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La presa d’atto in diritto amministrativo

L’imputabilità penale

Cerchi una spiegazione semplice e completa della presa d’atto in diritto amministrativo? Vuoi conoscere gli elementi che lo compongono e le loro caratteristiche? Sei nel posto giusto!

Quando si studia il diritto amministrativo può capitare di incorrere in alcuni termini tecnici che esprimono concetti di <<nicchia>> ma importanti ai fini della completa conoscenza della materia.

Uno di questi termini è sicuramente quello di <<presa d’atto>>.

Che cos’è la presa d’atto?

Non esiste una norma giuridica che ci dica cos’è la presa d’atto, né essa è riconducibile formalmente alla categoria del provvedimento amministrativo, in quanto non presenta le caratteristiche proprie di quest’ultimo. Il provvedimento, infatti, è il solo atto idoneo a «manifestare all’esterno» la volontà della pubblica amministrazione e a incidere unilateralmente nella sfera giuridica del destinatario, modificando, estinguendo o costituendo una situazione giuridica soggettiva.

In quanto in grado di produrre effetti giuridici in modo automatico e immediato, il provvedimento è immediatamente impugnabile innanzi al giudice amministrativo qualora sia lesivo degli interessi del destinatario.

Questo non accade con la presa d’atto, alla quale non sono collegati contenuti volitivi della pubblica amministrazione.

Ma allora che cos’è la presa d’atto?

Nel linguaggio corrente si usa l’espressione “prendere atto di qualcosa” e in questo senso si intende dire che un determinato atto o fatto deve essere considerato come acquisito e posto come elemento “certo” sul quale fondare successive decisioni.

Sul piano giuridico, la presa d’atto è riconducibile ad un atto di tipo ricognitivo o un atto di conoscenza, che svolge la finalità di attestare o ad accertare un fatto o un atto giuridico (si pensi ad una determinata sentenza o una decisione di un altro soggetto, sia esso un provvedimento o un contratto).

In particolare, in una sentenza il giudice amministrativo qualifica la presa d’atto come una mera attestazione, o dichiarazione di scienza, circa l’esistenza di un provvedimento che rientra nella competenza di altri.

La conseguenza di tale impostazione è che la presa d’atto non produce effetti diretti (lesivi) nei confronti del destinatario dell’azione amministrativa e pertanto non è immediatamente e autonomamente impugnabile dinanzi al giudice amministrativo; per impugnare l’atto che formalmente contiene la presa d’atto bisognerà dunque attendere il provvedimento definitivo della pubblica amministrazione.

L’utilizzo della presa d’atto nella formazione del provvedimento amministrativo 

Nel diritto amministrativo succede che la presa d’atto, di norma, costituisca il presupposto per l’adozione di un provvedimento amministrativo: essa si inserisce, quindi, dal punto di vista burocratico, nella formazione dell’azione pubblica, che deriva necessariamente come conseguenza della stessa presa d’atto.

Solo in tal caso, il provvedimento deve contenere un riferimento alla circostanza presupposta.

Ogni atto amministrativo è, infatti, di regola, composto da tre parti, che consentono al destinatario di conoscere ogni aspetto relativo al medesimo, ripercorrendo l’iter che ha condotto la P.A. alla sua adozione.

In particolare, nella parte centrale (dove si “narra” come si è arrivati a quel provvedimento), il preambolo è quel <<luogo>> in cui in cui sono indicati gli elementi di fatto e di diritto che rilevano ai fini dell’adozione dell’atto, le norme di legge o i regolamenti in base ai quali l’atto stesso è stato adottato, nonché le fasi significative del procedimento amministrativo svolto, comprese attestazioni relative agli atti preparatori. Il preambolo si suddivide in paragrafi ed eventualmente in sottoparagrafi (laddove si inseriscono concetti collegati tra loro), collocati in base alle informazioni che contengono, in modo tale da consentire di ripercorrere l’iter di formazione (dagli atti di avvio del procedimento fino alla valutazione degli elementi accertati con l’istruttoria o comunque noti e rilevanti per il procedimento).

Nel preambolo viene inserita anche la presa d’atto.

Per svolgere la sua funzione è in questo che vengono utilizzate espressioni tecniche – come «Premesso che», «Dato atto che», «Preso atto che», «Accertato che», «Verificato che», «Constatato che» e formulazioni simili, «Rilevato che», «Visto» – che hanno, tutte, un significato ben preciso.

«Preso atto che» è la formula utilizzata per indicare che la P.A. registra un dato che è posto al di fuori dell’ente, ma che viene acquisito per la decisione senza che l’organo compia alcuna valutazione in merito allo stesso.

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