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L’azione popolare nel diritto amministrativo

L’imputabilità penale

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La regola processuale della legittimazione ad agire

La regola fondamentale del diritto processuale, e quindi anche di quello amministrativo, è che chi agisce in giudizio – cioè si rivolge al giudice per sottoporgli una controversia (nello specifico insorta con la pubblica amministrazione) – deve essere titolare di una situazione giuridica soggettiva qualificata (che nel processo amministrativo, di norma, è un interesse legittimo).

Tale circostanza viene definita, nel linguaggio processuale, come legittimazione ad agire, che è proprio l’effettiva «titolarità di una posizione soggettiva esterna rispetto al giudizio» e dedotta nello stesso: il codice di procedura civile contiene, in tal senso, il principio generale per cui «per proporre una domanda o per contraddire alla stessa occorre avervi interesse» (art. 100 c.p.c.).

Tale principio comporta che nelle ipotesi in cui il giudice accerti che il ricorrente (cioè colui che ha promosso il giudizio) non è titolare di tale posizione qualificata, ritiene il ricorso inammissibile per difetto di legittimazione.

Nel nostro ordinamento, però, può verificarsi l’ipotesi eccezionale in cui questa corrispondenza tra esercizio dell’azione processuale e titolarità della situazione giuridica soggettiva di riferimento sia spezzata dal legislatore. Ciò è quello che succede nel caso dell’azione popolare.

L’azione popolare nel diritto amministrativo

Le azioni popolari sono le azioni esperibili da soggetti non titolari di posizioni di diritto soggettivo o interesse legittimo.

Come ha chiarito la giurisprudenza, si tratta di un’azione concessa in via eccezionale dal legislatore, allo scopo di tutelare un interesse pubblico, attraverso l’attribuzione di una legittimazione diffusa, che, perciò, prescinde dalla specifica titolarità di una situazione giuridica soggettiva qualificata in capo a colui che instaura il giudizio. In questi casi, cioè, è il legislatore che compie preventivamente una valutazione sulla rilevanza e sulla tutelabilità dell’interesse e questa valutazione consente di superare l’accertamento del giudice: l’interesse ad agire deve presumersi sussistente, una volta verificata la pertinenza al soggetto dell’interesse di cui si lamenta la lesione.

Proprio perché derogano al principio della legittimazione processuale, le azioni popolari sono solo quelle legislativamente previste.

Non è tale ad esempio l’azione in materia di accesso agli atti e ai documenti amministrativi, in quanto il legislatore (art. 22 ss. L. 241/1990) non autorizza un controllo generalizzato sull’attività amministrativa ma consente l’accesso solo ai soggetti che hanno un interesse differenziato, concreto ed attuale per la tutela di «situazioni giuridicamente rilevanti».

Un’ipotesi specifica di azione popolare è prevista nel TUEL, Testo unico enti locali (D.Lgs. 267/2000), all’art. 70. Tale disposizione, al comma 1, attribuisce a qualsiasi cittadino elettore del comune, o a chiunque altro vi abbia interesse, il potere di promuove un’azione, davanti al tribunale civile, per far valere una decadenza dalle cariche elettive nelle amministrazioni comunali e provinciali e nei consigli circoscrizionali (specificamente si tratta di decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale). E’ evidente che nel promuovere tale azione, il cittadino che agisce non necessariamente deve essere portatore di un interesse personale e diretto, essendo sufficiente a concretizzare l’interesse ad agire la qualità di elettore.

Tipologie

Le azioni popolari si distinguono in:

  1. a) azioni suppletive, quando il cittadino si attiva per sopperire all’inerzia dell’amministrazione agendo a tutela di interessi non tutelati dalla stessa (esempio è l’azione popolare di cui all’art. 9, comma 1, TUEL, secondo cui: «Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni ed i ricorsi che spettano al Comune e alla Provincia»);
  2. b) le azioni correttive, che sono rivolte nei confronti della stessa amministrazione al fine di far valere una situazione di illegittimità provocata dalla stessa. Le azioni correttive, proprio per la loro finalità, sono considerate forme di democrazia diretta.

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