Stai studiando Diritto amministrativo e per te sarebbe utile una breve trattazione sulla storia di questo particolare ramo del diritto? Questo articolo fa al caso tuo! Vedremo insieme come si è sviluppata e articolata l’evoluzione di questa materia.
Il Diritto amministrativo: lo specchio della società e dei suoi cambiamenti
In ogni organizzazione sociale, la funzione di amministrazione, cioè di cura concreta di interessi, è fondamentale e ineliminabile. Senza di essa l’organizzazione sociale non avrebbe ragion d’essere. L’amministrazione può essere considerata come il punto di contatto tra l’azione delle istituzioni politiche principali (Governo, Parlamento, magistratura) e delle più importanti istituzioni sociali (famiglia, imprese etc.). Essa, pertanto, costituisce lo specchio della società e del sistema politico nei quali svolge la propria funzione.
Per tale motivo, la ricostruzione dei tratti salienti dell’evoluzione storica della pubblica amministrazione può offrire una chiave di lettura della storia generale di un Paese e, in particolare, della situazione presente. Analizziamo brevemente, pertanto, i momenti fondamentali della storia amministrativa italiana.
L’amministrazione pubblica nell’epoca pre-unitaria
L’attività amministrativa dello Stato, in questa fase, è intesa come parte integrante del potere esecutivo. Il potere è accentrato nella persona del sovrano, titolare del potere di governo, che assume le decisioni e ne delega l’esecuzione (funzione amministrativa) ai ministri che compongono il governo da lui nominato. L’attività amministrativa viene svolta dagli stessi organi che svolgono l’attività di governo. I principali provvedimenti normativi dell’epoca sono lo Statuto Albertino del 1848, che costituisce la prima Carta costituzionale, dapprima, del Regno di Sardegna e, poi, del Regno d’Italia e la L. 1483/1853 (legge Cavour), con la quale si è proceduto ad una riorganizzazione dell’amministrazione ponendo i ministri alla direzione dei singoli settori di governo.
Dalla nascita dello Stato nazionale italiano alla crisi di fine secolo
Il nuovo ordinamento si fonda sui principi della responsabilità ministeriale di fronte al Parlamento per l’azione amministrativa svolta e dell’uniformità amministrativa. Si rafforza il modello di amministrazione per ministeri e l’organizzazione amministrativa si sviluppa, prevalentemente secondo un modello gerarchico-piramidale. Sono introdotte nuove forme di amministrazione pubblica (aziende autonome ed enti pubblici), legate anche al contemporaneo ampliamento delle funzioni statali in ambito sociale. Si assiste, inoltre, alla nascita del sistema di doppia giurisdizione (ordinaria ed amministrativa) mediante la L. 2248/1865 sul contenzioso amministrativo, la L. 5992/1889, istitutiva della IV sezione del Consiglio di Stato con competenza generale sulle controversie tra le autorità (non si parlava ancora di pubblica amministrazione) ed i privati, e la L. 6837/1890, istitutiva delle Giunte provinciali amministrative.
La P.A. nell’età giolittiana e sotto il regime fascista
Il sistema amministrativo italiano si sviluppa, a partire da questo momento, secondo le due principali direttive della meridionalizzazione e della sindacalizzazione della P.A. L’amministrazione cambia nelle sue dimensioni, con l’assunzione di nuove funzioni e servizi d’interesse sociale a carico dei poteri pubblici, e nella sua composizione, con l’introduzione nel pubblico impiego della piccola e media borghesia meridionale.
Con l’avvento del regime totalitario fascista, invece, viene ripristinata un’organizzazione accentrata, con fusioni e riduzioni delle strutture ministeriali, e gerarchizzata dello Stato con la contestuale creazione di organismi con funzione di intervento nel sociale (enti assistenziali e previdenziali; corporazioni).
L’amministrazione nell’Italia repubblicana
Con l’entrata in vigore della Costituzione si instaura un sistema di organizzazione amministrativa non centralizzata e si afferma il pluralismo istituzionale. Viene dato ampio risalto alle autonomie locali e si opera una ridistribuzione delle competenze fra amministrazione centrale e locale.
Principali provvedimenti normativi: riforma del pubblico impiego, dal T.U. 3/1957 alla L. 93/1983 (che ha dettato una disciplina uniforme applicabile a tutte le P.A.); introduzione del doppio grado di giurisdizione per il processo amministrativo, mediante l’istituzione dei T.A.R. con la L. 1034/1971.
La svolta degli anni ’90 e l’Amministrazione che verrà. La sfida del cambiamento dopo l’emergenza Covid
A partire dagli anni Novanta la P.A. cambia volto: gli stessi rapporti tra amministrazione e cittadino mutano sulla base di alcune importanti riforme orientate a soddisfare le esigenze degli utenti e le richieste di trasparenza nell’attività amministrativa.
In questi anni (e nei successivi) infatti hanno visto la luce: la L. 142/1990, sugli enti locali (oggi D.Lgs. 267/2000) e la L. 241/1990, sul procedimento amministrativo; la privatizzazione del pubblico impiego avviata con il D.Lgs. 29/1993, confluito oggi nel D.Lgs. 165/2001, destinato a riportare la disciplina del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni all’alveo del diritto privato; il federalismo amministrativo attuato con la L. cost. 3/2001 di riforma del Titolo V Cost.
Soprattutto negli ultimi anni, poi, i fattori economici e sociali da un lato (si pensi alla grave crisi economica dal 2008 in poi), e, dall’altro lato, le differenziate esigenze cui il legislatore ha inteso porre mano, testimoniano la tendenza al cambiamento del diritto amministrativo, per superare le ben note criticità della P.A. italiana (lentezza, burocrazia ecc.) nonché per rispondere adeguatamente alle emergenti necessità di cittadini e imprese.
La tendenza legislativa, difatti, è quella che punta agli obiettivi di trasparenza, integrità e legalità nonché sburocratizzazione e digitalizzazione, che costituiscono le parole-chiave alla base delle riforme degli ultimi anni, soprattutto alla luce del «ripensamento» della stessa P.A. alla luce dell’emergenza sanitaria globale da Covid-19.
L’esperienza emergenziale provocata dalla pandemia, in particolare, se, da un lato, ha fatto riemergere alcune tra le eterne criticità della pubblica amministrazione, dall’altro lato ha, tuttavia, paradossalmente accelerato una serie di cambiamenti auspicati da anni e avviatisi, poi, nell’arco di poco tempo: dalla decisa incentivazione allo smart working nel mondo del lavoro al massiccio ricorso alle infrastrutture informatiche e agli strumenti digitali nei rapporti da remoto tra uffici e utenza; dallo snellimento delle procedure di cui al Codice dei contratti all’innovativo bilanciamento tra esigenze di tutela della privacy e principio di trasparenza. Non è un caso che il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) – ossia il piano di investimenti che gli Stati membri dell’Unione europea devono presentare per accedere alle risorse del Recovery Fund, nell’ambito del programma Next Generation EU (NGEU), cioè il pacchetto di fondi concordato dall’Unione Europea in risposta alla crisi sanitaria – intende non solo porre rimedio ai danni economici e sociali della crisi pandemica ma anche indirizzare il Paese verso un percorso di sburocratizzazione e di transizione digitale, ecologica e ambientale.
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