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Abrogazione dell’abuso d’ufficio: una riforma rincorsa per anni

Abrogazione abuso ufficio

L’abrogazione dell’abuso d’ufficio è ormai cosa fatta. La Camera dei Deputati ha approvato definitivamente, con 199 voti favorevoli e 102 contrari, il disegno di legge contenente l’abrogazione e altre modifiche al codice penale e di procedura penale nella seduta del 10 luglio.

All’indomani della riforma, in questo articolo spieghiamo con parole semplici e in modo chiaro i motivi che hanno spinto verso l’abrogazione. Lo faremo prima di tutto cercando di capire cos’è (o meglio cos’era) il reato di abuso d’ufficio, per poi procedere all’analisi dei dati forniti dal Ministero della giustizia. Infine, daremo conto anche delle voci contrarie alla riforma.

La discussione intorno all’abuso d’ufficio non è comunque una novità per la scienza penalistica: di abuso d’ufficio e della sua possibile abrogazione si sente parlare da anni. Noi ne avevamo già parlato in questo articolo, in cui il dott. Raffaele Marino, già Procuratore aggiunto della Repubblica, aveva riportato l’opinione dei Procuratori della Repubblica.

Vediamo, dunque, prima di tutto cosa è l’abuso d’ufficio.

L’abuso d’ufficio spiegato con parole semplici

L’abuso d’ufficio fino a ieri era un reato contro la pubblica amministrazione previsto dall’articolo 323 del codice penale.

I delitti contro la pubblica amministrazione sono disciplinati dal Libro II, Titolo II, del codice penale. Gli articoli da 314 a 360, infatti, puniscono tutti quei comportamenti che, in diversi modi, ledono il buon andamento e l’imparzialità della pubblica amministrazione.

Il reato poteva essere commesso quando un pubblico ufficiale, ad esempio il Sindaco di un Comune, provocava ad altri un danno patrimoniale ingiusto o un vantaggio ingiusto a suo favore. Per la realizzazione del reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio dovevano ottenere l’ingiusto vantaggio o provocare ad altri un ingiusto danno nello svolgimento delle funzioni istituzionali e violando la legge.

L’articolo 323, infatti, stabiliva che:

«Salvo che il fatto non costituisca più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto, è punito con la reclusione da uno a quattro anni».

Per arrivare alla formulazione riportata, l’articolo era stato modificato più volte. Da sempre, infatti, tale reato è stato difficile da applicare a causa dei suoi confini poco definiti e, per questo, diversi Governi hanno provato a disciplinarne in modo più preciso i limiti.

I dati che analizzeremo di qui a poco, però, mostrano come i vari interventi legislativi non hanno sortito i risultati sperati.

Abuso d’ufficio: i motivi dell’abrogazione

Il 12 luglio 2023 è iniziato il percorso per l’approvazione della legge che ha abrogato il reato di abuso d’ufficio. Infatti, in tale data il Ministro della giustizia, Carlo Nordio, e il Ministro della difesa, Guido Crosetto, presentarono il disegno di legge contenente la proposta di abrogazione dell’articolo 323 del codice penale.

La prima relazione al disegno di legge contiene alcuni interessanti dati relativi all’applicazione dell’abuso d’ufficio.

Il primo (e più rilevante) motivo dell’abrogazione del reato è, infatti, la sua scarsa applicazione.

Come abbiamo anticipato, l’articolo è stato più volte modificato. Il primo Governo a intervenire fu il Governo Andreotti nel 1990.

Tutte le riforme che si sono susseguite nel corso degli anni e delle diverse legislature hanno avuto l’intento di indicare confini precisi del reato in esame, per tracciare una strada da seguire per i giudici.

L’ultima riforma risale al 2020, quando il Governo Conte ha limitato l’applicazione dell’art. 323 ai soli casi di violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità.

Secondo il Ministro Nordio, però, nessuna riforma è stata in grado di disegnare confini precisi al delitto di abuso d’ufficio.

A tal proposito, vediamo i dati che il Ministro Nordio ha presentato a sostegno della riforma.

Nel 2021, secondo il Ministero, a 4.745 iscrizioni nel registro degli indagati sono seguite:

  • 121 archiviazioni;
  • 18 condanne in dibattimento;
  • 9 condanne innanzi al Giudice per le indagini preliminari;
  • 35 sentenze di patteggiamento.

