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Le ultime riforme del diritto di famiglia

Ultime riforme diritto di famiglia

Riforma del diritto di famiglia 2014 sulla filiazione

Riguardo ai rapporti di filiazione, l’opera di innovazione intrapresa dalla riforma del 1975 ha richiesto un ulteriore intervento di adeguamento, attraverso la Riforma della filiazione (con L. 219/2012 e D.Lgs. 154/2013) in vigore dal 2014.

La riforma del 1975 ha sostanzialmente equiparato i figli naturali a quelli cd. legittimi, ma sempre in un’ottica di adeguamento dei primi allo status dei secondi, come se l’unico modello di filiazione fosse quello della filiazione nel matrimonio, ossia del figlio concepito e nato nel matrimonio.

In realtà, la filiazione indica il legame che esiste tra i genitori e il figlio, a prescindere dalla relazione tra i suoi genitori (matrimonio o convivenza) o dall’eventuale crisi (separazione, divorzio) che investe tale relazione. Inoltre, con la L. 184/1983, l’ordinamento ha riconosciuto nell’adozione il valore della filiazione non biologica, fondata su legami di affetto, come nell’adozione.

Perciò il legislatore è nuovamente intervenuto per apportate alle norme del codice civile e alle leggi speciali, anche attraverso correttivi di terminologia («figli nati nel matrimonio» e «figli nati fuori del matrimonio»), tutte quelle modifiche necessarie per dare completa attuazione al principio secondo il quale tutti i figli sono uguali ed hanno tutti lo stesso status giuridico (art. 315), senza aggettivazioni (le quali, se presenti nel dettato normativo, hanno solo finalità descrittiva, ai fini della comprensione del testo).

Inoltre, alla potestà di entrambi i genitori (che la riforma del 1975 aveva sostituito all’autorità patriarcale sui figli) viene data una connotazione diversa in termini non di potere ma di responsabilità genitoriale, ossia di dovere di mantenimento, di cura e di attenzione dei genitori verso i figli, ponendo l’interesse del figlio al centro di tutta la disciplina dei rapporti di filiazione.

Riforma del diritto di famiglia 2016 sulle convivenze e unioni civili

L’art. 29 Cost. attribuisce alla famiglia fondata sul matrimonio netta preminenza su ogni altro modello familiare.

Riguardo alla convivenza, però, il legislatore, con la riforma del 1975 e con la successiva Riforma della filiazione, aveva ormai eliminato ogni disparità rispetto alla filiazione, dando piena dignità alla famiglia di fatto; la giurisprudenza, poi, aveva riconosciuto ai conviventi alcuni diritti fondamentali, spettanti al coniuge (es., il diritto di continuare ad abitare nella casa locata, alla morte del convivente-conduttore). Ciononostante, l’esigenza di una compiuta disciplina della convivenza riguardo ai rapporti tra i conviventi e, ancor di più, delle unioni civili tra persone dello stesso sesso ha portato all’emanazione della L. 76/2016 e aperto la strada al riconoscimento delle famiglie omoaffettive. La riforma è proseguita nel 2017 con l’emanazione di tre decreti legislativi (nn. 5, 6, 7) che hanno adeguato alle nuove norme il diritto internazionale privato, l’ordinamento dello stato civile e il diritto penale.

In questa sede è sufficiente sottolineare che la legge disciplina le convivenze e le unioni civili tra persone dello stesso sesso non nell’ambito della famiglia ma delle formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell’individuo e, in tal senso, riconosce e garantisce diritti inviolabili ai soggetti che ne fanno parte (art. 2 Cost.), talvolta con notevoli limitazioni (es., le coppie omoaffettive non possono adottare o ricorrere alle tecniche di procreazione assistita). La giurisprudenza, tuttavia, attraverso l’interpretazione evolutiva delle norme vigenti, attribuisce progressivamente ai soggetti delle “nuove famiglie” diritti e facoltà proprie dello status familiare (es., con la rimodulazione dell’adozione in casi particolari prevista dalla L. 184/1983), muovendosi in uno scenario nel quale la genitorialità va disgiunta dal nesso col matrimonio e in cui vanno affermandosi più modelli di famiglia che possono coesistere.

Riforma del 2022 sulla disciplina del cognome dei figli

La regola dell’attribuzione automatica del cognome paterno (cd. patronimico) è stata progressivamente percepita come il retaggio di una concezione patriarcale della famiglia, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna.

Pertanto, la Corte costituzionale ha dapprima dichiarato l’illegittimità delle norme che non consentivano i genitori, di comune accordo, di attribuire ai figli (biologici o adottivi) anche il cognome materno (sent. 286/2016). La disciplina sul cognome dei figli, però, restava comunque fortemente condizionata dal principio della prevalenza del cognome paterno, come si evince dal fatto che, per poter attribuire anche il cognome materno, era sempre necessario il consenso del padre, e, ancor più, dal fatto che non era possibile attribuire il cognome materno in via esclusiva (Corte cost. 18/2021).

