Se stai preparando l’esame di procedura penale, sicuramente tra le domande più frequenti ne troverai molte sui procedimenti speciali. Se vuoi sapere cosa sono i procedimenti speciali e in cosa si differenziano rispetto al rito ordinario sei nel posto giusto! In questo articolo delineeremo i profili generali relativi a tali procedimenti.
Cos’è il rito ordinario?
Prima di definire i procedimenti speciali, occorre chiarire qual è l’iter processuale ordinario.
Il processo, nella sua forma classica, prevede il susseguirsi di tre fasi:
- le indagini preliminari, che partono dal momento in cui il P.M. viene a conoscenza di una notizia di reato. In questa fase la polizia giudiziaria e il P.M. svolgono le indagini al fine di sostenere l’accusa nel futuro (eventuale) giudizio, mentre il giudice per le indagini preliminari svolge una funzione di controllo e garanzia e interviene quando si devono adottare provvedimenti limitativi dei diritti e delle libertà fondamentali, quando si deve garantire il rispetto dei tempi di indagine e l’esercizio dell’azione penale e nelle altre ipotesi stabilite dal codice. Infine, in tale fase anche il difensore dell’indagato può svolgere proprie indagini;
- l’udienza preliminare, che funge da filtro per evitare l’arrivo in dibattimento di procedimenti che non hanno solide basi di indagine. Il giudice dell’udienza preliminare, infatti, dovrà valutare la fondatezza dell’azione penale;
- il dibattimento, ossia il cuore del processo penale. In tale fase si forma la prova in contraddittorio tra le parti. Questa modalità di formazione della prova è uno dei principi cardine del nostro processo, posto a garanzia del diritto di difesa, tuttavia la centralità del dibattimento comporta anche il rischio di un’eccessiva durata del processo.
Per combattere l’eccessiva durata dei processi, il legislatore ha previsto una serie di procedimenti idonei a deflazionare il sistema processuale, assicurandone la celerità e la flessibilità.
Cosa sono e perché nascono i procedimenti speciali?
I procedimenti speciali sono quei riti, previsti dal Libro VI del codice di procedura penale, che “saltano” una delle fasi che abbiamo descritto e che, di conseguenza, comportano un risparmio in termini di tempo per la definizione del processo. Essi sono:
- il giudizio abbreviato;
- l’applicazione della pena su richiesta delle parti (patteggiamento);
- il giudizio direttissimo;
- il giudizio immediato;
- il procedimento per decreto.
La classificazione dei procedimenti speciali
I procedimenti speciali possono essere raggruppati sia in base alla fase che viene deflazionata, sia in base al soggetto che può proporre il rito.
In relazione alla fase deflazionata distinguiamo:
- i riti predibattimentali, cioè i riti che evitano il dibattimento. Il giudice, dunque, deciderà – salvo eccezioni – sulla base delle fonti di prova contenute nel fascicolo del P.M. Sono deflattivi del dibattimento il giudizio abbreviato, il patteggiamento;
- i riti dibattimentali, che salvano l’udienza preliminare e giungono direttamente dinnanzi al giudice del dibattimento, senza il “filtro” delle altre fasi. In particolare, con il giudizio immediato si evita l’udienza preliminare, mentre con il giudizio direttissimo si evitano sia le indagini preliminari che l’udienza preliminare.
Il procedimento per decreto potenzialmente può essere deflattivo sia dell’udienza preliminare sia del dibattimento, se l’imputato non presenta opposizione.
In relazione al soggetto proponente, invece, distinguiamo:
- i riti proponibili dall’imputato (giudizio abbreviato e giudizio immediato)
- i riti proponibili dal P.M. (giudizio immediato, giudizio direttissimo e procedimento per decreto).
- i riti proponibili da entrambi (patteggiamento).
La scelta del procedimento speciale
Perché si dovrebbe preferire un rito speciale, che esclude una delle fasi del processo, invece di seguire l’iter normale?
La funzione dei riti speciali è quella di rendere più snelli alcuni procedimenti, sulla base di caratteristiche e presupposti specificati dal codice di procedura penale. È ovvio, dunque, che essi rivestono un ruolo fondamentale per l’ordinamento nella gestione della mole del contenzioso e, di conseguenza, assolvono anche la fondamentale funzione di certezza del diritto, assicurandone l’applicazione. Tuttavia non può nascondersi che la rinuncia ad una delle tre fasi del procedimento penale comporta anche un “costo”, più alto per l’imputato ma comunque presente anche per il pubblico ministero, in termini di tutele e di ricerca e formazione della prova.
Alla luce di ciò, appare evidente che le ragioni poste alla base della scelta di un rito speciale sono diverse a seconda che si utilizzi un rito deflattivo del dibattimento o uno deflattivo dell’udienza preliminare e che ad avanzare la richiesta sia il P.M. o l’imputato.
Il pubblico ministero, infatti, potrà scegliere di richiedere un procedimento speciale in casi di evidenza probatoria o quanto intende richiedere la sola pena pecuniaria.
La scelta dell’imputato: la premialità
Perché l’imputato dovrebbe rinunciare a degli spazi di confronto per la formazione della prova in contraddittorio con l’accusa e davanti a un giudice terzo e imparziale?
La rinuncia è molto spesso legata alla premialità.
I riti deflattivi del dibattimento, infatti, sono definiti anche riti premiali, poiché il loro utilizzo comporta, in caso di condanna, una riduzione della pena variabile a seconda del procedimento prescelto. In particolare, con il giudizio abbreviato l’imputato potrà ottenere una riduzione della pena pari a 1/3 per i delitti e della metà per le contravvenzioni e in caso di patteggiamento otterrà una riduzione pari a 1/3.
La ragione che ha indotto il legislatore a prevedere una riduzione della pena per i riti deflattivi del dibattimento va ricercata nella scelta dell’imputato di rinunciare all’iter ordinario e maggiormente garantista che prevede la formazione della prova in contraddittorio tra le parti, producendo un risparmio di tempo per la giustizia.
In tale ottica la riduzione di pena equivale, da un lato, ad una “remunerazione” – cioè a un vero e proprio premio – per aver scelto di essere giudicato sulla base degli elementi contenuti nel fascicolo del P.M., frutto dell’attività di indagine svolta quasi esclusivamente da quest’ultimo e dalla polizia giudiziaria, e, dall’altro, ha anche una funzione incentivante per l’imputato.
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