Se stai studiando il diritto amministrativo, per un esame o un concorso, sicuramente ti sarai imbattuto nella disciplina dei pareri.
Se ti sembra difficile o poco chiara quest’articolo può aiutarti a studiare!
Che significa il termine “parere”?
In linea generale, si tratta di un termine che indica la possibilità riconosciuta ad un soggetto di esprimere valutazioni e giudizi su una o più questioni che poi saranno oggetto di decisione da parte di altri: in sostanza è un atto che serve a consigliare colui che deve agire in merito al <<come agire>>.
In una parola, il parere è un’opinione che viene espressa da un soggetto, pubblico o privato, su circostanze di fatto o comportamenti sui quali deve essere presa una decisione dal richiedente.
Si tratta di un concetto assolutamente rilevante per il diritto amministrativo, in quanto una pubblica amministrazione, prima di adottare un provvedimento (che poi produrrà effetti sul destinatario), ben può avere la necessità di farsi consigliare sul contenuto dell’atto da adottare al fine di evitare errori.
Da quanto detto possiamo dire che il parere è l’atto con cui si manifesta l’attività consultiva e che può avere ad oggetto gli argomenti più diversi.
Nel diritto amministrativo sono molti gli organi/soggetti pubblici che tra i loro compiti hanno quello di svolgere la funzione consultiva. Facciamo qualche esempio: l’Avvocatura dello Stato svolge una funzione di assistenza alle pubbliche amministrazioni al fine di fornire soluzioni su questioni tecnico-giuridiche ed interpretative che incidono sulla legalità e correttezza operativa dell’azione amministrativa dell’organo od ente richiedente; l’A.N.AC. svolge attività consultiva in materia di anticorruzione e trasparenza o in materia di contratti pubblici; la Corte dei conti svolge una funzione consultiva in materia di contabilità generale dello Stato; il Consiglio di Stato dà pareri in materia giuridico-amministrativa, cioè valuta l’attività amministrativa degli altri organi amministrativi, sia sotto il profilo della legittimità (corrispondenza a norme giuridiche), che del merito (opportunità e convenienza dell’azione amministrativa), e riferisce all’amministrazione richiedente la sua opinione.
La disciplina dei pareri e le tipologie di pareri
Innanzitutto, deve essere chiaro che quando si parla di pareri si usano dei termini che è importante conoscere. I soggetti interessati sono essenzialmente due: la P.A. che chiede il parere e la P.A. che emette il parere. In questo schema, si definisce amministrazione attiva quella P.A. che chiede il parere e agisce direttamente per la realizzazione dell’interesse pubblico mediante l’adozione di provvedimenti amministrativi; mentre per amministrazione consultiva si intende quell’amministrazione che rilascia il parere.
Una prima distinzione è quella tra pareri facoltativi e pareri obbligatori.
In particolare:
- i pareri facoltativi sono quelli in cui è rimesso alla discrezionalità degli organi dell’amministrazione attiva di richiederli o meno;
- i pareri obbligatori, invece, sono quelli in cui è la legge che impone all’organo di amministrazione attiva di richiedere il parere all’organo consultivo.
Nell’ambito dei pareri obbligatori, poi, si distingue tra:
- pareri non vincolanti: quando l’organo di amministrazione attiva è obbligato a richiedere il parere, ma può anche non attenersi ad esso discostandosene con il proprio operato e motivando le ragioni per le quali se ne discosta;
- pareri vincolanti: se l’organo di amministrazione attiva è obbligato a richiedere il parere e ad uniformarsi ad esso;
- pareri parzialmente vincolanti: se l’organo di amministrazione attiva può adottare un provvedimento difforme, ma solo in un dato senso o seguendo un dato procedimento;
- pareri conformi: quando la P.A. ha il potere discrezionale di provvedere o non nel senso del parere che è obbligata a richiedere ma, ove decida di emanare l’atto di amministrazione attiva, deve uniformarsi ad esso.
La disciplina dei pareri nella legge sul procedimento amministrativo
Abbiamo detto che i pareri consistono in giudizi su un’attività che dovrà essere compiuta da parte di chi li chiede: ciò significa che sono atti emessi in vista del provvedimento conclusivo di un procedimento amministrativo e quindi rientrano nella categoria dei cosiddetti atti endoprocedimentali.
Proprio per tale ragione non stupisce che la disciplina dei pareri è contenuta nella L. 241/1990, legge generale sul procedimento amministrativo, all’art. 16.
Tale norma disciplina in particolare due aspetti legati ai pareri: quello dei termini per il rilascio e l’incidenza del mancato rilascio sul procedimento amministrativo nel quale viene chiesto un parere.
Quanto ai termini di rilascio dei pareri, il comma 1 dell’art. 16 L. 241/1990 distingue tra pareri obbligatori e pareri facoltativi: quando è chiesto un parere obbligatorio, il termine entro il quale deve essere reso è di 20 giorni dal ricevimento della richiesta, mentre, qualora venga chiesto un parere facoltativo, l’amministrazione consultiva deve dare «immediata» comunicazione all’amministrazione richiedente del termine entro il quale il parere sarà reso, ma, in ogni caso, tale termine «non può superare i venti giorni dal ricevimento della richiesta».
Cosa succede se il parere richiesto non viene adottato?
Circa il rilascio dei pareri, il comma 2 dell’art. 16 in questione prevede che il mancato rilascio del parere (sia obbligatorio che facoltativo) nel termine previsto ovvero la mancata rappresentazione di esigenze istruttorie da parte dell’organo consultivo (che legittima l’interruzione del termine) comportano che la P.A. proceda indipendentemente dall’espressione del parere.
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