gli sposi si vincolano ai reciproci impegni e che l’ordinamento provvede a regolare gli effetti giuridici conseguenti al legame coniugale.

In questo ambito si possono distinguere una famiglia parentale composta dai coniugi, dai loro discendenti, ma anche dai parenti più lontani e dagli affini; la famiglia nucleare riferita alla coppia costituita dai coniugi e dai loro (eventuali) figli. Il concetto di famiglia parentale rileva riguardo alla successione ereditaria.

La famiglia di fatto

Nella Costituzione viene dato solo un limitato riconoscimento alla cd. famiglia di fatto non fondata sul matrimonio ma per la quale è comunque possibile individuare un carattere di stabilità e di serietà d’intenti. La famiglia di fatto, che consegue alla convivenza stabile e duratura tra persone di sesso diverso, nella Costituzione assume rilevo giuridico per la tutela dei figli della coppia.

L’art. 30 Cost. affrontando il rapporto tra filiazione avvenuta in costanza di matrimonio e filiazione al di fuori del matrimonio si preoccupa di riconoscere una tutela giuridica ed una posizione per quanto possibile analoga a quella dei figli nati in costanza di matrimonio ai figli nati al di fuori del matrimonio, anche se l’attuazione di tale principio si è, in sostanza, avuta solo con la novella del 1975 (L. 151/1975) e con la successiva Riforma della filiazione (nel 2012/2013) che ha espressamente equiparato tutte le categorie di figli (compresi i figli adottivi) sancendo il definitivo superamento di ogni residua discriminazione e differenza tra la famiglia fondata sul matrimonio e la famiglia di fatto.

Riguardo ai figli, nel diritto vigente, non esiste quindi più alcuna differenza tra la famiglia fondata sul matrimonio e la famiglia di fatto.

Riguardo ai rapporti tra conviventi, con la L. 76/2016 ai conviventi sono stati espressamente riconosciuti alcuni diritti spettanti ai coniugi (es., diritto di visita in caso di ricovero, di subentro nel contratto di locazione della casa familiare); si tratta di diritti minimi e limitati, mentre ne sono esclusi diritti come quelli successori del coniuge.

Le famiglie omoaffettive

Due persone dello stesso sesso possono convivere o contrarre una unione civile ai sensi della L. 76/2016. Nel diritto vigente, l’unione civile è disciplinata come formazione sociale alla quale l’art. 2 Cost. attribuisce rilevo fuori dall’ambito della famiglia ex art. 29 Cost.

Tuttavia, riguardo alle parti dell’unione civile la legge estende ad esse molti dei diritti e dei doveri connessi allo stato coniugale, sicché esse sono sostanzialmente equiparate ai coniugi, anche sotto il profilo dei diritti successori.

E, invece, esclusa la creazione di legami di filiazione. Le coppie omoaffettive, anche se unite civilmente, non possono ricorrere alla fecondazione assistita o all’adozione piena (cd. legittimante) nella quale il minore adottato acquista lo status di figlio della coppia adottiva.

La parte dell’unione omoaffettiva può però adottare il figlio biologico dell’altra parte con una forma mite di adozione (art. 44, L. 184/1983) che, per effetto dei ripetuti interventi della giurisprudenza (da ultimo, Corte Cost. 79/2022), si avvicina sempre più al modello genitoriale tradizionale con l’instaurazione di legami di parentela tra il minore adottato e la famiglia dell’adottante (parte dell’unione civile), senza elidere il legame tra il minore adottato e il suo genitore biologico (ex coniuge o convivente dell’altra parte dell’unione).

Le famiglie allargate

L’evoluzione normativa tende al progressivo riconoscimento dei legami che si formano all’interno delle comunità familiari latamente intese spesso identificate come famiglie allargate.

In passato la nozione si riferiva alla famiglia parentale (es., genitori e figli con i quali vivono i nonni).

Oggi il riferimento riguarda anche i nuclei familiari in cui insieme ai coniugi o alle parti dell’unione civile (o ai conviventi) vivono i figli della coppia e quelli avuti da precedenti relazioni, in un intreccio di relazioni e legami affettivi.

Il diritto vigente evolve verso il riconoscimento di tali  legami e, quindi, delle nuove famiglie, facendo perno esclusivamente sull’interesse dei figli che orienta il legislatore e resta centrale nella disciplina dei rapporti familiari che nascono dal matrimonio, dalla convivenza, dalle unioni civili. Vuoi approfondire l’argomento? Ne parliamo qui!

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