La Corte cost. (sent. 27-4-2022) è quindi nuovamente intervenuta per dichiarare l’illegittimità di tutte le norme che prevedono l’automatica attribuzione del cognome del padre, con riferimento a tutti i figli (nati nel matrimonio, fuori dal matrimonio e adottivi). La nuova regola è che il figlio assume il cognome di entrambi i genitori nell’ordine dai medesimi concordato, salvo che essi decidano, di comune accordo, di attribuire soltanto il cognome di uno dei due, che può essere anche solo quello della madre. In mancanza di accordo sull’ordine di attribuzione del cognome di entrambi i genitori resta salvo l’intervento del giudice.

Tutti i problemi pratici connessi all’applicazione della nuova regola dovranno essere risolti con interventi ad hoc del legislatore, che diano piena attuazione al nuovo principio.

Le altre riforme del diritto di famiglia

Il termine riforma indica l’aggiornamento di una materia che viene rinnovata più o meno profondamente ma in ogni caso in modo significativo. Sotto quest’ultimo aspetto, riguardo al diritto di famiglia si possono segnalare altre riforme importanti.

Riforma diritto di famiglia 2006

La L. 54/2006 ha interamente regolato la materia dell’affidamento dei figli in sede di separazione, divorzio e annullamento del matrimonio, modificando il codice civile. La novità più importante è rappresentata dall’introduzione del principio dell’affidamento cd. condiviso, ad entrambi i genitori. Il figlio minore ha diritto di mantenere un rapporto equilibrato con entrambi i genitori anche dopo la separazione, cd. diritto del minore alla bigenitorialità, che si estende anche verso i parenti e ascendenti di entrambi i rami genitoriali.

Riforma diritto di famiglia 2015

La riforma del diritto di famiglia 1975 è stata preceduta da altra importante legge riformatrice, la L. 898/1970, sul divorzio, che ha comportato la caduta del principio della indissolubilità del matrimonio.

Tale legge ha sganciato la separazione dalla sussistenza di una serie di cause tassativamente previste che l’ammettevano solo quando essa fosse ascrivibile al comportamento colpevole di uno dei coniugi, consistente nella violazione dei doveri matrimoniali. La separazione è quindi possibile anche per intollerabilità della convivenza, a prescindere dal comportamento colpevole di uno dei coniugi. Le eventuali colpe rilevano unicamente sotto il profilo dell’addebito della separazione, ma non alterano il fondamento dell’istituto della separazione, consistente nella rottura dell’intesa tra i coniugi.

La L. 55/2015 è intervenuta sulla disciplina dello scioglimento del matrimonio con l’obiettivo di ridurre i tempi per ottenere il divorzio, dopo le misure acceleratorie in materia di separazione e divorzio introdotte dalla L. 162/2014 con la negoziazione assistita e accordi di separazione davanti al Sindaco. La legge ha ridotto da 3 anni a 12 mesi la durata del periodo di separazione dei coniugi che legittima la domanda di divorzio (nel caso di separazione consensuale i mesi si riducono ulteriormente a 6).

Riforma del diritto di famiglia 2021 a prospettive di riforma

La L. 206/2021 interviene sul fronte processuale con prospettive di riforma che attendono di essere attuate. Esse riguardano: la previsione di un rito unico per le famiglie; il rafforzamento della mediazione familiare e della negoziazione assistita; l’istituzione del Tribunale per le persone, per i minorenni e per le famiglie, attraverso la trasformazione dei Tribunali per i minorenni.

È stata poi presentata una ulteriore Riforma del diritto di famiglia 2018 DDL 735 (senato.it) non approvata, che prevedeva la revisione della la legge sull’affido condiviso del 2006; più di recente (4-5-2022) è stato presentato, ed è in corso di esame in commissione, un nuovo testo di riforma recante Disposizioni in materia di tutela dei minori nell’ambito della famiglia e nei procedimenti di separazione personale dei coniugi https://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01067115.pdf.

Il percorso di riforma del legislatore e l’attenzione sempre crescente verso la famiglia hanno portato all’emanazione della L. 7 aprile 2022, n. 32 (pubblicata in G.U. 27-4-2022, n. 97), cd. Family act, con il quale il Parlamento ha delegato al Governo il compito di intervenire con misure per la valorizzazione della famiglia, aprendo la strada a nuove riforme a sostegno della genitorialità consapevole e della funzione sociale ed educativa delle famiglie, anche monogenitoriali.

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