Tra gli argomenti più richiesti all’esame di procedura penale ci sono le intercettazioni. Se stai per sostenere l’esame, leggi questo breve articolo per una spiegazione semplice e sintetica di questo complesso argomento.
I mezzi di ricerca della prova
Le intercettazioni sono uno dei mezzi di ricerca della prova disciplinati dal codice di rito (Libro III, Titolo III, Capo IV, artt. 266-271).
Per tale motivo, prima di analizzare la normativa ad esse dedicata, occorre definire brevemente cosa sono i mezzi di ricerca della prova e qual è la differenza rispetto alle prove.
Si definiscono mezzi di ricerca della prova quegli strumenti tipici procedurali che tendono alla ricerca delle fonti di prova, cioè delle cose, dei documenti o delle persone da cui può scaturire la prova; essi sono, dunque, gli strumenti volti all’acquisizione delle cose materiali, tracce o dichiarazioni da cui il giudice potrà trarre il suo convincimento, ma che preesistono al dibattimento. In altri termini, i mezzi di ricerca della prova veicolano davanti al giudice fonti del suo convincimento che preesistono e che quasi sempre sono acquisite nelle indagini e cioè prima del dibattimento. Al contrario, la prova si forma generalmente in dibattimento, o durante l’incidente probatorio, davanti a un giudice terzo e imparziale e in contraddittorio tra le parti.
Le intercettazioni: cosa sono
Il codice di procedura penale, pur dedicando alle intercettazioni gli artt. 266-271, non ne fornisce una definizione.
Per colmare questa lacuna è intervenuta la giurisprudenza, che le ha definite come le captazioni occulte e contestuali di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscono con l’intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee a tale scopo, attuate da un soggetto estraneo alla conversazione mediante strumenti tecnici di precisione tali da vanificare le cautele poste a protezione del carattere riservato della comunicazione.
Alla luce di tale definizione, non sono intercettazioni:
- la registrazione di un colloquio effettuata da uno dei partecipanti allo stesso;
- l’ascolto clandestino effettuato dall’agente senza l’ausilio di strumenti di registrazione;
- l’ascolto di una conversazione pubblica;
- la registrazione di un dialogo da parte di un terzo autorizzato dagli interlocutori.
Inoltre, esistono vari tipi di intercettazioni. Esse, infatti, possono essere:
- telefoniche, se consistono nell’acquisizione di telecomunicazioni attraverso il telefono o altre forme di trasmissione;
- ambientali, se si indirizzano a colloqui tra presenti all’insaputa di almeno uno degli interessati;
- informatiche, se si intercetta il flusso di comunicazioni relativo a sistemi informatici o telematici.
Presupposti e autorizzazioni
Prima di analizzare quelli che sono i presupposti necessari per poter effettuare un’intercettazione, è centrale comprendere che l’ascolto di una comunicazione riservata tra soggetti va ad incidere (e limitare) la libertà delle comunicazioni, cioè un diritto protetto a livello costituzionale dall’art. 15 della Carta fondamentale. Tale articolo sancisce l’inviolabilità della libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione. Lo stesso art. 15, al secondo comma, stabilisce l’unica deroga prevista alla regola dell’inviolabilità e cioè la possibilità che la limitazione avvenga per atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge.
La violazione della privacy insita nell’intercettazione comporta una serie di cautele e di sue limitazioni (le intercettazioni, ad esempio, sono consentite solo per alcune categorie di reati, identificati per l’entità della pena o per il bene giuridico da essi protetto – art. 266).
Pertanto, in conformità a quanto previsto dall’art. 15, comma 2, della Costituzione, la limitazione è consentita solo previa autorizzazione da parte dell’autorità giudiziaria con atto motivato. L’intercettazione infatti è atto proprio del P.M., sottratto ad un potere di iniziativa della P.G., data la rilevanza degli interessi in gioco.
L’art. 267 c.p.p. stabilisce infatti che il provvedimento con il quale può essere autorizzata l’intercettazione è il decreto motivato del giudice per le indagini preliminari (GIP), che viene emanato su richiesta del P.M. In caso di urgenza, tuttavia, il P.M. potrà emanare il decreto, dandone immediata comunicazione (comunque entro le 24 ore) al GIP che deciderà entro le successive 48 ore per la convalida.
La richiesta deve basarsi su alcuni presupposti. In particolare:
- devono essere presenti gravi indizi di reato
- l’intercettazione deve risultare assolutamente indispensabile per la prosecuzione delle indagini. L’indagine investigativa non può trarre origine dall’intercettazione.
Il decreto che dispone l’intercettazione deve contenere le modalità di svolgimento delle operazioni e la loro durata. In merito alla durata, si precisa che il decreto può disporre una durata massima di 15 giorni, prorogabile di volta in volta di 15 giorni.
Esecuzione delle operazioni
Allo svolgimento delle operazioni è dedicato l’art. 268 del codice di rito. Esso stabilisce che le operazioni si svolgono tramite registrazione e redazione del verbale, che contiene la trascrizione anche sommaria delle comunicazioni. I verbali e le registrazioni sono conservati in un apposito archivio.
Cessazione delle operazioni
Al termine delle operazioni di intercettazione, entro 5 giorni i verbali e le registrazioni devono essere depositati presso l’archivio insieme ai decreti che hanno disposto, autorizzato, convalidato o prorogato l’intercettazione.
Utilizzazione in altri procedimenti
I risultati delle operazioni di intercettazione possono essere utilizzati solo nel procedimento per il quale sono disposti. Unica eccezione a questa regola è prevista nel caso in cui il loro utilizzo risulti indispensabile e rilevante per l’accertamento di delitti per i quali è previsto l’arresto in flagranza e per i delitti indicati dall’art. 266, cioè i delitti non colposi per i quali è prevista la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a 5 anni, i delitti contro la P.A. puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a 5 anni, delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope, delitti concernenti armi e sostanze esplosive ecc.
Divieto di utilizzo
Infine, le intercettazioni svolte nei casi non consentiti dalla legge ovvero in violazione degli artt. 267 (concernente i presupposti e le forme del provvedimento) e 268 (relativo all’esecuzione delle operazioni) sono inutilizzabili, sia nella fase processuale che nella fase delle indagini. Ciò sta a significare che esse non possono essere utilizzate neanche per richiedere una misura cautelare.
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