In una successiva intervista, il Ministro Nordio ha dichiarato che su più di 5.000 procedimenti, le condanne per abuso d’ufficio sono state una decina davanti al giudice per le indagini preliminari e al giudice per l’udienza preliminare, il che mostra un palese fallimento.

In dibattimento, invece, sono arrivati circa 500 procedimenti e le condanne sono state appena 18. I numeri, ovviamente, potrebbero cambiare a causa delle eventuali impugnazioni.

I dati relativi anche agli altri anni sono consultabili nella relazione del Governo.

Il primo motivo dell’abrogazione è, quindi, legato alla necessità di ridurre il carico sul sistema giudiziario (in particolare su quello penale). L’esigenza della riduzione dei tempi del processo e del numero dei procedimenti è stata alla base anche della Riforma Cartabia del processo penale. L’abbattimento dei tempi è infatti uno degli obiettivi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

C’è, tuttavia, anche un altro motivo che ha spinto verso l’abrogazione: la lotta alla burocrazia difensiva. Cerchiamo quindi di capire in modo semplice di cosa si tratta.

La burocrazia difensiva

La burocrazia difensiva è una prassi dilagante nella P.A., ma in cosa si sostanzia? Facciamo l’esempio di un amministratore locale che deve autorizzare una spesa per il suo Comune. Questo amministratore potrebbe aver paura di autorizzare la spesa (materialmente potrebbe aver paura di apporre la firma) perché, a causa dell’esistenza di un reato a maglie così larghe come l’abuso d’ufficio, potrebbe subire un procedimento penale.

Gli amministratori, i funzionali e tutti gli altri pubblici ufficiali e incaricati di pubblico servizio, per paura di essere coinvolti in procedimenti civili o penali, hanno di fatto aumentano la burocrazia e, di conseguenza, i tempi per le decisioni.

Molti pubblici ufficiali (in particolare amministratori locali) hanno sottolineato negli anni che l’esistenza dell’articolo 323 ha provocato una prudenza eccessiva e, di conseguenza, anche il rallentamento della burocrazia.

La mancanza di confini precisi per l’abuso d’ufficio avrebbe, infatti, generato in molti amministratori la cd. paura della firma, cioè la paura di prendersi la responsabilità per alcune scelte dovuta al timore di subire come conseguenza un procedimento penale.

Abbiamo analizzato i motivi principali che sono alla base dell’abrogazione, tuttavia, come ogni riforma che si rispetti, non mancano pareri contrari.

Abrogazione dell’abuso d’ufficio: le voci fuori dal coro

I dati analizzati non hanno convinto in modo trasversale.

Alcuni leader politici si sono espressi in modo contrario alla riforma: la segretaria del Partito Democratico, Elly Schlein, ha dichiarato che preferirebbe un’ulteriore riforma all’abrogazione del reato.

Parte della dottrina, poi, ha sottolineato che la funzione del reato è anche quella di scoraggiare gli individui dal compiere determinati reati (funzione di prevenzione generale). In tal senso, anche la sola esistenza del reato all’interno dell’ordinamento potrebbe avere un ruolo determinate.

Secondo i sostenitori di tale teoria, un delitto non si può considerare inutile solo in virtù della sua scarsa applicazione nelle aule giudiziarie.

In conclusione, i cittadini avvertono alcuni reati in modo più forte rispetto ad altri. È il caso, ad esempio, di reati contro la persona come l’omicidio o lo stupro, i quali tutelano beni che la collettività avverte come meritevoli di tutela. Altri reati, invece, non hanno lo stesso impatto emotivo sulla collettività e tutelano beni avvertiti come distanti. L’abuso d’ufficio può rientrare in questa categoria e può essere avvertito come un reato “arido”, che non impatta sulla vita delle persone.

Come abbiamo avuto modo di vedere, però, questo non è del tutto vero e, conoscendo le ragioni alla base della sua abrogazione e le voci contrarie, speriamo che adesso sia più facile farsi un’idea sulla riforma.

Del diritto penale sentiamo parlare ogni giorno, per studiarlo e comprenderlo consigliamo la lettura del Compendio di diritto penale e il Codice esplicato.

Testi sulla Riforma dell’abuso d’ufficio